La nebulosa “Testa di Cavallo” in Orione mai vista così in dettaglio come da JWST

Osservata da decenni con tutti i tipi di telescopi, la famosa nebulosa Testa di Cavallo in Orione oggi si mostra in dettagli assolutamente inediti grazie alla potenza del telescopio spaziale James Webb.

Nebulosa testa di cavallo
Immagine della criniera della nebulosa Testa di Cavallo in Orione osservata dal NIRCam a bordo del telescopio spaziale James Webb. Credit: NASA, ESA, CSA, Karl Misselt (University of Arizona), Alain Abergel (AIM Paris-Saclay)

E’ proprio il caso di dire che le dimensioni dei telescopi riescono a fare la differenza nel progresso dell’astronomia. Sebbene la nebulosa Testa di Cavallo sia stata osservata innumerevoli volte, con tutti i tipi di telescopi e strumenti sia da Terra che dallo spazio, mai prima si era riusciti a raggiungere il dettaglio delle osservazioni del telescopio spaziale James Webb.

Diamo qualche numero

Due dei principali strumenti a bordo di JWST (sono 4 in tutto) sono NIRCam (Near Infrared Camera) e MIRI (Mid-Infrared Instrument). Il primo strumento è una fotocamera che permette di scattare foto nel vicino infrarosso. Il secondo strumento funge sia da fotocamera nel medio infrarosso sia da spettrografo. Ciascuno strumento è dotato di numerosi filtri che permettono di selezionare diverse sotto-bande spettrali.

NIRCam è la fotocamera a raggi infrarossi che osserva nel vicino infrarosso - zona dello spettro elettromagnetico con lunghezze d’onda comprese tra 0.6 e 5 micron. MIRI invece osserva nel medio infrarosso - zona dello spettro elettromagnetico con lunghezze d’onda comprese tra circa 5 e 25 micron.

Questi due strumenti possono fotografare solo una piccolissima zona di cielo alla volta. Si pensi che il campo di vista di NIRCam è costituito da due aree quadrate, quasi adiacenti, ciascuna di dimensioni pari a 2.2 x 2.2 minuti d’arco (1/28 di grado ciascuna). Il campo di vista di MIRI è circa 1.2 x 1.9 minuti d'arco (circa 1/38 di grado).

Nebulosa testa di cavallo
Tre immagini della nebulosa Testa di Cavallo scattate da tre diversi telescopi: Euclid, Hubble e JWST. Il campo di vista via via diminuisce mentre aumenta la risoluzione. Credit: ESA/Euclid/Euclid Consortium/NASA, image processing by J.-C. Cuillandre (CEA Paris-Saclay), G. Anselmi, NASA, ESA, and the Hubble Heritage Team (AURA/STScI), ESA/Webb, CSA, K. Misselt (University of Arizona), M. Zamani (ESA/Webb)

Per comprendere meglio quanto piccoli siano i campi di vista di questi due strumenti, la camera NIRCam dovrebbe effettuare circa 80 foto per comporre un'immagine completa della Luna piena, mentre a MIRI ne servirebbero oltre 300.

La nebulosa Testa di Cavallo

Recentemente JWST ha osservato la nebulosa “Testa di Cavallo” (classificata come Barnard 33). Si tratta di una nebulosa scura, a circa 1300 anni luce dalla Terra, la cui forma ricorda appunto la testa di un cavallo. Questa nebulosa si trova in direzione della costellazione di Orione e fa parte di una nube molecolare gigante, chiamata “Il complesso della Nube molecolare di Orione”.

Nebulosa di Orione
Immagine della nebulosa di Orione. Credit: NASA, ESA, M. Robberto (Space Telescope Science Institute/ESA) and the Hubble Space Telescope Orion Treasury Project Team

Questa nube è una delle regioni di formazione di stelle più vicina alla Terra. La sua vicinanza ha permesso nel corso degli anni di studiarne le caratteristiche in grandissimo dettaglio e sostanzialmente con tutti i telescopi, da quelli amatoriali, a quelli professionali più grandi mai costruiti, a quelli spaziali.

Il colore di una nebulosa dipende dalla presenza o meno di stelle al suo interno o nelle sue vicinanze. La nebulosa può apparire brillante perché riflette la luce di una vicina stella (nebulose a riflessione) o perché il suo gas (idrogeno in particolare) è stato ionizzato dalla radiazione ultravioletta di una vicina stella (nebulosa a emissione).

Nel caso della nebulosa Testa di Cavallo il colore scuro dipende dal fatto che la maggior parte di essa (escluso i bordi) né riflette luce né ha gas ionizzato dalla radiazione di altre stelle.

Dicevamo che JWST ha osservato la nebulosa Testa di Cavallo. Tuttavia, questa nebulosa ha dimensioni angolari maggiori rispetto al campo di vista degli strumenti di JWST. Pertanto, il telescopio ne ha osservato solo una porzione. La scelta è caduta sulla criniera della testa di cavallo.

Cosa è stato osservato

Le immagini di questa regione sono state scattate sia con NIRCam che con MIRI.

La bellezza di entrambe le immagini potrebbe commentarsi da sola. In un pezzetto di cielo c’è una carrellata di Universo.

La parte superiore dell’immagine è dominata dalla stella brillante TIC 11401923 con la sua immagine di diffrazione a 8 punte. Altre stelle sono visibili sullo sfondo, insieme a numerose galassie di forme e colori differenti.

La parte inferiore dell’immagine mostra la parte superiore della testa di cavallo, appunto una parte della criniera. Si tratta di una nebulosità costituita di polveri e gas originatasi dal collasso di frammenti più grandi della nube molecolare gigante in Orione. La nebulosa è visibile in quanto illuminata e riscaldata dalla luce emessa dalla vicina stella.

Nebulosa testa di cavallo
Dettagli delle strutture di gas e polveri della criniera sotto l'effetto della radiazione UV della vicina stella nell'immagine di MIRI. Credit: NASA, ESA, CSA, Karl Misselt (University of Arizona), Alain Abergel (AIM Paris-Saclay)

L’interazione tra la radiazione UV emessa dalla stella e il mezzo interstellare vicino alla stella e all’interno della nebulosa sono di estremo interesse per gli astronomi, e la Testa di Cavallo offre un’eccellente opportunità di studio. Nelle immagini, JWST riesce a mostrare la regione di transizione tra il gas molecolare freddo (regione bluastra della nube lì dove i raggi UV non penetrano) e il gas atomico più caldo (regioni rossastre) fotodissociato dai raggi UV.

Le immagini sia di NIRCam che di MIRI hanno permesso di osservare, con una risoluzione spaziale mai prima raggiunta, il comportamento e la struttura del gas e polveri sotto l’azione della radiazione incidente. Si osservano strutture che mostrano come il gas colpito dai raggi UV sia letteralmente fatto evaporare e quindi strappato alla nube, in un processo di continua erosione.

Le immagini infrarosse permettono inoltre di penetrare la nube. Esse mostrano al suo interno numerosi puntini rossi. Si tratta di stelle appena nate, ancora interamente inviluppate nel gas da cui si sono formate. Per alcune di queste si riesce addirittura a distinguere la sagoma allungata del disco protoplanetario in cui si formeranno, o sono già in fase di formazione, nuovi esopianeti.