Ecco come il gelo estremo in Siberia influenzerà il tempo sull'Italia
Le temperature estremamente gelide registrate nel comparto orientale della Siberia, dove si sono registrati valori di -62°C, fra meno di una settimana avrà importanti conseguenze anche in Europa e sull'Europa.
Dopo il picco di gelo raggiunto a inizio dicembre, con valori di -60°C registrati in diverse località della Jacuzia, fra cui l’ormai famoso villaggio di Ojmjakon, nei giorni scorsi, nel cuore della Siberia centro-orientale, la località di Dzalinda ha registrato una temperatura minima gelidissima di ben -61,9°C, uno dei valori più bassi di sempre, a circa +0,1°C dal suo record di freddo mensile.
Questo forte raffreddamento è stato indotto dallo scivolamento, direttamente dalla Calotta Artica, di una massa dì aria molto gelida in quota, facente capo alla circolazione ciclonica del “lobo siberiano” del vortice polare, hanno favorito lo sviluppo di un massiccio strato d’inversione termica che ha fatto sprofondare i termometri ben al di sotto dei -60°C.
Gelo come ai vecchi tempi in Siberia
Dal punto di vista statistico questi -62°C di Dzalinda rappresenterebbero il valore termico più basso raggiunto in Siberia, dal 2002 ad oggi. Si tratta di un dato veramente notevole, che testimonia la portata del freddo che in questi giorni sta interessando un po’ tutta l’area siberiana centro-orientale.
Notevolissimi pure i -60,3°C registrati poco distante (si fa per dire visto le immensità del territorio russo in Asia) a Olenek. Questa località dal 1959 non scendeva così in basso a gennaio, quando si registrano -62,9°C, il suo record assoluto. Dal 1969 Olenek non scendeva così in basso, quando archivio una minima di -59,6°C a febbraio, mentre il record di freddo di dicembre si attesta a -61,8°C, raggiunti nel dicembre del 1958.
Sostanzialmente per rivedere simili temperature sulla Siberia, in questo periodo dell’anno, bisogna tornare indietro al gennaio del 1982, quando si registrarono -65,7°C a Batamaj, -65,2°C a Ulakhan Kyuel, -65°C a Iema, -63°C a Verhojansk, -62,1°C a Ojmjakon.
A cosa è dovuto questo forte gelo?
In questo periodo dell’anno su tutta l’area continentale dell’Eurasia si verificano delle fortissime inversioni termiche, favorite sia dalle poche ore di luce (raggi solari troppo inclinati per riscaldare il suolo innevato) che dalla presenza nei bassi strati di una ventilazione piuttosto “lasca” e dalla neve ghiacciata che ricopre il suolo.
Questi fattori contribuiscono, fra di loro, ad accentuare notevolmente il processo di “raffreddamento pellicolare”, ossia il notevole raffreddamento dello strato d’aria in prossimità del suolo innevato che nei prossimi due mesi coinvolgerà da vicino gran parte del territorio siberiano, dagli Urali fino alle coste dell’estremo oriente siberiano, dove nei bassi strati comincerà a prendere forma l’anticiclone termico “russo-siberiano”.
Ecco perché si sviluppa l’anticiclone termico
Il gelo che si accumula al suolo, sulle vaste pianure e sugli altopiani della Siberia, genera un anticiclone superficiale, i cui valori barici possono tranquillamente superare i 1050/1060 hPa.
Valori termici così bassi sono dovuti alla rapida dispersione del calore per irraggiamento notturno, mentre valori barici così elevati sono una conseguenza del fatto che l’aria gelida è pesante si accumula nei bassi strati, stratificandosi. Qui si spiega la natura pellicolare dell’aria polare continentale fredda che caratterizza questo anticiclone.
Se l’aria gelida nei bassi strati tende ad accumularsi al suolo, all’interno della colonna atmosferica si verifica uno svuotamento dei piani medio-alti della troposfera. Questa azione comporta quindi un abbassamento delle altezze di geopotenziale che si portano a quote più basse. Ecco perchè all’interno dell’area anticiclonica presente sopra la Siberia le altezze di geopotenziale a 500 hPa (oltre 5000 metri) sono relativamente più basse, rispetto a quelle che possiamo osservare per esempio in pieno Atlantico, o sul Mediterraneo.
Quali conseguenze può arrivare questo raffreddamento siberiano sull’Italia?
Questo intenso raffreddamento dell’area siberiana avrà una ripercussione indiretta sull’andamento del tempo in Europa e in Italia. Non tanto in termini di freddo, quanto in una ulteriore intensificazione del flusso perturbato atlantico, fra il continente nord Americano e l’Europa.
Il forte raffreddamento della Siberia orientale sta provocando un sensibile inasprimento del “gradiente termico orizzontale” e del “gradiente di geopotenziale” fra l’area siberiana e le coste cinesi orientali, con una conseguente intensificazione del flusso della “corrente a getto”, che dalla Cina, tramite il Giappone esce dal continente asiatico, spingendosi verso l’America settentrionale.
La “corrente a getto” così forte non fa altro che alimentare il flusso umido perturbato delle medie latitudini (le famose westerlies), sia sul Pacifico che sul nord Atlantico, spingendo una serie di perturbazioni verso il nord America, con piogge molto intense sugli stati della West Coast, e dalla prossima settimana pure sull’Europa e sull’Italia.
In pratica l’effetto a cascata prodotto dal raffreddamento dell’area siberiana sarà un ulteriore rafforzamento del flusso perturbato principale sull’Atlantico settentrionale, il quale scorrerà assumendo una marcata componente zonale che penetrerà fin sull’Europa centro-orientale, dove le umide e miti correnti oceaniche riusciranno a penetrare fino al bassopiano Sarmatico.
Quindi in parole povere questo gelo che ha colpito l’area siberiana favorirà un abbassamento di latitudini del flusso perturbato atlantico, con l’ingresso di più perturbazioni oceaniche sul Mediterraneo, pronte ad attraversare il nostro Paese dalla prossima settimana, portando piogge, rovesci, temporali, neve in montagna e forti venti e mareggiate.