Le ciclogenesi rapide: ecco come nascono le tempeste più violente che spazzano l'Europa

Questi cicloni, noti anche come ciclogenesi esplosive, sono i più violenti che possono svilupparsi sul nostro continente, tanto da originare le peggiori tempeste di vento, con picchi che possono superare i 160-170 km/h.

Le maggiori differenze tra lo sviluppo di un normale ciclone extratropicale e quello della ciclogenesi rapida riguardano la prima fase. In questo caso si intende la fase compresa tra il primo segno di un modello a V (dry slot) e lo sviluppo di una spirale di nubi.

Mentre una ciclogenesi classica attraverso lo sviluppo di onde è spesso lenta e il rigonfiamento delle onde si dissolve dopo qualche tempo o produce una spirale solo dopo alcuni giorni, lo sviluppo di una ciclogenesi rapida è più veloce. Generalmente il processo si evolve tipicamente in una spirale di nubi entro 12 ore. Una volta raggiunto lo stadio maturo, non c'è più alcuna differenza notevole tra i due processi.

Il rapido sviluppo della ciclogenesi rapida nella sua fase iniziale non può essere spiegato nell'ambito della teoria classica del fronte polare della scuola meteorologica norvegese. Di conseguenza, dobbiamo considerare altri processi e condizioni che portano a uno sviluppo rapido e intenso.

Ciclogenesi rapida
La velocità di sviluppo di una ciclogenesi rapida non può essere spiegata solo con la teoria del fronte polare, ma anche la “corrente a getto”, attraverso i suoi massimi di velocità, definiti “jet streak”, giocano un ruolo chiave. Gli sviluppi rapidi hanno luogo nella regione di uscita sinistra dei getti e delle strie di getto. Fonte immagine Wikipedia.

Dalle caratteristiche delle immagini del vapore acqueo e Airmass RGB è evidente che l'aria molto secca in discesa dalla stratosfera ha un impatto significativo sulla configurazione delle nubi.

Il modello di sviluppo delle ciclogenesi rapide

La nuvolosità della zona frontale principale è prodotta da una comune “warm conveyor belt” che individua la zona frontale con la classica nuvolosità a forma di foglia. Al contempo l'intrusione secca, appare dietro il bordo polare della banda nuvolosa frontale. Questo flusso contiene spesso aria stratosferica.

La warm conveyor belt e l'intrusione secca sono coinvolti anche nei tipi di ciclogenesi rapida. Ma ci sono anche differenze rispetto ai classici tipi di occlusione. La testa delle nubi di una ciclogenesi rapida si forma nei livelli medio-bassi della troposfera grazie a un flusso caldo umido in rapida ascesa da sud, che avvetta aria umida dalle latitudini subtropicali sotto il warm conveyor belt della zona frontale.

Schema iniziale di formazione di una ciclogenesi rapida
La warm conveyor belt e l'intrusione secca sono coinvolti anche nei tipi di ciclogenesi rapida. Ma ci sono anche differenze rispetto ai classici tipi di occlusione. La testa delle nubi di una ciclogenesi rapida si forma nei livelli medio-bassi della troposfera grazie a un flusso caldo umido in rapida ascesa da sud, che avvetta aria umida dalle latitudini subtropicali sotto il warm conveyor belt della zona frontale.

Dopo aver attraversato la zona del fronte freddo, il warm conveyor belt ascendente si divide in due rami che scorrono verso est e verso ovest.

Questo sdoppiamento del flusso porta alla formazione di un bordo convesso della nube sul lato polare della testa della nube. Anche un “cold conveyor belt” mostra talvolta questo effetto di divisione.

Poiché l'aria avvolta dall'intrusione secca proviene dall'alta troposfera e dalla bassa stratosfera, questo flusso è caratterizzato da alti valori di vorticità potenziale.

Una stratificazione potenzialmente instabile della troposfera si sviluppa nell'area in cui l'intrusione secca scorre sul warm conveyor belt. Questo è uno dei fattori che contribuiscono allo sviluppo di temporali convettivi nella stessa area, esaltati pure dal fortissimo “gradiente igrometrico verticale”.

