Una finestra sul clima passato nel corpo glaciale più a sud d'Europa
Nel corpo glaciale più a sud d'Europa, sulle montagne del Gran Sasso, in Abruzzo, è stata prelevata una carota di ghiaccio che ci darà informazioni sul clima passato e che andrà a far parte dell'archivio Ice Memory.
È terminata all'inizio di maggio la campagna di perforazione dell'ex ghiacciaio del Calderone, situato sul massiccio montuoso del Gran Sasso d'Italia, in Abruzzo, ultimo esempio del glacialismo della catena appenninica. Con un comunicato stampa, il Consiglio Nazionale delle Ricerche (CNR) ha informato il 6 maggio scorso che è stata prelevata la prima carota di ghiaccio dal corpo glaciale più meridionale d’Europa, che ogni anno perde circa un metro di spessore e destinato a scomparire nei prossimi decenni a seguito dei cambiamenti climatici.
Per la prima volta gli scienziati hanno adesso a disposizione un campione di ghiaccio profondo del ghiacciaio (ormai è più corretto definirlo un glacio-nevato, perché non c'è più movimento del ghiaccio verso valle) "più a sud d’Europa". L'analisi chimica permetterà di ricostruire il passato climatico e ambientale del massiccio montuoso del Gran sasso e delle regioni circostanti.
La missione, nell’ambito del progetto internazionale Ice Memory, è stata organizzata dall'Istituto di scienze polari del Consiglio nazionale delle ricerche (Cnr-Isp) e dall'Università Ca' Foscari Venezia, in collaborazione con l’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia (Ingv), l’Università degli Studi di Padova e le società Georicerche srl e Engeoneering srls.
La spedizione, inizialmente condizionata dal maltempo, è durata dodici giorni ed è stata possibile grazie al Corpo nazionale dei vigili del fuoco (VVF), che ha messo a disposizione mezzi e personale dei reparti Volo di Pescara e Roma Ciampino per raggiungere la conca del ghiacciaio, ai piedi del Corno Grande, a 2.673 metri di quota.
Le operazioni sono state agevolate dall’apertura straordinaria del rifugio Franchetti, di proprietà del Club Alpino Italiano (CAI) di Roma, dal supporto operativo da parte del Soccorso alpino abruzzese e del Comune di Pietracamela.
Il carotiere, informa il CNR, ha toccato la roccia basale del glacio-nevato del Gran Sasso a 27,2 metri di profondità, aggiornando la stima di 26 metri realizzata dallo stesso team nelle settimane scorse, grazie alle indagini geofisiche che hanno permesso di individuare il punto più promettente per la perforazione.
“La perforazione è stata piuttosto difficoltosa”, dice Jacopo Gabrieli, ricercatore Cnr -Isp e coordinatore sul campo della missione, “sia per le condizioni meteorologiche spesso molto dure, sia perché il ghiaccio era plastico, ossia estremamente caldo e intriso d’acqua, e la punta del carotiere tendeva a impastarsi, non riuscendo ad inciderne la superficie”.
Campione dopo campione, i ricercatori hanno esplorato la profondità del Calderone
“Sotto una coltre di detriti, abbiamo via via incontrato un ghiaccio sempre più ‘pulito’ ma diverso da quello dei ghiacciai alpini, a causa delle particolari condizioni termiche dei diversi strati”, prosegue Gabrieli. “Attraverso mirati studi di laboratorio, cercheremo di definirne le caratteristiche e di acquisire le informazioni chimiche e isotopiche conservate, se disponibili.
Nella parte mediana del profilo abbiamo verificato la presenza di residui vegetali e di insetti, la cui datazione potrà aiutare a comprendere quando si è accumulato il ghiaccio circostante".
Secondo Carlo Barbante, direttore Cnr-Isp, professore all’Università Ca’ Foscari Venezia e co-ideatore del programma internazionale Ice Memory, "la carota estratta sembra avere tutte le carte in regola per poter ricavare importanti informazioni sulla storia climatica e ambientale dell'Italia centrale e dell’intero bacino del Mediterraneo. Un archivio ambientale davvero unico che già a un primo sguardo presenta caratteristiche glaciologiche molto interessanti.”
