Clima: cosa sono le emissioni negative?

Il tempo stringe e le possibilità di rispettare l’obiettivo 1.5°C si riducono ogni giorno. Si discute sempre più emissioni negative tramite cattura del carbonio, BECCS, rimozione diretta CO2, geoingegneria climatica. Che rischi comportano queste tecnologie futuribili?

CCS, BECCS, DAC, ingegneria climatica, emissioni negative. Cosa sono e che rischi comportano queste tecnologicie ?

Limitare il riscaldamento globale entro 1.5°C, massimo 2°C, rispetto l’era preindustriale. Questo è l’ambizioso obiettivo dall’accordo di Parigi sul clima. Ma cosa occorre fare per centrare questo obiettivo? L’accordo usa termini piuttosto sfumati e burocratici quando passa a parlare di emissioni. La frase è contorta, in pratica si parla di emissioni nette zero nella seconda metà del XXI secolo.

Ovvero, si lascia inteso che ci potrà essere una quota di emissioni serra inevitabili da rimuovere in qualche modo, da settori dove è difficile raggiungere la decarbonizzazione come l’aviazione, i cementifici, l’agricoltura e cambio uso del suolo e altri. E’ nato così il termine emissione negativa, ovvero raggiungere, con complesse tecnologie, lo scopo di sottrarre gas serra dall’atmosfera, soprattutto CO2 perché è quello principale su cui agisce l’uomo e che ha tempi di permanenza più lunghi.

Il CCS e il BECCS

Il CCS è l’acronimo ci carbon capture and storage, cattura e sequestro del carbonio. In pratica, si intende con questo termine un impianto energetico in cui vengono utilizzati combustibili fossili, soprattutto carbone ma anche metano, e l’emissione di CO2 anziché essere rilasciata in atmosfera viene immessa nel sottosuolo e stoccata con un processo di confinamento geologico.

Per realizzare ciò, un impianto come una centrale termoelettrica deve trovarsi nei pressi di zone geologicamente adatte in cui la CO2 può essere pompata nel sottosuolo e stoccata senza che venga rilasciata in atmosfera. Possono essere utilizzati anche in alcuni casi giacimenti di idrocarburi esauriti.

Se questo processo viene realizzato a regola d’arte, il risultato è di usare combustibili fossili, senza rilasciare CO2 in atmosfera.

Un caso particolare è il BECCS, Bioenergy with carbon capture and storage. Anziché combustibili fossili, l’impianto utilizza biomasse. Nell’ipotesi che il ciclo sia chiuso, e le biomasse provengano da boschi appositamente coltivati in modo sostenibili, il bosco rimuove CO2, e pur bruciando la legna o biomassa da cui ne proviene, non vi è rilascio in atmosfera. Il risultato finale, almeno teorico, è che così facendo viene rimossa CO2 dall’atmosfera.

La DAC Direct Air Capture

La cattura diretta dell'aria ( DAC ) è un processo di cattura dell'anidride carbonica direttamente dall'aria. Può essere realizzato o prelevando l’aria da una ciminiera, come in una centrale termica o un cementificio, o dall’atmosfera.

La rimozione dell'anidride carbonica si ottiene ponendo l'aria in contatto con sostanze chimiche, come un solvente alcalino. Queste sostanze sono successivamente private della CO2 riscaldandole, serve quindi molta energia e si pongono problemi su come utilizzare la CO2, o come stoccarla.

Teoricamente è possibile dalla CO2 generare combustibili, ma c’è un doppio problema, serve molta energia e con la combustione si rilascerebbe di nuovo CO2

Ingegneria climatica

L'ingegneria climatica, impropriamente nota come geoingegneria, è l’uso di varie tecnologie per tentare di limitare il riscaldamento globale o contrastare i cambiamenti climatici.

Un esempio è l’uso di tecnologie dette SRM - Solar Radiation Management. Sono metodi che mirano a ridurre la radiazione solare incidente, o ad aumentarne la parte riflessa verso lo spazio. In questo modo si potrebbe, almeno in teoria, limitare il riscaldamento globale.

La fantasia degli scienziati, soprattutto ingegneri, si è sbizzarrita, dal pensare a iniettare in stratosfera sostanze simili alle emissioni vulcaniche, come l’anidride solforosa, o particelle riflettenti, fino all’uso di specchi posti su satelliti in orbita attorno al sole.

Limiti e rischi

Al momento nessuna di queste tecnologie ha trovato applicazione pratica e siamo lontani dall’uso su vasta scala. Alcuni scienziati ritengono queste tecnologie un inganno pericoloso.

Per il CCS, esiste solo qualche impianto sperimentale, e tanti sono i dubbi e i conflitti con le popolazioni delle zone dove se ne ipotizza l’uso.

Nessuno può sapere se un giacimento dismesso dove si immagazzina CO2 è veramente sigillato, e per quanto tempo la CO2 vi rimarrà effettivamente confinata.

Rilasci improvvisi, magari in seguito a terremoti o eventi idrogeologici, potrebbero avere conseguenze pericolose localmente e dannose per il clima. Inoltre questi impianti abbassano notevolmente il rendimento, in quanto richiedono molta energia che viene sottratta alla produzione reale.

Anche la DAC – la rimozione del carbonio diretta dall’atmosfera, richiede grandi quantità di energia, generare carburante dalla CO2 poi è illusorio, una sorta di chimera. Anche se l’energia fosse proveniente da energie rinnovabili, sarebbe molto più conveniente utilizzarla direttamente.

La geoingegneria climatica infine è una cosa per fortuna ipotetica, che pone grossi interrogativi ambientali ed anche etici.

Molti ambientalisti e anche scienziati ritengono questi mezzi scorciatoie, un nascondere la polvere sotto il tappeto, per evitare di abbandonare con urgenza i combustibili fossili.