Chi fuma di più? I vulcani o l’uomo?
La recente drammatica eruzione del Volcan de Fuego in Guatemala ha riproposto la classica domanda: qual è l’influenza dei vulcani sul clima e sui cambiamenti climatici in corso? Approfondiamo l’argomento, scoprendo insieme dati clamorosi e alcune curiosità.
I vulcani sono uno dei fattori principali di grandi cambiamenti climatici del passato. Due sono i motivi principali con cui questo avviene, l’emissione di ceneri, particolato e anidride solforosa (SO2) e le emissioni di biossido di carbonio (CO2). Gli effetti sono opposti, i primi sono fattori che causano raffreddamento, il secondo, l’emissione di anidride carbonica, come noto invece è un fattore di riscaldamento. C’è però una differenza sostanziale nei tempi di azione, gli aerosol, la cenere e l’anidride solforosa hanno effetto a breve termine, la CO2 ha un effetto a lungo termine.
Oggi però sono le attività antropiche il principale fattore che influenza il clima. Entriamo un po’ più nel dettaglio, di un tema complesso e affascinante su cui lavorano sodo gruppi di ricercatori di tutto il mondo.
La cenere e gli aerosol: raffreddano, ma con effetto per pochi anni
Grandi esplosioni vulcaniche possono emettere in atmosfera milioni di tonnellate di particolato e ceneri, con colonne di fumo che arrivano fino alla stratosfera. L’ultima grande eruzione che ha influenzato il clima è stata quella del vulcano Pinatubo. Proprio in questi giorni e 27 anni fa, nel 1991, si verificò una grande eruzione con una enorme e altissima colonna di aerosol e cenere, accompagnata, secondo alcune stime, da ben 20 milioni di tonnellate di anidride solforosa. L’effetto schermante nei confronti dei raggi del sole causò un modesto raffreddamento, circa 0.3°C, non certo un’era glaciale insomma ma sufficiente a rallentare per 2-3 anni il riscaldamento globale, che già mostrava i primi segni della sua presenza.
Effetti simili, 2-3 anni di modesto raffreddamento, ebbero altre eruzioni relativamente recenti, come El Chichón (Messico, 1982 ) e Agung (Indonesia, 1963). Ancor più gigantesca fu, nel 1816, l’eruzione del vulcano Tambora, sempre in Indonesia, a cui seguì “l’anno senza estate”.
Le principali eruzioni degli ultimi anni, inclusa quella del vulcano Eyjafjöll in Islanda nel 2010, che influenzò il traffico aereo in tutta Europa, non sono nemmeno paragonabili a quelle di cui sopra, ed infatti l’effetto sul riscaldamento globale è stato nullo.
E l’anidride carbonica? L’uomo fuma più di un vulcano!
L’effetto della CO2, a differenza dei solfati e ceneri, è a lungo termine. Ecco alcuni dati, da cui appare chiaro che l’uomo fuma più dei vulcani. L’eruzione del Vulcano Pinatubo aggiunse in atmosfera circa 42 milioni di tonnellate di CO2, allora, 1991, l’uomo emetteva circa 25 miliardi di tonnellate di CO2, oggi salite a oltre 40 miliardi all’anno.
Tutti i vulcani del mondo emettono circa 300 milioni di tonnellate di CO2, meno di un centesimo delle emissioni antropiche. Riguardo l’Italia, l’Etna secondo alcuni studi aggiunge ogni anno 1 milione di tonnellate di anidride carbonica. Ricerche più recenti parlano di quantitativi maggiori, ma comunque maggiori delle emissioni della sola Sicilia e decisamente distanti dagli oltre 400 milioni di tonnellate delle emissioni in Italia del principale gas serra.
“Abbiamo trasformato le nostre fabbriche e le nostre città in tanti piccoli vulcani”, afferma in un suo libro l’ambientalista Bill McKibben, ed infatti una sola centrale a carbone, o una grande città, hanno emissioni serra maggiori di un grande vulcano.
Viceversa, i cambiamenti climatici influenzano i vulcani?
Sembra di si, secondo una recentissima pubblicazione di alcuni ricercatori della University of Clermont Auvergne la fusione dei ghiacciai attraverso l’incremento del rischio di grandi frane potrebbe destabilizzare le camere magmatiche di alcuni vulcani.
E un supervulcano?
Una gigantesca eruzione catastrofica di un supervulcano potrebbe cambiare molto le cose nel clima, così come una guerra atomica con il conseguente “inverno nucleare”, ma non è certo auspicabile e non sarebbe certo un buon antidoto al global warming. Molto meglio, agire, e in fretta, per la decarbonizzazione dell’economia, come tracciato dall’Accordo di Parigi sul clima.