Ma le stelle hanno veramente le punte? Scopriamo questo interessante fenomeno
Una stella, quando fotografata con un telescopio, mostra caratteristiche punte o raggi che si dispongono simmetricamente. Di fatto, si tratta di un inevitabile artificio introdotto dalla montatura del telescopio. Vediamo di cosa si tratta nel dettaglio.
Quando si tratta di disegnare una stella non si può fare a meno di farla con raggi o punte. Sono proprio queste caratteristiche che fanno capire che si tratta di una stella. Tuttavia, in realtà sappiamo bene che le stelle sono corpi sferici, magari con dischi, ma sicuramente senza punte.
Ma allora perché si osservano le punte?
La risposta va cercata nello schema ottico di un telescopio.
Lo schema ottico dei grandi telescopi
Lo scopo primario di un telescopio è quello di raccogliere quanta più luce di un oggetto celeste, una stella nel nostro caso, e farla convergere su un piano (detto piano focale) in cui si forma l’immagine della stella.
Esistono due principi ottici con cui si può far convergere la luce: la rifrazione da parte di una lente trasparente (si pensi ad esempio alla lente con le due facce convesse), o la riflessione da parte di uno specchio concavo.
A differenza della rifrazione utilizzata nei piccoli telescopi, il principio della riflessione viene utilizzato in modo esclusivo nei grandi telescopi. Volendo disporre di un grande collettore di luce, solo uno specchio permette di raggiungere grandi dimensioni (fino a 39 metri di diametro come nel caso dell’Extremely Large Telescope in fase di costruzione).
Per far convergere la luce della stella sul piano focale servono due specchi: lo specchio primario, cosiddetto perché è il più grande tra i due, ed uno specchio secondario più piccolo. La luce raccolta dallo specchio primario viene riflessa sul secondario e da questi indirizzata sul piani focale.
La complicazione dei telescopi riflettori
Lo specchio secondario, per assolvere al suo compito, deve essere posto di fronte al primario (i due specchi si guardano) e per sostenerlo si utilizzano dei montanti (come nello schema della figura di sopra).
Sono proprio i montanti i responsabili della formazione delle punte nelle immagini stellari.
Ciò che succede è che la luce della stella, prima di arrivare allo specchio primario, trova come ostacolo nel suo percorso lo specchio secondario e i suoi montanti. La presenza del secondario e dei montanti produce un effetto ottico chiamato diffrazione per cui una frazione della luce della stella, invece di convergere in un punto (l’immagine puntiforme della stella), viene distribuita simmetricamente nella figura di diffrazione.
Questa figura di diffrazione consiste in raggi o punte che si dipartono dalla stella con un numero di punte doppio al numero di montanti. Se lo specchio secondario, come nel caso del telescopio spaziale James Webb, è sostenuto con tre montanti, si vedranno sei punte principali (più alcune secondarie di cui diremo dopo).
Più brillante è la stella più brillante è la figura di diffrazione, cioè più brillanti sono i raggi che contornano la stella.
Le punte piccole
Come anticipato, oltre alle punte grandi prodotte dai montanti, sono visibili nelle immagini anche delle punte più piccole. Queste sono prodotte dalla diffrazione della luce stellare da parte dei segmenti di cui è costituito lo specchio primario del telescopio.
Ad esempio, nel caso del James Webb, lo specchio primario si compone di 18 segmenti esagonali del diametro ciascuno di 1.32 metri che assemblati insieme formato uno specchio del diametro di 6.5 metri.
I tre montanti sono stati vengono generalmente disposti in modo tale che tutte, tranne due, punte di diffrazione prodotte dai segmenti si sovrappongano a quelle prodotte dai montanti. Per cui le due piccole punte sono le uniche residue che non è possibile sovrapporre alle grandi.
Per l'astronomo la figura di diffrazione è un problema, ma per chi vuole godere della bellezza di un'immagine astronomica, come quella di Westerlund 1 riportata sopra, le punte sono sicuramente un valore aggiunto alla bellezza delle stelle.