Quali sono i Paesi più sicuri in caso di una guerra nucleare? Ecco i primi due della lista

In molti si domandano dove si potrebbe fuggire in caso di conflitto nucleare, e se ci siano delle nazioni o dei luoghi della nostra Terra che potranno rimanere immuni di fronte a un simile evento nefasto.

guerra nucleare
Secondo una ricerca pubblicata sulla rivista “Risk analysis” non c’è dubbio: si tratta dell’Australia, insieme alla Nuova Zelanda. Con le due nazioni australi anche le isole Salomone e Vanuatu oltre all’Islanda.

Negli ultimi anni l’argomento della guerra nucleare e di un possibile pericolo atomico ha raggiunto livelli di discussione senza precedenti, specie all’indomani dello scoppio della guerra fra Russia e Ucraina. Questo conflitto, ancora aperto, sommandosi a tutti gli altri conflitti in atto sul nostro pianeta, sta scatenando le preoccupazioni di gran parte della popolazione globale.

In molti si domandano dove si potrebbe fuggire in caso di conflitto nucleare, e se ci siano delle nazioni o dei luoghi della nostra Terra che potranno rimanere immuni di fronte a un simile evento nefasto. In realtà di fronte a un conflitto nucleare diventa veramente difficile indicare dei luoghi che possiamo ritenere davvero sicuri.

I luoghi ritenuti sicuri in caso di guerra nucleare

Secondo una ricerca pubblicata sulla rivista “Risk analysis” non c’è dubbio: si tratta dell’Australia, insieme alla Nuova Zelanda. Con le due nazioni australi anche le isole Salomone e Vanuatu oltre all’Islanda.

Sono infatti queste le nazioni che, per lo studio firmato da Matt Boyd e Nick Wilson, sarebbero maggiormente in grado di produrre cibo per le proprie popolazioni dopo una dopo una "catastrofe improvvisa che riduca la luce solare", come appunto una guerra nucleare, l’eruzione di un supervulcano o una devastante pioggia di asteroidi.

In caso di uno di questi eventi apocalittici, con ogni probabilità sopravvivrebbero gruppi di persone in tutto il pianeta, anche nello scenario più grave, scrivono i ricercatori.

Ma le sacche di sopravvissuti nelle nazioni più resilienti, quelle che hanno cioè le migliori possibilità di evitare un assoluto collasso pre-industriale, costituirebbero il vero nucleo di ripartenza a seguito di uno scenario del genere.

I paesi più attrezzati in caso di emergenza nucleare

Lo studio è stato condotto attraverso un confronto fra i 38 Paesi insulari in base a 13 fattori che secondo loro potrebbero influenzare il successo in caso di sopravvivenza post-apocalittica, tra cui la produzione alimentare, l'autosufficienza energetica, la capacità industriale e l'effetto che un certo, specifico disastro avrebbe sul clima.

bomba nucleare
In caso di uno di questi eventi apocalittici, con ogni probabilità sopravvivrebbero gruppi di persone in tutto il pianeta, anche nello scenario più grave, scrivono i ricercatori. Ma le sacche di sopravvissuti nelle nazioni più resilienti costituirebbero il vero nucleo di partenza per il genere umano.

Australia e Nuova Zelanda, entrambi grandi produttori agricoli, si piazzano dunque senza problemi in cima alla classifica, con l'Australia che ha ottenuto i migliori risultati complessivi. Queste sarebbero le migliori nazioni al mondo, in caso di conflitto nucleare su larga scala.

L'Australia

La capacità di produzione alimentare dell'Australia è gigantesca e avrebbe il potenziale per sfamare molte decine di milioni di persone in più rispetto ai residenti effettivi.

Le relativamente buone infrastrutture del paese, l'ampio surplus energetico, l'elevata sicurezza sanitaria e il budget per la difesa fanno il resto, trasformando il paese in "fortino" post inverno dell’umanità.

Esiste però un elemento contro l’Australia: i suoi legami militari relativamente stretti con il Regno Unito e gli Stati Uniti rendono più probabile che possa diventare a sua volta uno degli obiettivi di una guerra nucleare.

La Nuova Zelanda

In questo specifico ambito la Nuova Zelanda mostrava al contrario dei vicini australiani alcuni vantaggi, visto ad esempio il suo status di paese storicamente denuclearizzato.

Anche la sua resilienza climatica in caso di un brusco calo della temperatura globale provocato da un periodo di oscurità aiuterebbe. Solo con le attuali esportazioni di cibo la Nuova Zelanda potrebbe sfamare tutti i suoi cittadini. E anche nello scenario peggiore, che consiste in una riduzione del 61% dei raccolti durante un inverno nucleare prolungato, i neozelandesi avrebbero comunque abbastanza da mangiare.

Ma anche in Nuova Zelanda si potrebbero verificare degli effetti collaterali. Ad esempio, una chiusura del commercio globale potrebbe portare il sistema a un graduale collasso sociale. Alcuni fronti, dalla raffinazione di petrolio alla dipendenza delle importazioni per l’energia, per i fertilizzanti e per i macchinari metterebbero comunque in crisi il settore agricolo.

Gli altri Paesi in lista

Altre nazioni insulari sarebbero in grado di produrre cibo a sufficienza in una crisi di questa portata, hanno scritto gli autori, ma il probabile collasso dell'industria e della coesione sociale li mette comunque a rischio di tenuta.

Cina, Russia e Stati Uniti potrebbero vedere la produzione alimentare diminuire fino al 97% con i modelli simulati di invernali nucleari e sarebbero costretti a fare affidamento su nuove tecnologie di produzione alimentare. Ad oggi ancora allo stadio embrionale o sperimentale.