Siamo sicuri che il buran può soffiare in Italia?

Se dovessimo ragionare in questo modo l’istituzione della rosa dei venti, e del suo significato, non avrebbe alcun senso. Ecco una spiegazione sull'uso del termine "buran", molto diffuso negli ultimi anni sui mezzi di comunicazione italiani.

Una nevicata imbianca la piazza rossa di Mosca.

In questo articolo cercheremo di fare chiarezza su un equivoco meteo, che da molti anni ancora caratterizza le discussioni fra meteo-appassionati, ma anche esperti di meteorologia, ogni qual volta che una importante ondata di freddo, proveniente dalla Russia, e territori attigui, si avvicina al nostro Paese.

Cos’è il “buran"?

Con la parola “buran” si intende quel gelido vento, da NE o E-NE, che durante la stagione invernale spira sopra le sterminate lande siberiane e le steppe kazake verso gli Urali e le pianure Sarmatiche, della Russia europea. Nel nostro Paese viene ancora chiamato “burian” (una “i” di troppo) a seguito di una storpiatura giornalistica che parte fin dagli anni '90.

In realtà il termine corretto in russo è proprio “buran”, dal russo буран che significa tempesta che trascina. Può soffiare con grande violenza venendo accompagnato da tormente di neve (di solito dai piccoli fiocchi gelati di neve farinosa, quella che cade con temperature sotto i -20°C -30°C) e “scaccianeve“, che causa drastiche riduzioni di visibilità.

Quando scavalca la catena montuosa degli Urali, l’aria gelida di matrice siberiana, invade le pianure Sarmatiche, fino alla regione del Volga e all’area della capitale Mosca, apportando un considerevole calo dei valori termici, anche dell’ordine dei -10°C -12°C in meno di 24 ore.

Questo vento è un figlio dell’immenso anticiclone termico “russo-siberiano”, che durante il periodo invernale si sviluppa sopra le grandi steppe siberiana e sull’Asia centrale.

Quali sono le configurazioni che attivano questo vento gelido?

Solo in determinate circostanze, durante la stagione invernale, molto più raramente in autunno e a inizio primavera, può estendersi dalle steppe siberiane fino al cuore Della Russia europea, portando il gelo. Ciò avviene soprattutto in quegli inverni in cui si viene a formare quel determinato schema configurativo, noto ai meteorologi europei come il “Ponte di Weikoff”.

Il “Ponte di Weikoff”, prende il nome dallo scienziato russo che lo studiò per la prima volta. Si origina solo quando l’alta pressione delle Azzorre, per una sua pulsazione dinamica interna, si erge con i propri elementi, verso nord-est, in direzione della Scandinavia, per congiungersi con le propaggini più occidentali dell’anticiclone termico Russo, che dagli Urali si affaccia verso la Russia europea e il mar Baltico.

L’unione fra le due differenti figure anticicloniche origina grande ponte anticiclonico, con asse orientato da sud-ovest a nord-est, che dal vicino Atlantico si estende fino alla Russia europea e ai bassopiani siberiani (oltre gli Urali), favorendo il richiamo e l’aspirazione delle masse d’aria molto gelide preesistenti sopra le lande ghiacciate siberiane.

L’aria gelida, di origine siberiana, scorrendo lungo il bordo più meridionale della poderosa figura di blocco anticiclonica, dai bassopiani della Siberia occidentale, e nei casi più estremi, pure dalle innevate steppe del Kazakistan e dal cuore della Siberia centrale, si muove verso le pianure della Russia europea, prima di invadere l’Europa centro-orientale.

Ecco l’incredibile equivoco italiano

Qui bisogna fare molta attenzione. Perché, mentre l’anticiclone termico “russo-siberiano” può raggiungere il cuore dell’Europa, il “buran” non può valicare i confini. Per il semplice motivo che non fa parte della rosa dei venti italiana, o di altri Paesi europei. Non è un caso che già in Polonia, in Estonia, o in altri Paesi che confinano con la Russia (dove si parla anche russo), i gelidi venti da NE e Est vengono chiamati con nomi differenti.

neve
Neve su Genova: quando in Italia si presentano ondate di freddo provenienti da nord-est, molti media parlano di "buran in arrivo".

La stessa cosa vale pure in Italia, dove esiste una rosa dei venti specifica, sia su scala locale (“bora”, “garbino”) che nazionale (“tramontana”, “libeccio”). Chiamare “buran” un vento freddo da N-NE che ti porta aria molto fredda, di lontane origini artiche (dalla Calotta), che poi si “continentalizza sulle pianure russe, non ha alcun significato dal punto di vista “etimologico”.

Sarebbe come chiamare “scirocco” il vento da sud-est che soffia su Mosca, quando una depressione dalla Polonia si sposta verso la Bielorussia.

O come chiamare “maestrale” il vento da nord-ovest che spira frequentemente in Siberia orientale. Un russo di sicuro non capirebbe, visto che il vento da nord-ovest per la rosa dei venti locale è chiamato “purga”.

Se dovessimo ragionare in questo modo l’istituzione della rosa dei venti, e del suo significato, non avrebbe alcun senso. E cosi il primo “scirocco” di stagione lo potremo chiamare “ghibli” o “chichili”. O il “fohn” alpino “zonda” (come si usa nelle Ande).