Le ali delle farfalle ispirano una nuova fonte di energia che già alimenta piccoli dispositivi elettronici

Ispirati dalla formazione delle ali delle farfalle, gli scienziati stanno esplorando il potenziale energetico della chitina e le sue possibili applicazioni nella biomedicina e nell'energia.

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Il volo della farfalla ispira gli scienziati alla ricerca di nuove fonti di energia.

La metamorfosi: quando la pupa, che prima era larva e poi bruco, spiega per la prima volta le sue ali colorate e diventa farfalla. Questo processo ha ispirato artisti e filosofi. E anche gli scienziati, perché nasconde, a livello molecolare, un potente meccanismo di generazione di energia che potrebbe aprire enormi possibilità all’ingegneria e alla medicina.

Le ali delle farfalle sono fatte di chitina, il secondo polimero più abbondante negli ecosistemi, presente nei gusci dei crostacei e di molti insetti.

Mentre le ali si aprono, il sangue pompa attraverso il corpo della farfalla e il materiale chitinoso interagisce con l'ambiente, si disidrata e si riorganizza per produrre la forza e la rigidità necessarie affinché le ali possano svolgere il loro lavoro.

Questo delicato meccanismo ha ispirato un team di scienziati dell’Università di Tecnologia e Design di Singapore (SUTD), che ha deciso di dimostrare che i film chitinosi sensibili all’umidità possono generare energia meccanica ed elettrica scambiando acqua con l’ambiente, e che questa energia può essere utile per gli esseri umani.

Forza ed energia autonome

Per verificare l’ipotesi, i ricercatori hanno estratto polimeri di chitina dai gusci di gamberetti scartati, creando pellicole spesse 130,5 micrometri. Hanno esaminato il modo in cui le forze esterne influenzano i film di chitina, tenendo conto dei cambiamenti nell'organizzazione molecolare, nella percentuale di acqua e nelle proprietà meccaniche.

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I film di chitina riorganizzati potrebbero contrarsi e rilassarsi in risposta ai cambiamenti ambientali e senza alcun altro intervento, nello stesso modo in cui alcuni insetti cambiano il loro guscio per rispondere a diverse situazioni ambientali. Hanno osservato che i film chitinosi potevano sollevare più di 4,5 chilogrammi. I ricercatori hanno poi assemblato le pellicole su un braccio meccanico appositamente costruito.

Controllando attentamente l'umidità dell'ambiente e i processi biochimici, il braccio ha raggiunto una forza di presa di 18 chili, che rappresenta più della metà della forza di presa di una persona adulta.

"Abbiamo dimostrato che anche dopo essere stati estratti da fonti naturali, i polimeri chitinosi mantengono la loro naturale capacità di collegare tra loro diverse forze, organizzazione molecolare e contenuto di acqua, per generare movimento meccanico e produrre elettricità senza la necessità di una fonte di alimentazione esterna o di un sistema elettrico".

Lo ha detto a Europapress il professor Javier Fernández, responsabile della ricerca. Ma i ricercatori sono andati oltre. Hanno scoperto che il movimento meccanico dei film di chitina, in risposta ai cambiamenti di umidità nell’ambiente, viene convertito in corrente elettrica sufficiente ad alimentare piccoli dispositivi elettronici.

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La chitina può essere ottenuta facilmente e in modo sostenibile da più organismi

Lo studio, pubblicato su Advanced Materials Technologies, offre enormi possibilità per l'ingegneria e la biomedicina, grazie ai suoi possibili usi in protesi e impianti. Inoltre, lo studio aggiunge la prova che questo polimero può essere una componente centrale nella transizione verso un paradigma sostenibile, la cosiddetta era dei biomateriali.

“La chitina viene utilizzata per molte funzioni complesse in natura, dalla realizzazione delle ali degli insetti alla formazione dei robusti gusci protettivi dei molluschi, e ha un’applicazione ingegneristica diretta. La nostra capacità di comprendere e utilizzare la chitina nella sua forma nativa è fondamentale per consentire nuove applicazioni e sviluppi ingegneristici all’interno di un paradigma di integrazione ecologica e a basso consumo energetico”, ha affermato Fernández.