La nebulosa planetaria "Piccolo Manubrio" nell'immagine del telescopio spaziale Hubble
In occasione del 34esimo anniversario dal suo lancio, lo staff del telescopio spaziale Hubble ha puntato un oggetto astronomico di particolare bellezza, la nebulosa "Piccolo Manubrio", una nebulosa planetaria.
Le nebulose planetarie sono oggetti astronomici noti da secoli, sin da quando l’astronomia iniziò ad avvalersi dell’uso di cannocchiali.
La prima nebulosa planetaria riportata in letteratura è quella scoperta dall’astronomo Messier e classificata nel suo catalogo come M27 (cioè la 27esima in ordine di catalogazione, non di scoperta).
Tuttavia, il bassissimo potere risolutivo dei primi cannocchiali e telescopi, non permise di capirne la vera natura. Guidati dall’esperienza, e cioè dall’osservazione che i pianeti del nostro sistema solare mostravano nelle osservazioni telescopiche un disco di dimensioni finite (seppur piccole), a differenza delle stelle che apparivano puntiformi, gli astronomi del tempo vedendo le dimensioni finite di questi oggetti pensarono avessero una natura planetaria e le classificarono come nebulose planetarie. Ma questi oggetti nulla hanno a che spartire con i pianeti.
La nebulosa planetaria M27, la prima ad essere stata scoperta (catalogata anche come NGC 6853) è chiamata nebulosa Manubrio (Dunbbell in inglese), a motivo della sua forma che in qualche modo richiama la sagoma di un manubrio. Si trova in direzione della costellazione della Vulpecula (Volpetta) ad una distanza dalla Terra di circa 1300 anni luce.
Le sue dimensioni, grazie alla relativa vicinanza, ne fanno uno degli oggetti astronomici più ricercati dagli astrofili, ma non solo.
Cosa sono in realtà le nebulose planetarie
Come anticipato, le nebulose planetarie hanno natura completamente diversa dai pianeti. Si tratta di strutture nebulose (quindi gas e polveri) formatesi in seguito all'espulsione di gas e polveri da stelle giganti rosse alla fine del loro ciclo vitale.
Le nebulose planetarie si originano da stelle di massa inferiore alle 8 masse solari che, concludono la loro vita con l’espulsione degli strati esterni mentre il loro nucleo si compatta formando un oggetto estremamente denso e caldo chiamato nana bianca.
Quindi, le nebulose planetarie sono gusci di gas e polveri che espulsi dalla gigante rossa assumono generalmente forme con simmetria quasi sferica o a lobi.
A partire dall’evento di esplosione che dà vita alla nebulosa, questa progressivamente si espande diventando sempre più grande e conseguentemente sempre più rarefatta.
La stellina centrale che si viene a formare, la nana bianca, avendo esaurito il combustibile nucleare, è destinata a raffreddarsi, in tempi relativamente lunghi.
La nebulosa del Piccolo Manubrio
In occasione del 34esimo anniversario dal lancio, il telescopio spaziale Hubble della NASA ha fotografare la nebulosa del Piccolo Manubrio (immagine di copertina), classificata nel catalogo di Messier come M76. Essa si trova in direzione della costellazione di Perseo a circa 3400 anni luce di distanza dalla Terra.
Questa nebulosa è formata da un anello di polveri e gas (questo è visto di taglio, cioè il suo buco è parallelo alla linea di visuale) e da due lobi di gas che si dipartono dall’anello in direzioni opposte (uno verso destra e uno verso sinistra).
Il disco o anello centrale è stato probabilmente plasmato dalla presenza di una stella compagna, la quale non essendo mai stata osservata è stata inglobata dalla nana bianca.
Si stima che la nana bianca abbia una temperatura superficiale di circa 250,000 gradi.
I due lobi di gas promanano dai poli della nana bianca espandendosi a velocità di oltre 3 milioni di km/h e brillano grazia alla radiazione ultravioletta emessa dalla nana bianca centrale.
Le nebulose planetarie svolgono un ruolo fondamentale nell’evoluzione chimica del mezzo interstellare. Infatti, durante il processo di formazione, gli elementi pesanti processati nel nucleo della stella vengono espulsi rendendone il mezzo interstellare più ricco (elementi più pesanti dell'elio), che successivamente arricchirà le nubi molecolari per la formazione della successiva generazione di stelle.