Stratwarming in arrivo, gelo e neve sull'Italia a fine gennaio?
Un intenso riscaldamento della stratosfera artica potrebbe mettere in crisi la figura del vortice polare, freddo, neve e gelo potrebbero muoversi verso l'Europa e sull'Italia nei prossimi giorni.
Con il termine “stratwarming” ci si riferisce ad un anomalo riscaldamento della stratosfera terrestre sopra la regione artica, indotto da vari fattori, ancora da definire. Fra questi vi potrebbero rientrare l’attività solare e soprattutto l’intensità delle onde planetarie che attraversano l’emisfero.
Lo stratwarming si presenta quasi sempre nel periodo invernale, in più sembra interessare in misura maggiore l’emisfero settentrionale, ed in misura minore quello meridionale, dove il fenomeno è ben più raro.
Questo anomalo riscaldamento della bassa stratosfera, una volta attivo, tende gradualmente ad espandersi verso l’alta troposfera, con un importante aumento termico che ha delle conseguenze importanti sull’evoluzione meteorologica al suolo.
Come si origina?
Con molta probabilità questi intensi e repentini riscaldamenti della stratosfera polare sono generati dal trasporto di calore, dal basso verso l’alto, dalle “onde di Rossby”, quando quest’ultime tendono a dissiparsi nell’alta troposfera. In questi casi il trasporto di calore, dalla troposfera alla stratosfera, quando le condizioni ambientali sono favorevoli, oltre a scaldare notevolmente la stratosfera, provoca una instabilizzazione della struttura del vortice polare.
Nel mese di dicembre, il vortice polare era ad abbastanza forte e gelido, raggiungendo velocità del vento zonale elevatissime. Temperature gelidissime fino a pochi giorni fa si registravano in tutta la stratosfera artica, con picchi di ben -90°C raggiunti a 20 km di altezza, sulla verticale delle Svalbard.
Segno della presenza di un vortice troposferico solidissimo. I problemi sono iniziati verso la parte finale del mese, quando è iniziato il riscaldamento stratosferico, al traverso della Siberia orientale.
L’aumento delle temperature in stratosfera potrebbe essere correlato con l’imponente anticiclone che si è venuto a formare sull’Asia orientale, caratterizzato da una importante componente dinamica in quota, con intensi “forcing” subtropicali e tropicali (flussi di aria calda in media e alta troposfera) in risalita dalle latitudini tropicali.
Quest’aria calda, portata fin sull’Artico da una immensa “onda di Rossby”, potrebbe contribuire a deformare gli strati esterni del vortice polare. Il nucleo freddo del vortice polare è ancora piuttosto intatto a questo punto, mantenendo temperature più fredde di -80°C sopra la Groenlandia e l’Artico norvegese.
Cosa succede con lo stratwarming?
Lo stratwarming è in grado di produrre una rottura o separazione (detto “split”) in due o più “lobi” del cosiddetto vortice polare. Spezzandosi in più “lobi”, che tendono a muoversi verso le latitudini più meridionali (in genere quelli principali si collocano tra l’Artico canadese, la Scandinavia e la Siberia orientale), apportando condizioni di maltempo, nevicate e un consistente calo termico fra Europa, nord-America e Asia centro-settentrionale, sul Polo Nord si forma un’area di alta pressione, con massimi barici che possono superare pure i 1040 hHa.
Le più grandi ondate di gelo che hanno investito il continente europeo nel 1929, 1963 e 1985, sono tutte associate ad un importante evento di “major stratwarming”.
In genere, non appena gli effetti dello stratwarming iniziano a dissiparsi, il vortice polare può ricomporsi dopo 15 giorni lungo le latitudini artiche, riposizionando il proprio minimo depressionario principale sopra il mar Glaciale Artico.
Come già preannunciato lo “stratwarming”, con molta probabilità, comincia ad insorgere quando la circolazione generale emisferica comincia a presentare un andamento piuttosto ondulato, per lo sviluppo di “forcing” troposferici sempre più intensi, specie fra il Pacifico settentrionale e il nord Atlantico, dove vanno a costruirsi imponenti “blocking” (promontori anticiclonici di blocco, distesi lungo i meridiani) che arrestano le impetuose correnti zonali.
