Astronomi giapponesi osservano la morte di una delle prime galassie dopo il Big Bang
Ricercatori giapponesi trovano una delle prime galassie dopo il Big Bang nelle fasi finali della formazione stellare. La galassia appare inattiva e con una grande massa.
Le prime grandi galassie e quindi quelle con le masse maggiori sono forse le progenitrici delle galassie ellittiche giganti. Queste hanno smesso di formare stelle molto tempo fa, motivo per cui sono conosciute come “galassie massicce inattive”. In queste galassie, la formazione stellare è avvenuta in un unico evento (chiamato “starbust”) che ha esaurito il gas in esse presenti, impedendo successivi eventi di formazione stellare. Questi oggetti, quindi, potrebbero essere la chiave per migliorare la nostra comprensione del processo di evoluzione delle galassie.
Finora sono state rilevate pochissime galassie di questo tipo a grandi distanze con uno spostamento verso il rosso (z) maggiore di 4,0, e sono state confermate dalla tecnica spettroscopica. Trovare nuove galassie di questo tipo è di grande importanza per gli astronomi, poiché questi oggetti potrebbero aiutarci a comprendere le prime fasi dell'universo dopo il Big Bang.
Lo spostamento verso il rosso, o “z”, viene utilizzato in astrofisica per determinare la distanza di galassie distanti e dipende dalla velocità con cui si allontanano da noi. Più lontane sono le galassie, maggiore la loro velocità di allontanamento e maggiore il loro valore z di spostamento verso il rosso.
Il 29 agosto, in un articolo sottomesso alla rivista Astrophysical Journal (APJ) ma ancora in fase di revisione (vedi arXiv), un team di astronomi ha riferito della scoperta di una nuova galassia massiccia, inattiva e con un elevato spostamento verso il rosso. La galassia, che ha ricevuto la designazione COSMOS-1047519, è stata rilevata con l'aiuto del telescopio Keck I alle Hawaii.
La galassia inattiva più giovane
Un team di astronomi guidato da Takumi Kakimoto dell'Università di Studi Avanzati del Giappone ha confermato il rilevamento di una galassia inattiva di massa elevata, con uno spostamento verso il rosso o una distanza molto grande.
Il ricercatore ha spiegato che la distanza a z =4.53, già nota per questa galassia inattiva, ora è stata da loro conferma spettroscopicamente grazie alle osservazioni fatte con lo strumento MOSFIRE montato sul telescopio Keck I. Utilizzando sia fotometria che spettroscopia hanno confermato la massa la grande massa della galassia e il tasso di formazione stellare molto basso.
Le osservazioni hanno scoperto che COSMOS-1047519 ha una massa di circa 60 miliardi di masse solari e un tasso di formazione stellare (SFR, star formation rate) di sole 10 masse solari all'anno, incredibilmente 10 volte più basso rispetto ad altre galassie simili. Si stima che questa galassia si sia formata circa 180 milioni di anni dopo il Big Bang.
Gli astronomi hanno sottolineato che l'SFR stimato è ben inferiore a quello stimato per altre galassie che hanno uno spostamento z verso il rosso simile a quello di COSMOS-1047519. La storia della formazione stellare di COSMOS-1047519 dedotta dalle caratteristiche spettrali suggerisce che la galassia abbia subito un unico evento relativamente breve di intensa formazione stellare (“starbust") seguito da un rapido raffreddamento su una scala temporale di circa 100 milioni di anni.
I risultati rendono quindi COSMOS-1047519 una delle galassie inattive più giovani, cioè formatesi poco dopo il Big Bang, con uno spostamento verso il rosso maggiore di 3,0.
Sfide del futuro
Cercando di trovare i processi fisici responsabili della soppressione della formazione stellare in COSMOS-1047519, gli autori dell'articolo propongono l'ipotesi più plausibile.
La rapida soppressione della formazione stellare delle prime galassie durante il primo miliardo di anni di storia cosmica rappresenta una sfida importante per la nostra comprensione della fisica della formazione delle galassie e dell’evoluzione dell’universo primordiale. Qualcosa che senza dubbio cambierà con l’analisi delle osservazioni del telescopio spaziale James Webb, che ha confermato l’esistenza di questo tipo di galassie in quantità sostanziali nelle prime centinaia di milioni di anni.