L'incredibile storia di "Catarina", il rarissimo uragano che devastò il Brasile nel 2004
L’Atlantico tropicale meridionale è l’unico grande bacino dove è veramente molto difficile vedere in azione un ciclone tropicale, salvo che in casi davvero eccezionali. In questa porzione di oceano Atlantico, lungo l'emisfero australe, le tempeste tropicali o gli uragani sono una vera rarità. Eppure ci sono delle eccezioni.
L’Atlantico tropicale meridionale è l’unico grande bacino dove è veramente molto difficile, per non dire impossibile, vedere in azione un ciclone tropicale, salvo che in casi davvero eccezionali. In questa porzione di oceano Atlantico, lungo l’emisfero australe, le tempeste tropicali o gli uragani sono una vera rarità.
La presenza di un forte “wind shear verticale“ alle quote superiori, le temperature delle acque superficiali non particolarmente alte, quasi sempre sotto la soglia limite dei +27°C, e la mancanza presenza di una estesa area di convergenza, nei medi e bassi strati, sono tutti fattori inibitori per la formazione e l’approfondimento di perturbazioni tropicale organizzate che possono divenire veri e propri uragani.
L’eccezione di Catarina
Occasionalmente però, come si è visto nel 1991 e all’inizio del 2004, si possono innescare le condizioni favorevoli per la nascita di importanti perturbazioni tropicali. Un esempio su tutti è quello del ciclone “Catarina” che è stato uno dei primi uragani, ripreso dai satelliti meteorologici, che ha attraversato l’Atlantico meridionale per poi effettuare il “landfall” lungo le coste sud-orientali del Brasile, apportando notevoli danni.
Il tutto iniziò il 12 marzo 2004 quando un fronte freddo, con a seguito un nucleo di aria piuttosto fredda, di lontane origini polari, investì l’Atlantico meridionale, stabilendosi in pieno oceano, a largo delle coste del Brasile meridionale.
L’attività temporalesca si intensificò notevolmente, probabilmente a causa del forte “gradiente termico verticale” innescato dal forte contrasto fra l’aria fredda in quota e le acque superficiali oceaniche, molto più calde del normale in quel tratto di oceano.
Tale fattore rappresentò la miccia d’innesco che diede grande vitalità alla giovane perturbazione tropicale che stava sorgendo a largo delle coste meridionali brasiliane.
Lo sviluppo del ciclone
Questa perturbazione si evolse in una depressione sub-tropicale e continuo notevolmente ad intensificarsi, grazie al calore latente fornito dalla superficie oceanica, che in quei giorni era davvero notevole.
Il sistema assunse dopo caratteristiche tipicamente tropicali, muovendosi verso est-sud/est fino al 22 marzo, quando cominciò a rallentare per la presenza a sud-est di una ampia cresta (promontorio anticiclonico) che lo rese stazionario in mare.
Situato 630 miglia (1.010 chilometri) a est-sudest di Florianòpolis Catarina si dirigeva lentamente verso ovest, e sembrava diventare una tempesta tropicale il giorno successivo, il 25 Marzo 2004. Diventata una tempesta abbastanza compatta, essa continuava a dirigersi verso ovest, mentre costantemente continuava sempre più ad intensificarsi, acquistando molta potenza.
La trasformazione in uragano
La struttura della tempesta ha continuato a migliorare, mentre a causa dell’apparizione dell’occhio sui satelliti, nella parte centrale del sistema, il 26 marzo la tempesta Catarina era destinata a diventare un autentico uragano sull’Atlantico meridionale, rappresentando cosi una seria minaccia per le coste del Brasile meridionale.
Quel giorno un giornale brasiliano indicò che un “furacão” (uragano in portoghese) minacciava Santa Catarina. Anche grazie a questo titolo la tempesta poi venne ufficiosamente chiamata Catarina. Il sistema tropicale, avvicinandosi sempre più alle coste del Brasile meridionale, nell’area di Santa Catarina, ha continuato a incontrare tutte le condizioni favorevoli per un ulteriore sviluppo; intensa attività convettiva centrale, venti molto forti con una spiccata curvatura ciclonica e acque superficiali dell‘oceano più elevate del normale, con valori di +26°C o poco più.
In poche ore, sorprendendo tutti i meteorologi e climatologi, “Catarina” era diventata un autentico uragano (“furacão” per i brasiliani), con un occhio centrale molto ben definito e venti veramente violenti che avevano raggiunto un picco di 100 miglia/orarie, circa 160 km/h.
L’ingente conta dei danni dopo il landfall
I fortissimi venti registrati il 28 marzo hanno reso la tempesta l’equivalente di un uragano di categoria 2 sulla scala Saffir-Simpson. Poco prima del “landfall” sulle coste meridionali del Brasile le raffiche hanno successivamente raggiunto un picco di circa 110 miglia/orarie, la bellezza di ben 180 km/h.
Si tratta di venti davvero violentissimi che indicavano che accompagnavano Catarina nel suo percorso. Il ciclone del sud Atlantico si è poi definitivamente abbattuto con quella intensità, nei pressi della città di Torres. Subito immediatamente dopo il “landfall” l’uragano “Catarina” si è rapidamente dissipato, come un normale ciclone tropicale. Purtroppo, nella fase del “landfall”, la tempesta ha danneggiato più di 40.000 case e ne ha distrutte 1.500. L’85% del raccolto di banane e il 40% del raccolto di riso è andato perso.
I danni totali sono stati stimati a circa 350 milioni di dollari. Inoltre si sono registrati 3 morti e 75 feriti. Circa 2.000 persone sono rimaste senza casa dopo il passaggio del “furacão” Catarina. Al Passo de Torres, molti edifici sono stati distrutti, in quanto non erano progettati per resistere alle differenze di pressione causate dai venti di Catarina.