In questa fase sopra le latitudini artiche, a causa degli intensi “forcing” nell’alta troposfera, si possono verificare degli intensi riscaldamenti stratosferici che tendono a propagarsi verso l’alta troposfera, favorendo un sensibile aumento dei valori di geopotenziale che vanno ad instaurare una struttura anticiclonica dinamica troposferica sopra l’Artico.
Un evento di “major stratwarming”, abbastanza forte, le temperature nella bassa stratosfera artica possono crescere in modo drastico, anche di +50°C +60°C rispetto ai valori standard.
Una anomalia termica positiva veramente impressionante che può produrre (non capita in tutti i casi) un vero e proprio sconvolgimento barico sulla troposfera sottostante. Il meccanismo è sempre lo stesso.
L’intenso surriscaldamento, che interessa la parte bassa della stratosfera, tende inevitabilmente ad estendersi verso il basso, interessando pure l’alta troposfera. Qui il sensibile aumento termico, che scivola dalla stratosfera, produce un forte aumento dei valori di geopotenziale.
Si vengono così a creare dei massimi di geopotenziale, fra bassa stratosfera e alta troposfera, i quali tendono a collaudare una imponente area anticiclonica, ben strutturata nell’alta troposfera, che si estende ulteriormente verso il basso, andando così a destabilizzare la figura del vortice polare, la quale, di tutta risposta all’attacco anticiclonico e all’improvviso aumento dei geopotenziali in quota, andrà a spaccarsi in due o più “lobi” (“split”) in movimento verso le medie latitudini, fra l’Asia settentrionale, il nord America e l’Europa.
I vari “lobi” secondari del vortice polare, scivolando verso le medie latitudini, vengono alimentati dal costante afflusso di masse d’aria molto gelide, d’estrazione artica, spinte dal robusto anticiclone artico che si va a collocare, temporaneamente, al di sopra del mar Glaciale Artico, con massimi barici che spesso possono oltrepassare i 1040-1050 hPa.
Gelo e neve sull'Italia? Attenzione alle illusioni
Prima di concludere bisogna sottolineare come senza la complicità delle due importanti figure anticicloniche oceaniche dell’emisfero boreale, l’alta pressione delle Aleutine sul nord Pacifico e quello delle Azzorre sull’Atlantico settentrionale, lo stratwarming sopra l’Artico alle volte non basta per produrre importanti ondate di gelo verso le basse latitudini.
Anzi, se l’intenso riscaldamento della stratosfera non riuscirà a propagarsi in maniera omogenea agli strati inferiori, fino a penetrare nell’alta troposfera, favorendo un significativo aumento dei geopotenziali, i risultati, sulla circolazione generale dell’atmosfera, saranno nulli, senza alcun tipo di conseguenza.
Occorre ricordare anche come un eventuale “split” del vortice polare stratosferico si possa interfacciare con un vortice troposferico ancora freddo e compatto, incapace di portare quei cambiamenti congeniali in seno alla circolazione generale dell’atmosfera.
Senza la collaborazione della troposfera lo stratwarming potrebbe essere improduttivo. Senza una predisposizione lungo i meridiani delle due importanti figure anticicloniche oceaniche, con grossi e robusti “blocking” che riescono ad arrestare il flusso delle “westerlies” sull’intero emisfero (“2 wave pattern”), non potremo mai avere la strada spianata per la discesa di grandi blocchi di aria gelida polare, direttamente dalla Calotta dell’Artico, lungo i bordi orientali delle circolazioni anticicloniche.
Queste sono le condizioni adatte anche per l’attivazione dei cosiddetti flussi retrogradi (o antizonali), che trasportando le masse d’aria molto gelide, di natura continentale (“freddo pellicolare” siberiano), dalle pianure Sarmatiche fino al cuore dell’Europa. Quelli che portano pure le ondate di gelo.