La scoperta degli esopianeti con il metodo del direct imaging
Il direct imaging è una delle tecniche utilizzate nella ricerca degli esopianeti. Consiste nel fotografare una stella e vedere se attorno le si trova un pianeta. Tuttavia, anche se concettualmente semplice, richiede l’utilizzo di un coronografo ed uno speciale software di analisi.
Tra i diversi metodi per la ricerca di pianeti extrasolari, il metodo del direct imaging è il più semplice da un punto di vista concettuale, ma non altrettanto semplice da un punto di vista pratico. Ad oggi, la tecnica del direct imaging ha permesso di scoprire l’1.2% di tutti gli esopianeti confermati (cioè 69 esopianeti).
In cosa consiste questo metodo
Si tratta letteralmente di scattare una fotografia digitale ad altissima risoluzione spaziale di una stella e vedere se attorno a questa esistono pianeti.
Tuttavia, se concettualmente semplice, il problema pratico nasce dal fatto che il pianeta, la cui luminosità è milioni di volte inferiore a quella della stella, viene completamente nascosto dal bagliore prodotto dalla stella.
Per capire meglio la problematica del direct imaging si pensi a ciò che succede durante le eclissi totali di Sole. Le regioni attorno al disco solare sono permeate da numerose strutture (si tratta di strutture di plasma magnetizzato) che costituiscono la corona solare. Queste strutture rimangono invisibili essendo la loro luminosità molto più bassa rispetto al bagliore prodotto dal disco solare (si veda la foto a sinistra nella figura di sopra).
Nel momento in cui la luce del disco viene bloccata dal passaggio del disco lunare (quindi in occasione delle eclissi totali di Sole), le strutture presenti nelle vicinanze, anche se molto deboli, diventano visibili (esattamente come raffigurato nella foto a destra nell'immagine di sopra).
Tuttavia, il bagliore prodotto dal disco solare, o da un disco stellare, è così elevato che il disco deve essere perfettamente oscurato.
La tecnica coronografica
Questa circostanza delle eclissi totali ha suggerito lo sviluppo di una tecnica per bloccare la luce emessa dalle stelle in modo da poter esplorare le regioni circostanti e cercare pianeti se presenti.
Lo strumento che permette di oscurare il disco della stella si chiama coronografo. Grazie al coronografo, che si trova montato sul telescopio, si blocca la luce proveniente dal disco stellare, prima che questa arrivi al rivelatore che ne produce l’immagine.
In questa immagine, priva del bagliore stellare, è possibile vedere anche gli oggetti più deboli, quali i pianeti o i dischi circumstellari, presenti attorno alla stella.
Esiste un’altra possibilità, più teorica che pratica di bloccare la luce proveniente dal disco stellare: lo 'starshade', cioè un dispositivo posto davanti al telescopio alla giusta distanza da produrre una vera eclissi artificiale della stella, in modo che al telescopio arrivi solo la luce eventualmente emessa da oggetti che si trovino attorno alla stella.
Come dicevamo, con il direct imaging, grazie al coronografo, è possibile esplorare le regioni attorno alla stella e scoprire eventuali esopianeti o dischi circumstellari in cui è in corso la formazione di pianeti.
Una sola immagine non basta
Il pianeta, una volta scoperto con l'imaging, viene classificato come "candidato". Infatti, piuttosto che un pianeta potrebbe essere una stella di sfondo, cioè angolarmente vicina alla stella ma anni o migliaia di anno luce lontana dalla stella.
Per confermare che si tratti di un pianeta, bisogna ottenere altre immagini a distanza di tempo in modo da verificare che il pianeta stia orbitando attorno alla stella. Ciò è mostrato nella figura di sopra, nel caso del pianeta beta Pic b, che ad epoche diverse è stato osservato muoversi attorno alla sua stella.