Scoperta la faglia responsabile del sisma che distrusse Messina

La pericolosa faglia scorre sotto il fondale marino dello Stretto di Messina e sarebbe in grado di generare sismi di 6,9 Richter. Ecco i risultati di un recente studio.

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Le macerie dei palazzi che un tempo contornavano il porto della città di Messina, a seguito del terremoto del dicembre 1908.

Dopo decenni di studi e dibattiti scientifici internazionali, finalmente sembra di essere arrivati a individuare la geometria e l’esatta posizione della faglia dello Stretto di Messina, che più di 100 anni fa provocò la più grave catastrofe sismica d'Europa, il terremoto di Messina Reggio di Calabria del 28 dicembre 1908.

Lo studio sulla faglia responsabile del terremoto di Messina del 1908

Lo studio, condotto sui fondali marini dello Stretto di Messina, è frutto di una collaborazione internazionale tra il Dipartimento di Scienze biologiche, geologiche e ambientali dell'Università di Catania, il Center for Ocean and Society- Institute of Geosciences dell'Università di Kiel in Germania e l'Osservatorio etneo dell'Istituto nazionale di geofisica e vulcanologia, svela, per la prima volta, l'ubicazione e le caratteristiche geometriche della possibile faglia da cui si originò il devastante sisma.

La ricerca dal titolo "The Messina Strait: Seismotectonic and the Source of the 1908 Earthquake" è stata pubblicata sulla prestigiosa rivista internazionale Earth-Science Reviews.

La storia del catastrofico sisma del 28 dicembre 1908

La mattina del 28 dicembre 1908, alle 5:21 locali, un devastante terremoto che raggiunse intensità XI della scala Mercalli (magnitudo stimata 7.1 Richter) provocò distruzione e morte tra Reggio e Messina. Il movimento tellurico, oggi ricordato nei cataloghi sismici come il più potente mai registrato in Europa in epoca strumentale, fece vibrare la terra per più di 36 secondi e portò alla distruzione completa delle città di Messina e Reggio Calabria e di altri numerosi centri minori, causando la morte di 100 mila persone.

Il terremoto fu avvertito distintamente in tutta l'Italia meridionale, in Montenegro, in Albania, ma anche in Grecia e a Malta e fu seguito, in meno di 10 minuti, da uno tsunami che superò localmente i 10 metri di altezza.

Il terremoto fu seguito da uno tsunami che superò localmente i 10 metri di altezza

La scossa fu registrata da numerose stazioni sismiche sparse in tutto il mondo che ne collocarono l'epicentro in mare lungo l'asse dello Stretto di Messina. Da quel disastroso evento, numerosi studi scientifici effettuati da ricercatori di tutto il mondo hanno cercato di individuare e caratterizzare la struttura tettonica responsabile del terremoto (faglia o sorgente sismogenetica).

Tuttavia, i numerosi modelli geologici proposti, spesso contrastanti, hanno alimentato negli anni un acceso dibattito nella comunità scientifica, senza tuttavia pervenire ad una soluzione scientificamente condivisibile.

Le difficoltà dello studio

L'interpretazione delle faglie nell'area è tutt'altro che semplice, visto che lo Stretto è considerato un puzzle tettonico per tutti gli esperti di sismologia. Stavolta l’utilizzo di tecniche di ricerca più sofisticata, con il supporto dell’odierna tecnologia, ha aiutato gli scienziati a raggiungere questo prestigioso obiettivo.

Lo studio attuale si è basato principalmente sulla interpretazione di 35 profili sismici a riflessione di alta risoluzione (una sorta di ecografia del fondale marino), oltre che sull'analisi di dati sismologici e geomorfologici esaminati in maniera multidisciplinare.

"L'ecografia del fondale ha consentito di individuare in modo inequivocabile una profonda spaccatura nel fondale dello Stretto di Messina - spiegano i ricercatori - la faglia mostra evidenze di attività recente poiché disloca il fondale marino con scarpate fino a 80 metri di altezza. L'analisi sismica in ambiente 3D e studi geomorfologici sul terreno hanno poi permesso di seguire la faglia per tutto il suo sviluppo ottenendo, dunque, preziose informazioni sulla sua lunghezza, un parametro fondamentale per la stima della magnitudo massima attesa in caso di riattivazione della stessa ma anche un raffronto con l'evento del 1908".

Alta immagine tratta da Wikipedia mostra le località interessate dal sisma illustrate su una vecchia cartolina

La struttura corre lungo l'asse dello Stretto ed è individuabile a circa 3 chilometri dalle coste della Sicilia", aggiunge Giovanni Barreca, coordinatore della ricerca: "alla latitudine di Messina, la spaccatura curva verso Est penetrando nell'entroterra calabro per proseguire poi lungo l'asta fluviale del torrente Catona, una incisione fluviale tra Villa San Giovanni a Nord e Reggio Calabria a Sud".

La faglia è inclinata verso Est e raggiunge la lunghezza massima di 34,5 km, quindi sarebbe leggermente inferiore ai 40 km ipotizzati negli studi precedenti. Secondo le relazioni lunghezza-magnitudo, la faglia è in grado di scatenare terremoti di magnitudo 6.9 Richter, una energia molto simile a quella liberata durante il terremoto del 1908.

Questo dato, insieme all'analisi critica delle fonti storiche (ad esempio la distribuzione del danno e della fratturazione al suolo, la rottura di un cavo telefonico tra Gallico e Gazzi) e allo sviluppo di modelli matematici di dislocazione, suggerisce di fatto che la struttura tettonica individuata sia verosimilmente proprio quella che più di 100 anni fa causò il devastante sisma dello Stretto.

Le coste di Calabria e Sicilia si allontanano?

La ricerca affronta inoltre il tema controverso del meccanismo all'origine dell'allontanamento in atto tra la Sicilia e la Calabria (circa 3,5 mm all'anno), individuandone il motore nelle profondità crostali dove una ulteriore discontinuità è indiziata di favorire lo movimento verso est di un esteso blocco di crosta comprendente l'area dello Stretto e parte della Calabria meridionale.

Questo movimento avverrebbe sotto l'effetto della gravità e in maniera quasi asismica (cioè non generando terremoti di elevata energia), ma al tempo stesso incoraggerebbe la rottura fragile di alcune faglie più superficiali, tra cui la rottura cosismica individuata nello studio, con liberazione di energia elastica.