Cresce la preoccupazione per i sempre più frequenti avvistamenti del pesce scorpione in Italia, l'ultimo a Taormina
Questa specie aliena velenosa, originaria della fascia tropicale dell'Oceano Pacifico, ormai si nota sempre più frequentemente lungo le coste italiane, come dimostrano gli avvistamenti in aumento negli ultimi anni, l'ultimo a Taormina.
Anche se siamo in pieno inverno sul Mediterraneo continuano ad essere avvistate varie specie aliene. Nei giorni scorsi un esemplare di Pterois miles, meglio conosciuto come pesce scorpione, è stato osservato nelle acque della baia di Mazzarò, nel Mare di Taormina.
Questa specie aliena velenosa, originaria della fascia tropicale dell'Oceano Pacifico, ormai si nota sempre più frequentemente lungo le coste italiane, come dimostrano gli avvistamenti in aumento negli ultimi anni.
Cosa sappiamo sul pesce scorpione?
Il pesce scorpione è molto comune nel Mar Rosso ed è entrato nel Mediterraneo attraverso il Canale di Suez, a partire dagli anni 90. Avvistato per la prima volta in Sicilia nel 2016, è stato poi segnalato negli anni successivi anche in Calabria, Sardegna e Puglia, tra il 2018 e il 2020.
A causa del cambiamento climatico e delle sempre più calde acque del Mediterraneo questa specie aliena sta rapidamente allargando il proprio areale, creando non pochi problemi ai delicati ecosistemi del nostro Mediterraneo. Questo pesce appartiene alla famiglia Scorpaenidae, la stessa dei comuni scorfani, molto noti sui nostri fondali rocciosi.
Alcune caratteristiche di questa specie aliena
Lungo fino a circa 35 cm, il pesce scorpione ha un corpo tozzo e striato di colore rosso-arancio e bianco, con pinne pettorali e dorsali molto lunghe e dotate di spine velenose che si aprono a ventaglio come una criniera, rendendolo tanto affascinante quanto minaccioso.
Entrato dal Canale di Suez il pesce scorpione ha già colonizzato con abbondanti popolazioni i settori più orientali del Mediterraneo e si sta velocemente espandendo verso ovest, favorito dall’aumento delle temperature.
La specie è stata segnalata per la prima volta in Italia nel 2016 nella Sicilia sud-orientale ed è una tra le specie più invasive al mondo, nota per aver invaso gran parte delle coste Atlantiche occidentali con imponenti impatti ecologici.
Va detto che la specie è commestibile, tanto da possedere carni pregiate, ma è pericoloso maneggiarla perché sulle pinne dorsale, anale e pelviche presenta spine velenose, molto lunghe e sottili.
Il veleno si mantiene attivo dalle 24 alle 48 ore dopo la morte del pesce, per cui la pericolosità delle specie resta elevata anche su esemplari morti da diverse ore, quindi riscontrabili anche sul mercato.
A rischio la biodiversità del Mediterraneo
La presenza del pesce scorpione nelle acque italiane è motivo di preoccupazione soprattutto per i biologi, poiché si tratta di una specie invasiva che potrebbe compromettere seriamente la biodiversità e gli ecosistemi mediterranei.
Grazie alla sua voracità e alla capacità di riprodursi rapidamente, questo predatore si nutre di piccoli pesci e crostacei, predando molte delle specie autoctone e sottraendo risorse ad altre specie.
Favorita anche dalla scarsa presenza di predatori naturali, la specie ha già invaso anche gran parte delle coste Atlantiche occidentali causando importanti impatti ecologici. In ecosistemi delicati come quelli del Mediterraneo, l'introduzione di un nuovo predatore vorace, potrebbe ridurre drasticamente la biodiversità, portando alcune specie alla scomparsa e alterando la struttura delle catene alimentari. Proprio per questo, il pesce scorpione è una delle specie aliene oggi sotto i riflettori di ISPRA.
Quali rischi per l’uomo?
In alcuni casi il pesce scorpione può essere pericoloso anche per la salute umana. Il veleno contenuto solo nelle sue spine è molto potente e, seppur raramente mortale, può provocare forti dolori, gonfiore, nausea e difficoltà respiratorie.
Il pesce scorpione solitamente non attacca, ma utilizza le sue spine soprattutto per difendersi. In caso di puntura, è fondamentale ricorrere subito a cure mediche, poiché il veleno necessita di trattamenti specifiche.
Per evitare ciò si consiglia sempre di evitare un contatto diretto con l’animale durante le immersioni e le attività di snorkeling. Anche in caso di ritrovamento di un individuo spiaggiato o apparentemente privo di vita, i rischi rimangono.
Le spine restano velenose anche per alcune ore dopo la morte, per cui è sempre meglio evitare di raccogliere o maneggiare questi pesci a mani nude. Nel caso in cui venga pescato accidentalmente, è importante maneggiarlo con estrema cautela, utilizzando guanti spessi e strumenti da pesca idonei per evitare il contatto diretto.