Un recente studio su Nature rivela che le onde dell’oceano possono superare i limiti d'altezza finora conosciuti
Una nuova ricerca rivela che le onde oceaniche possono raggiungere altezze e comportamenti più estremi e complessi di quanto precedentemente ipotizzato. Questo studio è stato pubblicato da Nature e ha coinvolto un team multidisciplinare e diverse università.
Un team di scienziati ha scoperto che le onde dell’oceano possono raggiungere altezze e comportamenti molto più estremi di quanto si immaginasse in precedenza. La ricerca, pubblicata sulla rivista Nature, rivela che, in condizioni specifiche in cui le onde provengono da direzioni diverse, possono raggiungere altezze fino a quattro volte superiori a quanto riportato nella letteratura scientifica.
Finora si pensava spesso che le onde fossero essenzialmente bidimensionali. Questa ipotesi ha influenzato il modo in cui i ricercatori hanno compreso il fenomeno delle onde che si infrangono. Tuttavia, un nuovo studio mostra che le onde tridimensionali, cioè che si muovono in più direzioni, possono diventare due volte più ripide prima di rompersi, rispetto alle onde bidimensionali convenzionali.
Ancora più sorprendente è che queste onde possono continuare ad aumentare di pendenza anche dopo essersi infrante. Queste prove potrebbero avere profonde implicazioni per la progettazione di strutture offshore, previsioni meteorologiche e modelli climatici, sfidando anche la comprensione dei diversi processi oceanici.
Il Dott. Samuel Draycott, uno degli autori dello studio e professore di Ingegneria Oceanica all'Università di Manchester, spiega: “Abbiamo dimostrato che, in queste condizioni direzionali, le onde possono superare di molto il limite superiore comunemente assunto prima di infrangersi. A differenza delle onde unidirezionali (2D), le onde multidimensionali possono diventare due volte più grandi prima di rompersi”.
Onde multidimensionali: più complesse e pericolose
Le onde tridimensionali si verificano quando diversi sistemi di onde si propagano in direzioni diverse, dando luogo a incontri di onde con angoli variabili. Un esempio estremo è il fenomeno dell’“incrocio delle onde”, che si verifica quando due sistemi di onde si incontrano o quando i venti cambiano improvvisamente direzione, come durante un uragano. Più le direzioni delle onde sono disperse, maggiore è il rischio che si formino onde di grandi dimensioni.
Il professor Ton van den Bremer dell’Università di Delft descrive il fenomeno come senza precedenti. “Una volta che un’onda convenzionale si rompe, si forma la caratteristica cresta bianca e non c’è ritorno. Ma nel caso di onde con grande dispersione direzionale, possono continuare a crescere anche dopo essersi infrante”.
Questa complessità suggerisce che il comportamento delle onde negli oceani è tutt’altro che semplice. Secondo il professor Frederic Dias, dell’University College di Dublino e dell’ENS Paris-Saclay: “Che ci piaccia o no, le onde nel mondo reale sono spesso tridimensionali e ci sono molti più modi in cui un’onda può infrangersi nello spazio 3D piuttosto che in un sistema bidimensionale”.
Implicazioni per le strutture offshore e la modellazione climatica
Attualmente, la progettazione e i parametri di sicurezza delle strutture marine come le turbine eoliche e le piattaforme petrolifere si basano su modelli d’onda bidimensionali. Tuttavia, i risultati di questo studio suggeriscono che le onde tridimensionali potrebbero essere sottovalutate nei calcoli ingegneristici, il che può portare a guasti imprevisti o progetti meno sicuri.
Il Dott. Mark McAllister, dell’Università di Oxford, rafforza questa idea: “la tridimensionalità delle onde viene spesso trascurata nella progettazione delle turbine eoliche offshore e di altre strutture marine in generale. I nostri risultati suggeriscono che ciò potrebbe comportare una sottostima delle altezze delle onde estreme e progetti potenzialmente meno affidabili”.
Oltre alle conseguenze ingegneristiche, queste nuove prove potrebbero anche influenzare la nostra comprensione dei processi oceanici più ampi. Il Dott. Draycott osserva che le onde che si infrangono svolgono un ruolo chiave nello scambio di gas tra l'aria e il mare, come ad esempio nell'assorbimento dell'anidride carbonica (CO2). Inoltre, il modo in cui le onde si infrangono influenza anche il trasporto di particelle negli oceani, come fitoplancton e microplastiche.
Progressi nelle tecniche di misurazione
Lo studio è il risultato di una collaborazione tra esperti di diverse rinomate istituzioni, tra cui l'Università di Manchester, l'Università di Oxford, l'Università di Edimburgo, l'University College di Dublino, l'ENS Paris-Saclay e l'Università di Delft. Per giungere a queste conclusioni, il team ha sviluppato una nuova tecnica di misurazione tridimensionale per studiare il comportamento delle onde che si infrangono.
Il Dott. Thomas Davey, responsabile di FloWave, con sede presso un centro di ricerca dell'Università di Edimburgo, ha spiegato l'importanza di ricreare gli stati del mare in laboratorio. FloWave è un'installazione unica che simula onde e correnti in più direzioni in una vasca circolare, consentendo la generazione di condizioni oceaniche reali in un ambiente controllato. Questo ambiente ci ha permesso di isolare i fattori che influenzano il comportamento delle onde tridimensionali e di misurare con precisione l'altezza delle onde ad alta risoluzione spaziale.
Riferimenti allo studio:
McAllister, M.L., Draycott, S., Calvert, R.,Davey, T., Dias, F., & van der Bremer, T.S. (2024).Three-dimensional wave breaking. Nature, 633, 601–607. https://doi.org/10.1038/s41586-024-07886-z