Perché l'autunno è la stagione dei fenomeni meteorologici violenti?
Con l’ingresso delle prime saccature atlantiche e lo sviluppo dei primi cicloni sul bacino del Mediterraneo l’autunno è da sempre la stagione dei fenomeni meteorologici violenti. Come accade spesso in questi mesi, soprattutto fra il mar Ligure, il Tirreno e i mari che circondano la Sardegna e la Sicilia, si possono verificare eventi alluvionali.
L'autunno è un periodo molto complesso dal punto di vista meteorologico e climatico. Le notti iniziano ad essere più lunghe, mentre le temperature iniziano a calare, soprattutto in montagna e sulle pianure e aree interne del centro-nord, causa l’intensificazione dell’irraggiamento notturno.
Anche se a volte la prima parte della stagione può vedere un prolungamento di condizioni tipicamente estive, fino a ottobre inoltrato, con ondate di calore tardive, a seguito di temporanee rimonte dell’anticiclone africano.
Perché è la stagione dei fenomeni estremi?
Con l’ingresso delle prime saccature atlantiche e lo sviluppo dei primi cicloni sul bacino del Mediterraneo l’autunno è da sempre la stagione dei fenomeni meteorologici violenti. Come accade spesso in questi mesi, soprattutto fra il mar Ligure, il Tirreno e i mari che circondano la Sardegna e la Sicilia, si possono verificare eventi alluvionali.
Spesso in questo periodo la formazione delle ciclogenesi secondarie sul mar Ligure o sul mar di Corsica sovente produce una intensa ventilazione dai quadranti meridionali nei bassi strati, con formazione di “linee di confluenza” venti in mare che generano intensi “forcing” convettivi.
Linee di confluenza venti e orografia
Le forti correnti ascensionali che si sviluppano dentro queste “linee di confluenza” venti, lungo il settore caldo pre-frontale, salendo alle alte quote vengono, a loro volta vengono spazzate dai fortissimi venti presenti nell’alta troposfera, collegati al passaggio di un ramo del “getto polare”.
Da qui si viene a creare una vasta area di “convezione inclinata” (slantwise convection), che favorisce la formazione di grossi e complessi sistemi temporaleschi, allineati in sequenza dentro il flusso meridionale.
Questi ultimi, raggiungendo le catene montuose, possono sostare per intere ore, se non addirittura giorni, sulle medesime aree, causando precipitazioni di carattere torrenziale.
Il rischio precipitazioni estreme
I cumulativi di 200-400 mm in 24 ore non sono così insoliti, con conseguenti eventi alluvionali e inondazioni. Inoltre le ciclogenesi secondarie mediterranee spesso sono accompagnate da intensi venti meridionali nei bassi strati, mentre in quota prevalgono intensi flussi dai quadranti sud-occidentali o occidentali che enfatizzano lo “shear” (variazioni sensibili del vento in direzione e intensità man mano che si sale di quota) del vento lungo l’intera colonna atmosferica, favorendo lo sviluppo di “supercelle” (soggetti convettivi dotati di una propria rotazione) e tornado.
Temperature della superficie del mare particolarmente elevate possono introdurre in atmosfera una maggiore quantità di aria umida. Ciò non vuol dire che tutta questa enorme quantità di “energia potenziale” accumulatasi negli ultimi mesi debba per forza dare origine a fenomeni meteorologici estremi, come violente manifestazioni temporalesche o eventi alluvionali.
Oggi non possiamo sapere come, nei prossimi mesi, tutto questo quantitativo di “energia potenziale” verrà smaltito, visto che lo strato di acqua riscaldato è solo quello più superficiale (parliamo di “riscaldamento pellicolare”) e non l’intera colonna che va dal fondo marino fino in superficie.
In questo caso anche un rinforzo della ventilazione superficiale, come capita spesso con l’ingresso del “mistral”, può produrre un significativo raffreddamento per il rimescolamento delle masse d’acqua indotto proprio dal fenomeno dell’”upwelling”.
Ma di certo con queste temperature in superficie, al primo transito di un sistema frontale atlantico, seguito da aria più fresca oceanica, tutta questa “energia potenziale”, rappresentata dalle acque calde del mare, potrebbe convertirsi in “energia cinetica”, attraverso lo scoppio di improvvisi e violenti moti convettivi, originando così forti temporali, fenomeni vorticosi, colpi di vento molto forti, nubifragi e piogge torrenziali.
Perché il mare caldo rinvigorisce le perturbazioni?
Parte di questo calore accumulato verrà poi gradualmente smaltito durante l’autunno e la stagione invernale, trasferendo cosi alle masse d’aria sovrastanti una maggior quantità di calore che oltre a far innalzare le temperature dell’aria nei bassi strati contribuirà ad apportare una maggior quantità di vapore acqueo nell’atmosfera.
Ciò favorisce un incremento dei “carichi precipitativi” nei periodi di instabilità atmosferica, al primo affondo perturbato verso il Mediterraneo (saccature in quota, Cut-Off, depressioni ben strutturate).
Un mare così caldo, inoltre, è in grado di alimentare e irrobustire i fronti perturbati di origine nord atlantica e nord-africana, fornendo una maggior quantità di calore latente che funge da carburante per lo scoppio dell’attività convettiva profonda (quella che interessa l’intera troposfera), favorendo così lo sviluppo di grossi MCS (mesoscale convective system) capaci di apportare severe fasi di maltempo, con forti piogge e nubifragi piuttosto intensi, in grado di causare anche eventi alluvionali lampo, spesso enfatizzati dall’azione orografica (vedi la Sardegna, la Liguria, l’alta Toscana, le coste campane, la Calabria, la Sicilia, ma anche l’area dell’alto Adriatico e la Puglia) e dal fenomeno dello “stau”.