Perché gli animali e le piante vanno in letargo? La scienza conclude che, dopo tutto, si tratta di un atto di generosità
Fino ad ora si pensava che alcune specie entrassero in letargo indotto in estate o in inverno per la propria conservazione. Un nuovo studio, tuttavia, rivela un’altra funzione molto più importante quando le condizioni ambientali diventano troppo rigide.
Nessuno sta a guardare quando la vita diventa troppo complicata. Gli esseri umani, gli animali e le piante si adattano alle nuove condizioni oppure fanno le valigie e cercano un nuovo posto dove poter essere di nuovo felici. Alcune specie, nel regno animale e vegetale, tuttavia, hanno un’altra opzione. Entrano in uno stato di dormienza per un’intera stagione – o per diversi anni – finché le condizioni non migliorano. Molti organismi sospendono le loro attività per garantire la propria sopravvivenza.
È il caso delle specie che vanno in letargo al freddo, come l'orso bruno, lo scoiattolo di terra, il pipistrello o la marmotta alpina. O anche animali che fanno l'estivazione in estate o durante i periodi di siccità, come il coccodrillo d'acqua dolce, la lumaca, il riccio o la tartaruga del deserto. Alcuni semi rimangono in letargo anche durante i periodi molto freddi o molto caldi, aspettando condizioni più miti per germinare. Uno degli esempi più sorprendenti in natura sono i semi nel terreno del deserto cileno di Atacama, che fioriscono ogni cinque o sette anni quando una nebbia, conosciuta localmente come camanchaca, attraversa la regione.
Le fredde correnti oceaniche, provenienti dall'Antartide, si mescolano alle alte temperature del deserto. Poche goccioline d'acqua danno poi origine ad un'esplosione di fiori di campo, colorando il deserto nei toni del viola e del lilla.
La dormienza come strategia di sopravvivenza
Un nuovo studio, condotto da ricercatori dell’Università della California, negli Stati Uniti, ha scoperto che la propensione alla dormienza, tra animali e piante, non è solo una strategia di autoconservazione. La sua funzione è molto più importante, poiché aiuta a bilanciare la competizione tra le specie. Quando le condizioni ambientali sono estreme, la lotta per la sopravvivenza è più feroce. Alcuni poi decidono di uscire di scena, offrendo ai rivali l'opportunità di continuare a vivere senza dover competere con loro per le risorse della natura.
La ricerca si è concentrata principalmente su un particolare tipo di dormienza negli animali, noto come diapausa, in cui le specie non mangiano né si muovono molto. Durante questo periodo l'organismo riduce l'attività metabolica, riuscendo a resistere ai cambiamenti delle condizioni ambientali. Questo processo, in teoria, consente di evitare ambienti avversi.
Gli scienziati, tuttavia, hanno difficoltà a stabilire una relazione diretta tra la dormienza e la sopravvivenza di alcune specie. Lo studio ha cercato di stabilire questa connessione attraverso esperimenti con microrganismi presenti nel terreno. La specie Caenorhabditis elegans è stata appositamente chiamata per questa missione. Sono stati osservati meticolosamente quattro gruppi di questo tipo di vermi, ciascuno con le proprie caratteristiche.
Il primo gruppo è geneticamente più propenso ad entrare in dormienza; il secondo, meno probabile; il terzo completamente incapace; ed il quarto, infine, con media predisposizione alla dormienza. Sono stati tutti sottoposti alle stesse condizioni e costretti a competere per il cibo in ambienti diversi con una specie rivale, un altro verme chiamato C. briggsae.
Simulazioni computerizzate nella vita reale
I dati ricavati da questi esperimenti sono stati poi utilizzati per effettuare milioni di simulazioni al computer per determinare se, a lungo termine, una specie ne porterebbe un’altra all’estinzione, o se, al contrario, potrebbero coesistere in condizioni ambientali diverse. Ciò che i ricercatori hanno scoperto è che quando le specie sono più inclini alla dormienza, le loro rivali sono in grado di coesistere in una gamma più ampia di condizioni ambientali. È vero che le conclusioni dello studio sono supportate da modelli computazionali.
Ma data la difficoltà di verificare la teoria nella vita reale, il metodo ha prodotto risposte promettenti. I ricercatori sono convinti che l’approccio abbia un grande potenziale per essere utilizzato in esperimenti più approfonditi sul ruolo della dormienza nella sopravvivenza delle specie.
I risultati, secondo i ricercatori, mettono in luce anche una domanda che potrebbe rivelarsi piuttosto attuale per i tempi attuali: queste specie sono meglio preparate a resistere ai cambiamenti climatici? Gli organismi che possono sfuggire a eventi come ondate di caldo e siccità prolungate possono essere più resistenti agli effetti dei cambiamenti climatici.
Si tratta di una questione che non dovrebbe essere ignorata e, pertanto, sarà centrale nella prossima fase di questa indagine. Collegare le dinamiche osservate in laboratorio alla dormienza di piante, animali e microbi nel mondo reale sarà il prossimo capitolo. Aspettiamo i risultati.
Riferimenti allo studio:
Jones, T. N., Bundus, D. J., Shurin, B. J., et al. Dormancy promotes coexistence in fluctuating environments. Oikos journal, NSO (2024)