Una ricerca italiana potrebbe svelare il mistero dell'evento di Tunguska, una delle più grandi esplosioni della storia
Una violentissima esplosione da 15 megatoni, prodotta probabilmente da un meteorite di circa 50-80 metri di diametro. Decine di milioni di alberi furono improvvisamente rasi al suolo dalla terrificante onda d'urto, su un'area di oltre duemila chilometri quadrati.
Ci sarebbe una svolta nel mistero del cosiddetto “evento di Tunguska», quando il 30 giugno 1908, lungo le rive del fiume Tunguska, nella Siberia centrale, si verificò quella che viene considerata la collisione del millennio appena passato.
Una violentissima esplosione da 15 megatoni, prodotta probabilmente da un meteorite di circa 50-80 metri di diametro. Decine di milioni di alberi furono improvvisamente rasi al suolo dalla terrificante onda d'urto, su un'area di oltre duemila chilometri quadrati.
Cosa sappiamo oggi?
Grazie a registrazioni sismiche e barometriche dell'epoca (il rumore dell'esplosione si udì fino a mille chilometri di distanza), si conosce con buona approssimazione persino l'ora dell'evento, le 07:14:28 locali.
Quello che ancora non si sa è cosa lo abbia causato, visto che a oggi non è stato trovato nessun frammento di questo oggetto celeste. Un oggetto con lo stesso diametro in Arizona, negli Stati Uniti, circa 50mila anni fa, produsse il celebre Meteor Crater e le meteoriti associate sono numerose, mentre a Tunguska di crateri non vi è alcuna traccia.
Così il mistero di Tunguska ha acceso per oltre un secolo l'interesse della scienza e la fantasia, generando le teorie più bizzarre, fra alieni e presunti attacchi da altri pianeti. Ma scartate queste soluzioni, appare assai probabile che a schiantarsi sulla taiga fosse stato un corpo celeste.
Potrebbe essere stata una piccola cometa (teoria abbastanza consistente e giustificata dai bagliori e dall'intensità luminosa registrata per molti giorni dopo l'evento), dunque un corpo prevalentemente formato da ghiaccio.
Oppure un asteroide, non di metallo, come l'asteroide che colpì appunto l’Arizona, bensì di roccia, più frantumabile. Uno studio condotto da tre astronomi dell'Istituto Nazionale di Astrofisica, appena pubblicato su Icarus, proverà a cercare l’eventuale meteorite, che ancora non si è riuscito a trovare.
Le preziose testimonianze dopo l’impatto
Gli studiosi italiani fanno riferimento alle testimonianze dell’epoca, secondo cui dopo la violenta esplosione sono comparse delle pietre nella foresta. Purtroppo, la prima spedizione di Leonid Kulik è stata fatta solo 19 anni dopo, e gli eventuali frammenti macroscopici hanno avuto tutto il tempo per essere inghiottiti dal fango della taiga.
Dati preziosi come l'azimut della direzione di provenienza, il possibile angolo d'ingresso e l'epicentro dell'esplosione. Poi li hanno inseriti, con tutte le loro incertezze, in un modello messo a punto avvalendosi di un altro impatto, quello del secolo.
L’evento di Chelyabinsk del 2013, la meteora che sorvolò gli Urali e colpì la Russia, per il quale è stato rinvenuto un frammento monolitico con una massa di ben 570 kg.
I risultati dello studio
Dai calcoli risulta che il possibile strewn field di Tunguska si colloca a circa 11 km a nord-ovest dall'epicentro dell'esplosione e ha un'estensione di circa 140 km quadrati. Se ci sono le meteoriti macroscopiche devono essere sottoterra, perché quando sono arrivate al suolo avevano ancora abbastanza energia cinetica per penetrare il fangoso suolo siberiano.
In definitiva il caso Tunguska non è chiuso e potrebbero esserci dei frammenti del che aspettano di essere ritrovati. Le informazioni che si potrebbero ottenere chiarirebbero la natura del corpo oltre ogni ragionevole dubbio. Sarebbe la soluzione di un mistero che dura da più di un secolo e che è tempo di risolvere.