Si sa che esiste ma non riusciamo a vederla: ora un nuovo studio getta luce sull'esistenza della "materia oscura"
Si sa che esiste, ma non la si vede e per questo viene chiamata “materia oscura”. Tuttavia, è cinque volte più abbondante della materia visibile. Un recente studio getta luce in più sulla sua esistenza.
Sembra proprio che ciò che riusciamo a vedere dell’Universo sia solo la fetta più piccola. Si stima che di visibile vi sia solo il 15% di ciò di cui l’Universo è costituito. Il rimanente 85% rimane invisibile, costituito da misteriosa “materia oscura”.
Recentemente sono stati fatti progressi nella comprensione della materia oscura. In particolare, sembra che si sia riusciti ad individuare gli effetti sulla materia visibile proprio all’interno della nostra Galassia.
Per contestualizzare i risultati di questa ricerca, giova un breve ripasso sulla struttura della nostra Galassia.
La struttura della nostra Galassia
La nostra Galassia viene classificata come una tipica galassia a spirale barrata. Si tratta di una struttura a prevalente forma di disco con un nucleo centrale (cioè la regione più densamente affollata di stelle) che si allunga a forma di barra.
Dalle due estremità della barra centrale si dipartono due bracci di spirale maggiori (il braccio di Perseo ed il braccio dello Scudo-Centauro) e due bracci di spirale minori (il braccio di Norma ed il braccio del Sagittario).
Questo disco su cui giacciono nucleo e spirali è immerso all’interno di una struttura di forma sferica chiamata alone galattico caratterizzato da una densità molto più bassa di stelle. Distribuiti all’interno dell’alone vi sono anche ammassi di stelle, chiamati ammassi globulari per la loro forma sferica, e “stellar streams” che in italiano traduciamo come “correnti stellari”.
Mentre le stelle del disco sono relativamente giovani, le stelle dell’alone sono invece le più vecchie della Galassia.
Si ritiene che quanto sopra descritto (nucleo, barra, spirali, ammassi globulari, alone, ...) rappresenti appena il 15% dell’effettiva massa della nostra Galassia. Il rimanente 85% sarebbe invece costituito di materia oscura (la “Dark Matter”), così chiamata poiché la sua vera natura è ancora non ben compresa.
Come dicevamo, la materia oscura è così chiamata poiché non è direttamente visibile e poiché misteriosa è la sua natura. Tuttavia, anche se non visibile, essa produce effetti visibili.
A caccia di materia oscura
È un po’ come i buchi neri. Questi per definizione non sono visibili in quanto la loro elevata forza di gravità impedisce alla luce di uscire dalla superficie e di renderli visibili.
Tuttavia, l’elevata gravità dei buchi neri produce effetti osservabili sui corpi che si trovano entro il loro raggio d’azione. Buchi neri “dormienti” sono stati scoperti grazie all’osservazione del moto di stelle che gli orbitano attorno, mentre buchi neri “attivi” sono stati scoperti grazie alla luminosità del disco di accrescimento da questi formato.
In maniera analoga, poiché non si riesce ad osservare direttamente la materia oscura, se ne cercano gli effetti gravitazionali da questa prodotti sulla materia visibile.
Un team di ricercatori dell’Università della California sembra sia riuscito ad identificare gli effetti della materia oscura prodotti su uno stellar stream (una corrente stellare) della nostra Galassia,
Lo stellar stream GD-1 e la materia oscura
In un recentissimo articolo pubblicato sulla rivista The Astrophysical Journal Letters, il primo autore, Hai-Bo Yu, sostiene che la famosa “corrente stellare” GD-1 che si trova nell’alone della nostra Galassia abbia un’insolita forma per colpa della materia oscura.
Mentre gli stellar stream generalmente presentano una distribuzione omogenea di stelle al loro interno, GD-1 è caratterizzata da numerose disomogeneità, precisamente regioni in cui la densità è più bassa e altre regioni in cui essa è più alta della media.
L’interpretazione di Hai-Bo e dei suoi collaboratori è che nella nostra Galassia esistano sotto-aloni di materia oscura, cioè sub-aloni satelliti di materia oscura, e che, in prossimità dello stellar stream GD-1, uno di questi sub-aloni sia collassato su se stesso, raggiungendo valori di densità tali da riuscire a perturbare gravitazionalmente la struttura (inizialmente omogenea) di GD-1.
Citando le parole di Yu "Questo lavoro apre una nuova strada promettente per studiare le proprietà di autointerazione della materia oscura attraverso flussi stellari. Segna un entusiasmante passo avanti nella nostra comprensione della materia oscura e delle dinamiche della Via Lattea”.