Vorace, ma forse non troppo, il buco nero supermassiccio Sgr A* al centro della nostra Galassia

La scoperta di un giovanissimo sistema stellare binario attorno al buco nero Sgr A* rivela come, nonostante la voracità dei buchi neri supermassicci, sia possibile nelle loro vicinanze la nascita e sopravvivenza di stelle.

Galassia
Regione della nostra Galassia in cui si trova il buco nero supermassiccio Sagittarius A*. Credit: ESO/S. Guisard (www.eso.org/~sguisard)

“Vorace” o “famelico” sono due degli aggettivi usati spesso per descrivere una proprietà dei buchi neri supermassicci, e precisamente per descrivere l’enorme quantità di materiale (stelle, pianeti, gas, polvere) che questi divorano grazie alla loro estrema attrazione gravitazionale.

Tuttavia, recentissime osservazioni, le cui analisi sono state appena pubblicate sulla rivista internazionale Nature Communications, sembrano dire che questi buchi neri supermassicci sono voraci, sì ma neanche troppo!

Infatti, nell’articolo citato il primo autore, Florian Peißker, ricercatore presso l’Università di Colonia, in Germania, afferma “I buchi neri non sono così distruttivi come pensavamo”. Vediamo cosa è stato scoperto di così interessante da modificare, o meglio, da aiutare a comprendere meglio l’ambiente che circonda i buchi neri.

Il buco nero Sagittarius A*

Al centro della nostra Galassia esiste un buco nero supermassiccio, chiamato Sagittarius A* (Sgr A*), così chiamato in quanto si trova in direzione della costellazione del Sagittario.

VLT
Da uno dei 4 telescopi VLT emerge un fascio laser in direzione del centro della Galassia. Il fascio lase fa parte del sistema di ottica adattiva che permette di compensare la degradazione delle immagini astronomiche prodotta dalla turbolenza atmosferica. Credit: G. Hüdepohl (atacamaphoto.com)/ESO

Inizialmente, nel 1933, si scoprì un’intensa emissione di radioonde proveniente da questo oggetto, ma solo molti anno dopo si capì che si trattava di un buco nero supermassiccio.

Il nome Sgr A* è stato coniato da Brown in un articolo del 1982 perché la sorgente radio era "eccitante" e gli stati eccitati degli atomi sono indicati con asterischi.

Sebbene conosciuto da decenni, si è dovuto aspettare il 2022 per avere la prima immagine di Sgr A*, ottenuta dall’Event Horizon Telescope (EHT) Collaboration, utilizzando le osservazioni di una rete mondiale di radiotelescopi.

Il buco nero è lo stadio finale dell’evoluzione di una stella massiccia. In seguito all’esplosione come supernova, il residuo è una stella di neutroni la cui gravità è così elevata da impedire anche alla luce di abbandonarne la superficie. Per questo motivo è un oggetto invisibile.

I buchi neri che rimangono invisibili alle osservazioni vengono chiamati “dormienti”.

Tuttavia, molti buchi neri supemassicci sono circondati da un disco luminosissimo di gas e polveri che gli spiraleggia attorno prima di precipitarne la materia sulla superficie (per questo chiamato disco di accrescimento).

Questa seconda tipologia di buchi neri è chiamata “attiva” ed è proprio l’estrema luminosità del disco che permette di scoprirli anche in galassie lontanissime.

Cosa succede attorno ad al buco nero Sgr A*

L’ambiente che circonda il buco nero Sgr A* è veramente unico, sottoposto a forze di attrazione gravitazionali elevatissime che lo rendono estremamente interessante. Gli astronomi, oltre ad essere interessati al buco nero stanno studiando anche l’ambiente che lo circonda.

Proprio nei dintorni di Sgr A* è stato scoperto un ammasso stellare chiamato “S” al cui interno esistono oggetti di natura ancora misteriosa. Tra questi quelli più curiosi sono chiamati oggetti “G”. Questi si comportano come se fossero stelle, ma sembra siano piuttosto nuvole di gas e polvere.

D9
Nell'immagine ottenuta al Very Large Telescope dell'ESO è mostrata la posizione del buco nero Sgr A* e della stella binaria D9 che gli orbita attorno. Credit: ESO/F. Peißker et al.

Si ritiene che si tratti di sistemi di stelle binarie, cioè di coppie di stelle che orbitano l’una attorno all’altra, ma che a motivo dell’estrema gravità prodotta da buco nero si siano fuse in un unico oggetto.

Grazie al telescopio VLT (Very Large Telescope) dell’ESO utilizzato in modalità interferometrica (cioè combinando la luce proveniente da tutti e 4 i telescopi VLT), il team di astronomi ha scoperto che all’interno dell’ammasso S esiste un oggetto, chiamato “D9”, che è un giovanissimo sistema binario.

Il fatto che questa stella binaria sia circondata da polveri e gas suggerisce che sia molto giovane e che si sia formata proprio in vicinanza del buco nero.

Si pensi che D9 abbia un’età di circa 2.7 milioni di anni e si prevede che tra meno di un milione di anni le due stelle si fonderanno in unica stella.

Sgr a*
Immagine del disco di accrescimento attorno al buco nero Sgr A* al centro della nostra Galassia. Credit: EHT Collaboration

La scoperta di D9 è notevole sotto due aspetti. Permette di comprendere la natura dei misteriosi oggetti G, che a questo punto dovrebbero probabilmente essere il risultato della fusione di stelle binarie come D9, ma soprattutto mostra come in un ambiente estremo quale quello attorno ad un buco nero supermassiccio sia possibile la nascita di stelle.

La nuova generazione di telescopi, come l’Extremely Large Telescope (ELT) e di nuovi strumenti come Gravity+ per il VLT permetteranno di studiare in maggiore dettaglio l’ammasso “S” ed i suoi misteriosi oggetti “G”.

L'idea distruttiva che ci si era fatti dell'ambiente assolutamente ostile attorno ai buchi neri super massicci andrà in qualche modo rivista. Se è possibile la formazione di stelle, in linea di principio non dovrebbe escludersi neanche la possibilità che vi si formino pianeti.