Il telescopio James Webb conferma la “tensione” di Hubble. Di cosa si tratta?

Presentiamo un esempio di come le osservazioni possano cozzare con la teoria. È il caso della “tensione” di Hubble per cui, diversamente da quanto previsto dalla teoria, la velocità misurata di espansione dell’Universo primordiale è diversa da quella dell’Universo locale.

Supernova H0pe
Immagine della lente gravitazionale osservata con la camera NIRCam del James Webb. A destra, l'ingrandimento mostra la posizione delle tre immagini della stessa supernova H0pe utilizzate per la nuova misura della costante di Hubble. Credit: Credit: NASA, ESA, CSA, STScI, B. Frye (University of Arizona), R. Windhorst (Arizona State University), S. Cohen (Arizona State University), J. D’Silva (University of Western Australia, Perth), A. Koekemoer (Space Telescope Science Institute), J. Summers (Arizona State University).

L’Universo sappiamo essere in espansione. A partire dall’evento iniziale del Big Bang, circa 13.8 miliardi di anni fa, le galassie e gli ammassi di galassie (cioè le più grandi strutture cosmiche in cui si aggrega quasi tutta la materia visibile dell’Universo) hanno continuato ad evolversi, ma via via allontanandosi l’una dall’altra in una inarrestabile espansione.

L’immagine comunemente utilizzata per descrivere l’espansione dell’Universo e il conseguente allontanamento reciproco di tutto ciò che lo costituisce è quella di un palloncino i cui punti sulla sua superficie (assimilabili alle galassie e ai loro ammassi) si allontanano tra loro a mano a mano che questo, venendo gonfiato, si espande.

La velocità con cui l’Universo si sta espandendo è misurabile, più facilmente (e accuratamente) per le strutture cosmiche a noi vicine (il cosiddetto Universo locale) meno facilmente per le strutture da noi più lontane (il cosiddetto Universo primordiale).

L’astronomo Hubble e la sua costante

Diversamente da quanto previsto dai modelli di evoluzione dell’Universo, gli astronomi hanno trovato che la velocità di espansione dell’Universo primordiale è diversa (minore) da quella dell’Universo locale. Questa discrepanza è nota come “tensione di Hubble”.

Ma che c'entra l’astronomo Hubble, deceduto oltre 80 anni fa, in questa questione? Fu l’astronomo Hubble nello scorso secolo a scoprire che le galassie più lontane dalla Terra si allontanano con una velocità maggiore delle galassie più vicine. Tuttavia, egli notò che il tasso di allontanamento è costante. Questa costante, in suo onore, viene chiamata la costante di Hubble.

A differenza di altre costanti della fisica (cioè grandezze il cui valore non cambia, come ad esempio la velocità della luce nel vuoto), per la costante di Hubble (indicata con H0) sono stati misurati valori diversi. Il valore attuale, ottenuto misurando galassie relativamente vicine, è di circa 73 (km/s)/Mpc, dove Mpc è il mega parsec (1 milione di parsec con un parsec = 3.26 anni luce).

Per esemplificare, una galassia che si trovi ad una distanza di 2 Mpc dalla Terra si allontana con una velocità di 70 km/s maggiore di una galassia che si trovi a 1 Mpc dalla Terra. Una galassia che si trovi a 10 Mpc dalla Terra si allontana con una velocità di 70 x 10 km/s maggiore di una che si trovi a 1 Mpc dalla Terra.

La tensione di Hubble

Per misurare il valore della costante di Hubble serve conoscere la velocità di allontanamento, ad esempio quella di una galassia, e la distanza a cui si trova questa galassia.

Per le galassie vicine è relativamente facile misurare entrambe le grandezze. Esistono tipi di stelle (le stelle Cefeidi e le Supernovae di tipo Ia) le cui proprietà permettono di misurarne la distanza e quindi la distanza della galassia in cui si trovano, e per questo sono anche chiamate candele standard della distanza. Inoltre, lo spostamento verso il rosso del loro spettro (redshift) permette di misurare la velocità di allontanamento.

NGC 5468
NGC 5468 è la più lontana galassia per cui è stato possibile stimarne la distanza, a circa 130 milioni di anni luce, grazie alle stelle "candela" in esse presenti. Credit: NASA, ESA, CSA, STScI, Adam G. Riess (JHU, STScI)

Tuttavia, per le galassie lontanissime questo tipo di stelle sono troppo deboli per essere utilizzate. Per l’Universo primordiale si usa un approccio diverso basato sulla radiazione cosmica di fondo.

Per misurare le distanze intermedie, le stelle sono così deboli che servirebbe una “lente di ingrandimento”. Ed è proprio la cosiddetta lente gravitazionale uno dei fenomeni che permettono agli astronomi di osservare oggetti dell’Universo più lontano.

Ricordiamo che il fenomeno della lente gravitazionale ingrandisce ed intensifica la luminosità di oggetti che altrimenti resterebbero invisibili. Per maggiori dettagli rimandiamo il lettore all’articolo di sopra.

Le recenti osservazioni confermano la tensione.

Recentemente, il telescopio James Webb ha osservato un’interessante lente gravitazionale. Questa ha ingrandito, intensificato e riprodotto per tre volte l’immagine di una lontanissima supernova distante circa 3.5 miliardi di anni luce, battezzata con il nome H0pe (dove H0 è la sigla della costante di Hubble) e riportata nell'immagine di copertina.

Lente
Esempio di lente gravitazionale con anello di Einstein. Credit: NASA, ESA

L’eccezionalità, rispetto ad altre lenti gravitazionali, è che le tre immagini della supernova hanno fatto percorsi differenti, a causa della deformazione dello spazio-tempo, per cui rappresentano la stessa supernova, ma a tre epoche diverse. Altra eccezionalità è che questa supernova è di tipo Ia, ciò significa che dalla luminosità è possibile misurare la distanza. Quindi, è stato trovato un oggetto tra i più lontani dell’Universo locale per cui è stato possibile misurare con accuratezza la distanza e, tramite il suo redshift, anche la velocità di allontanamento.

Il valore della costante di Hubble misurato grazie a questa lente gravitazionale è di 75.4 (km/s)/Mpc e conferma l’esistenza della tensione di Hubble: la velocità con cui si è espanso l’Universo primordiale è minore di quella con cui si sta espandendo l’universo locale.

Le osservazioni danno valori diversi (H0=67 (km)/Mpc per l'Universo primordiale; H0=73 (km)/Mpc per l'Universo locale), mentre i modelli prevedono un valore costante.

La risoluzione della tensione sta nei modelli di evoluzione dell’Universo, che sicuramente necessitano di una revisione che riproduca i risultati osservativi.