Una volta terminata la fase preliminare di analisi dei campioni e verificata la conservazione della stratigrafia e dei segnali climatici ed ambientali, la carota sarà messa a disposizione del programma internazionale Ice Memory e quindi trasferita presso il sito di stoccaggio presso il sito di DomeC, in Antartide.
Le attività sul Calderone sono parte di una serie di spedizioni per lo studio e la conservazione dei ghiacciai italiani finanziate dal Ministero dell’Università e della Ricerca (con il Fondo Integrativo Speciale per la Ricerca, Fisr) e con il supporto di AKU e KARPOS.
Qualche curiosità sul Calderone
Il Calderone rappresenta l’ultimo esempio del glacialismo della catena appenninica, ed anche il corpo glaciale più a sud d’Europa. Frammentato in due unità nel 2000, il Calderone è una fotografia iconica ed ormai unica del glacialismo mediterraneo. Le due porzioni sono state declassate da ghiacciai a glacio-nevati, formazioni di neve e ghiaccio senza alcun tipo di movimento verso valle, caratteristica tipica degli ecosistemi glaciali ancora dinamici e vitali.
Il glacio-nevato del Calderone gode di straordinarie micro condizioni locali che ne hanno permesso la conservazione, come l’esposizione a nord e la geomorfologia delle ripide pareti rocciose che circondano il circolo glaciale. Le elevate temperature estive causano però ogni estate la fusione di quasi tutta la neve stagionale e parte del ghiaccio sottostante.
La conservazione degli strati di ghiaccio più profondi è ancora agevolata da una coltre detritica superficiale che protegge il ghiaccio sia dalle elevate temperature che dall’intenso irraggiamento estivo, ma nonostante tutti questi fattori il Calderone si riduce in spessore anno dopo anno. In poco tempo perderemo le preziose informazioni sul clima del passato conservate nel ghiacciaio, che oggi ha una profondità massima di circa 26 m. Per questo era urgente una rapida conservazione del poco ghiaccio ancora presente prima che le informazioni climatiche in esso conservate vengano perse per sempre. Era urgente una rapida conservazione del poco ghiaccio ancora presente prima che le informazioni climatiche in esso conservate si perdessero per sempre.
Il progetto internazionale Ice-memory
Ice Memory è un programma internazionale che ha l’obiettivo di fornire, per le decadi e i secoli a venire, archivi e dati sulla storia del clima e dell’ambiente fondamentali sia per la scienza sia per ispirare le politiche per la sostenibilità e il benessere dell’umanità. Ice Memory ambisce a federare le comunità internazionali scientifica e istituzionale per creare in Antartide un archivio di carote di ghiaccio dai ghiacciai attualmente in pericolo di ridursi o scomparire. Gli scienziati sono convinti che questo ghiaccio contenga informazioni di valore tale da richiedere attività di ricerca anche su campioni di ghiacciai scomparsi.
Per Ice Memory, quella sul Calderone è la quarta missione sui ghiacciai alpini dopo quella del 2016 sul Monte Bianco, del 2020 sul Grand Combin e del 2021 sul Monte Rosa. Altre spedizioni internazionali hanno permesso di mettere al sicuro gli archivi dei ghiacciai Illimani (Bolivia), Belukha e Elbrus (Russia).
Ice Memory è un programma congiunto tra Università Grenoble Alpes, Università Ca’ Foscari Venezia, Istituto nazionale francese per le ricerche sullo sviluppo sostenibile (Ird), Cnrs, Cnr, e con Istituto polare francese (Ipev) e Programma nazionale per le ricerche in Antartide (Pnra) per quanto riguarda le attività alla stazione Concordia in Antartide. Ice Memory ha il patrocinio delle commissioni italiana e francese dell’Unesco.