L'incredibile canyon sottomarino che si nasconde al di sotto dello Stretto di Messina
Ancora oggi abbiamo più di una teoria riguardo la nascita e l’evoluzione dello Stretto di Messina durante le varie ere geologiche. Tra queste quella che può essere ben applicata alla realtà dello Stretto rimane quella che vede lo Stretto una depressione oceanica.
Sotto l’aspetto geologico lo Stretto di Messina rimane un luogo di grande interesse scientifico, visto che ancora oggi sappiamo ben poco sul suo sviluppo.Ancora oggi abbiamo più di una teoria riguardo la nascita e l’evoluzione dello Stretto di Messina durante le varie ere geologiche.
Tra queste quella che può essere ben applicata alla realtà dello Stretto rimane quella della struttura a “graben”. Tradotto nel vocabolario geologico il termine graben indica una fossa oceanica tettonica, ossia una porzione di crosta terrestre che è sprofondata a causa dell’azione combinata di un sistema di faglie normali (o dirette) in regime tettonico di tipo distensivo.
In poche parole ciò vuol dire che lo Stretto di Messina non è altro che una depressione di natura tettonica, formatasi in 125mila anni, grazie al ripetersi di grandi terremoti (generati da faglie di tipo distensivo) che hanno gradualmente allontanato la punta nord-orientale della Sicilia dalle coste della Calabria meridionale e dal resto del continente.
L’incredibile batigrafia dello Stretto
Analizzando le rocce presenti lungo i rilievi che contornano lo Stretto notiamo che presentano lo stesso tipo di conformazione geologica. Secondo i geologi ciò sta ad indicare che in epoche passate la Sicilia era unita al resto del continente, avvalorando cosi la teoria che vede il graben come struttura dominante della zona.
La cresta di questa sorta di imponente rilievo sottomarino è rappresentata da quella che i locali chiamano “sella”, ossia il punto meno profondo, davanti l’abitato di Ganzirri, lungo la riva siciliana, e Punta Pezzo, sull’opposta sponda calabrese.
Proprio dalla “sella”, localizzata lungo l’imboccatura nord del braccio di mare, dove il fondale tocca i 64 metri, i due versanti iniziano a degradare rispettivamente verso il basso Tirreno e il mar Ionio.
Quello che immerge verso il Tirreno (a nord) degrada molto più dolcemente, fino a raggiungere i 1000 metri di profondità a largo del golfo di Milazzo, mentre per trovare la batimetrica dei 2.000 metri bisogna oltrepassare l’isola di Stromboli.
Il canyon sottomarino
Il versante meridionale, invece, degrada molto bruscamente in direzione del mar Ionio, con un pendio ripidissimo, tanto che ad appena 4-5 chilometri dalla “sella” il fondale sprofonda sotto i 400-500 metri.
Nel tratto compreso fra le città di Messina e Reggio, nella parte centrale dello Stretto, si scende sotto i 500 metri, fino a 1.200 metri poco a sud di Punta Pellaro. Valori sotto i 2000 metri si presentano a largo di Capo Taormina, dove il fondo sprofonda rapidamente sugli abissi dello Ionio, con una scarpata ripidissima a pochi chilometri dalla linea di costa.
Se prosciugassimo tutta l’acqua del mare che lo copre dal fondo emergerebbe un immenso canyon, circondato da pareti molto scoscese, che non avrebbe nulla da invidiare al Gran Canyon del Colorado.
Questa profondissima gola, chiamata “valle di Messina”, ricoperta da enormi banchi di sabbia depositati sul fondo dalle fortissime correnti di marea che s’innescano fra le due imboccature dello Stretto, man mano che comincia ad immergere in direzione dello Ionio comincia a stringersi, divenendo molto profonda, scivolando sotto la batimetrica dei 500-600 metri.
Da qui ha origine il ripido canyon sottomarino, ribattezzato “Canyon di Messina”. Esso si protende fino alla piana batiale dello Ionio, con una spettacolare incisione circondata da pareti quasi verticali nella parte più profonda.
Tali pareti, prima di raggiungere il fondo del suddetto canyon, sono interrotte da vari scalini, ben modellati dalla recente attività tettonica dell’area.
Come cambierà in futuro lo Stretto di Messina?
Se già c’è un ampio dibattito sulla sua origine, figuriamoci una previsione per il futuro. In realtà, gli ultimi studi elaborati, come quello dei noti sismologi, Valensise e Pantosti, evidenziano come il progressivo sprofondamento dello stretto, interpretato per mezzo di una classica struttura a “graben” (fossa tettonica), imposto dalla faglia che si trova sotto di esso, non riuscirà a compensare gli effetti dei tassi del sollevamento a grande scala (regionale) di tutto l’Arco Calabro, ossia dei rilievi che contornano lo Stretto di Messina (Aspromonte e Peloritani).
Sollevamento che localmente procede a una velocità minima di 0,9–1,0 mm l’anno, un divario netto con il tasso di “subsidenza” proprio dello Stretto, decisamente minore (con forti accelerazioni solo quando si verificano i grandi terremoti come quello del 1908).
Nonostante questo non potrà impedire che lo Stretto stesso, incluse le sue porzioni sommerse, venga progressivamente sollevato, trasformandosi, in migliaia di anni, dapprima in uno stretto canale e quindi in terra emersa nel settore settentrionale, fra la penisola di Ganzirri e Cannitello.