L’importanza dei “jet streak” nelle ciclogenesi rapide

La velocità di sviluppo di una ciclogenesi rapida non può essere spiegata solo con la teoria del fronte polare, ma anche la “corrente a getto”, attraverso i suoi massimi di velocità, definiti jet streak”, giocano un ruolo chiave. Gli sviluppi rapidi hanno luogo nella regione di uscita sinistra dei getti e delle strie di getto.

Nel punto in cui la corrente a getto accelera consegue una rarefazione del volume d’aria che si ammassa in avanti, in direzione del moto della corrente medesima. In questa zona, definita divergente, l’aria tende a fuoriuscire verso l’esterno, favorendo un alleggerimento della colonna sottostante.

Spesso poco prima del passaggio dell’asse di saccatura le isopise tendono leggermente ad aprirsi a ventaglio, o meglio l’aria tende a diffluire verso l’esterno. In questo caso nel punto centrale del flusso la massa tende a rarefarsi. Anche in questo caso è presente una divergenza del “getto” a cui corrisponde al suolo una potenziale frontogenesi.

In accordo al principio di conservazione di massa tale svuotamento viene compensato dal richiamo di aria che risale convergendo nei bassi strati. Ecco quindi che al suolo la pressione inizia a calare. Nella bassa troposfera il moto rotatorio ciclonico tende a distorcere il campo delle isoterme. La deformazione del campo termico provoca un contrasto tra masse d’aria fisicamente differenti, per temperature, umidità.

Quando l’aria è umida ed instabile nei bassi strati, specialmente in estate, inizio dell’autunno o tarda primavera, il passaggio in quota di un “jet streak” può instabilizzare la massa d’aria, creando intensi moti convettivi, e quindi situazioni favorevoli allo sviluppo dei cumulonembi e dei temporali.

Se una massa d’aria viene risucchiata dall’alto è ulteriormente facilitata la formazione di imponenti “temporali a mesoscala”. Quindi in un’area di divergenza del “getto” corrisponde al suolo una zona di convergenza. La compensazione all’alleggerimento della colonna d’aria avviene dal basso, essendo la sovrastante stratosfera molto più stabile.

La regione d’uscita sinistra del getto

Le zone di divergenza si trovano all’interno dei quadranti anteriore sinistro e posteriore destro del ramo principale del “getto”. Nei rimanenti due quadranti avremo invece un riempimento d’aria (convergenza in quota) con moti discendenti.

La divergenza è una grandezza espressa come massa d’aria (dell’ordine della milionesima frazione di 1 kg) che fuoriesce orizzontalmente nel tempo di un secondo. L’individuazione in chiave previsionale delle aree di divergenza della “corrente a getto” possono aiutarci a prevedere lo sviluppo di forti temporali e di una depressione, sottovento al passaggio di una saccatura.

Nella regione di ingresso il processo frontogenetico si verifica soprattutto nella bassa troposfera, il che fa sì che il processo duri più a lungo, in genere più di 24 ore.

Nella regione di uscita l'area frontogenetica si sviluppa nella media troposfera, dove il massimo di vorticità positiva si collega alla regione di uscita sinistra. Queste circostanze favoriscono una ciclogenesi rapida, con tempi sotto le 12 ore.

Regione d'uscita e d'entrata dal flusso della corrente a getto
Nella regione di ingresso il processo frontogenetico si verifica soprattutto nella bassa troposfera, il che fa sì che il processo duri più a lungo, in genere più di 24 ore. Nella regione di uscita l'area frontogenetica si sviluppa nella media troposfera, dove il massimo di vorticità positiva si collega alla regione di uscita sinistra. Queste circostanze favoriscono una ciclogenesi rapida, con tempi sotto le 12 ore.

