Alcuni buchi neri potrebbero essere molto più vicini alla Terra di quello che pensavamo
Un recente studio ha scovato nell’ammasso delle Iadi i buchi neri più vicina alla Terra, riducendo di oltre 10 volte la distanza minima di un buco nero dal nostro pianeta.
Quest’estate è stato pubblicato su Monthly Notices of the Royal Astronomical Society un innovativo studio che, se confermato, porterebbe ad una riduzione drastica della nostra distanza dai primi buchi neri.
Infatti fino a pochi mesi fa si credeva che il buco nero più vicino al Sistema Solare si trovasse a circa 1600 anni luce da noi e si trattasse di Gaia BH1, un sistema binario composto da una stella di tipo spettrale G nella sequenza principale e da un buco nero di massa stellare, ovvero un buco nero che si forma dal collasso gravitazionale di una stella massiccia alla fine della sua evoluzione, quando la stella da luogo all’esplosione di una supernova o un gamma ray burst.
Nuovi risultati aprono scenari ben diversi
Secondo il recente studio invece, i buchi neri più vicini si trovano ad appena 150 anni luce da noi, nell’ammasso delle Iadi, un brillante ammasso stellare aperto visibile nella costellazione del Toro, che è anche il più vicino ammasso stellare aperto.
Un ammasso aperto è un gruppo composto da centinaia di stelle ancora unite dalla reciproca attrazione gravitazionale, che hanno avuto origine in maniera pressoché simultanea da una nube molecolare gigante. Si trovano solo all’interno del disco galattico e per questo motivo vengono chiamati anche ammassi galattici.
Al momento quella dei ricercatori è ancora una ipotesi, pare però che grazie ad una serie di simulazioni N-body la migliore corrispondenza tra osservazioni e simulazioni la si ottiene inserendo al centro dell’ammasso stellare alcuni buchi neri.
Le osservazioni con cui sono state confrontate le simulazioni sono quelle ottenute dal satellite Gaia dell’Agenzia Spaziale Europea (ESA).
La missione Gaia e le sue osservazioni accurate
La missione Gaia ha proprio lo scopo di ottenere una mappa tridimensionale della nostra galassia, svelandone la composizione, la formazione e l’evoluzione. Nei suoi quasi 10 anni di osservazioni Gaia ha scansionato continuamente tutto il cielo grazie agli innovativi strumenti in sua dotazione, tra cui due telescopi con campi di vista diversi e piano focale in comune, una serie di specchi e più di cento CCD che corrispondono a quasi un miliardo di pixel, tutto questo per poter effettuare misure di astrometria di altissima precisione, duecento volte maggiore rispetto a quelli del suo predecessore Hipparcos.
È proprio grazie a queste misure incredibilmente accurate che i ricercatori hanno scoperto che per ottenere un buon riscontro tra questi dati e quelli simulati è necessario che nell’ammasso siano presenti due o tre buchi neri, il che li renderebbe i più vicini a noi tra quelli ad ora conosciuti.
Al momento non siamo stati ancora in grado di osservare questi buchi neri, ma se dovessero venirsi a formare sistemi binari tra una stella e un buco nero si potrebbero avere evidenze della loro presenza dal moto della stella compagna. Non resta quindi che effettuare nuove osservazioni per confermare o smentire questa nuova teoria.