L'asse della corrente a getto è parallelo alla banda di nubi frontali, con l'aria stratosferica secca che si avvicina alla testa delle nubi, visibile dalla lunga striscia nera nelle immagini del vapore acqueo. La testa della nube emergente nella fase iniziale e di sviluppo della ciclogenesi rapida appare di solito nella regione di uscita sinistra di un jet streak. In questa regione il minimo si approfondisce, fino a diventare un profondissimo ciclone extratropicale, di tipo esplosivo, con una rapida perdita di pressione superiore a -24 hPa in 24 ore.

Inoltre quando l'aria stratosferica si spinge verso la bassa troposfera, si sviluppa un'anomalia di vorticità positiva nell’alta troposfera. La vorticità positiva diventa più ciclonica a causa dell'influenza dell'ambiente meno stabile della troposfera.

Quando un'anomalia positiva si porta su una zona con un forte gradiente di temperatura fra bassa e media troposfera, viene indotta una rotazione nei livelli inferiori della zona baroclinica, che provoca un'avvezione calda a questi livelli e intensifica il vortice ciclonico in quella zona. Ciò che si verifica è una reciproca intensificazione della rotazione ciclonica dai livelli alti a quelli bassi e da quelli bassi a quelli alti.

Modello ciclone “Shapiro-Keyser”

Questo modello concettuale spiega diversamente lo sviluppo di una ciclogenesi rapida. Il modello del ciclone “Shapiro-Keyser” è stato sviluppato alla fine degli anni 80, beneficiando dei dati resi disponibili dai satelliti meteorologici e dalle simulazioni del modello numerico. Questo modello concettuale prende il nome dagli autori dello studio che per primi lo presentarono (M. A. Shapiro e D. Keyser, 1990).

Gli autori hanno scoperto che, per alcuni tipi di ciclogenesi extratropicale, i dati meteorologici sembravano non confermare il classico modello di ciclone norvegese, in cui la fase di maturità del ciclone si basa sul processo di occlusione, derivante dalla fusione del fronte freddo con quello caldo di un comune ciclone extratropicale.

schema formazione ciclogenesi rapida
Quando un'anomalia positiva si porta su una zona con un forte gradiente di temperatura fra bassa e media troposfera, viene indotta una rotazione nei livelli inferiori della zona baroclinica, che provoca un'avvezione calda a questi livelli e intensifica il vortice ciclonico in quella zona. Ciò che si verifica è una reciproca intensificazione della rotazione ciclonica dai livelli alti a quelli bassi e da quelli bassi a quelli alti. Fonte Eumetrain.

Nei cicloni ciclone “Shapiro-Keyser” invece si osserva una di frattura tra il fronte freddo e quello caldo, quindi in sostanza non esiste un vero e proprio fronte occluso. Tale caratteristica fa in modo che all’interno del minimo depressionario si isoli un nucleo caldo, nei bassi strati, a seguito del processo di warm seclusion. In contrasto con il modello della scuola norvegese che mostra un nucleo freddo.

I cicloni che generano le peggiori tempeste in Europa

Questi cicloni, almeno quelli che si formano sull’Atlantico, inoltre sono anche dotati di “sting jet”. Ossia fortissime correnti discedenti di aria molto fredda e densa, note con il termine di “sting jet”, capaci di raggiungere i bassi strati causano violente raffiche di vento, della durata non superiore alle 3-4 ore, che spesso possono superare picchi di oltre 160-170 km/h.

Questo tipo vento, scendendo dalle alte quote della troposfera accelera per poi raggiungere il suolo dove può avere effetti devastanti. Il termine 'sting' in inglese vuol dire aculeo, come quello che hanno gli scorpioni. In effetti nel satellite nel campo del visibile si evidenzia tale particolarità della coda nella nuvolosità. Questo spiega perché le più violente tempeste di vento che spazzano l’Europa sono prodotte da cicloni di questo tipo.

Nel weekend l'Europa occidentale, in particolare le Isole Britanniche, sperimenteranno gli effetti di questi ciclogenesi esplosive, con venti davvero molto violenti e onde gigantesche, pronta a sferzare tutte le coste dell'Europa occidentale, dall'Irlanda al Portogallo.