Alla scoperta del vortice polare: ecco come influenza l'inverno
Ecco come la figura del vortice polare può influenzare gli inverni lungo le medie latitudini. Un articolo di divulgazione meteorologica per saperne di più su questo complesso fenomeno.
Il vortice polare è una profonda figura ciclonica, colma di aria molto gelida a tutte le quote, che staziona in modo semi-permanente sopra il mar Glaciale Artico. Esso è identificabile in un profondo vortice di bassa pressione, ben strutturato in quota, nella media troposfera, caratterizzato da bassissimi valori di geopotenziali, legati ad isoterme molto gelide, anche sotto i -45°C -50°C alla quota di 500 hPa.
Come nasce il vortice polare?
Molte scuole di meteorologia sinottica mitteleuropee e statunitensi ritengono che la formazione di questa figura ciclonica semi-permanente, sopra il Polo Nord, sia da attribuire al flusso zonale (le forti correnti occidentali) che scorrendo alle alte latitudini, intorno alla Terra, danno vita ad un vortice depressionario, con tanto di isobare chiuse, approssimativamente circolari e concentriche attorno al mar Glaciale Artico.
Ovviamente, trattandosi di una figura barica semi-permanente, nel corso dell’anno subisce dei periodici spostamenti che possono essere indotti da vari fattori, in sede troposferica, ma anche nella bassa stratosfera, come capita spesso nel cuore della stagione invernale. Con i suoi periodici spostamenti su larga scala il vortice polare riesce ad influenzare l’andamento meteo/climatico sull’intero emisfero boreale, grazie all’interazione a distanza con gli anticicloni subtropicali, presenti alle basse latitudini.
Vortice polare compatto
Nei periodi in cui la circolazione generale assume uno spiccato indice zonale, con un “getto polare” ben stirata e frequenti “jet streak” (massimi di velocità propri della “corrente a getto”) che attraversano gran parte dell’emisfero, il vortice polare tende a ricompattarsi in sede artica, con una profondissima circolazione depressionaria principale, colma di aria gelida, attiva sopra il mar Glaciale Artico, a cui si associano altre aree cicloniche secondarie che rinvigoriscono importanti figure di bassa pressione, come la famosa depressione semi-permanente d’Islanda o la depressione delle Aleutine.
Quando si verifica tale configurazione, come nelle ultime settimane, le gelide masse d’aria artiche rimangono confinate alle alte latitudini, dove vi possono stagnare anche per più settimane, prima di un rallentamento dell’intenso flusso occidentale, che solitamente agevola l’azione dei “forcing” troposferici (avvezioni di aria calda) diretti oltre il circolo polare Artico.
Quando il “getto polare” comincia a rallentare e a indebolirsi, per una nota legge fisica, essa comincia ad ondularsi su sé stessa, creando delle grandi onde su scala planetaria, meglio note come “onde di Rossby”, che impostano le principali figure bariche sull’intero emisfero.
Come si indebolisce il vortice polare?
In questo caso, con l’innesto dei cosiddetti scambi meridiani (scambi di calore fra tropici e polo), le masse d’aria calde, d’origine sub-tropicale, cavalcando le “onde di Rossby”, tendono a muoversi fino alle latitudini artiche, arrivando ad intaccare il vortice polare, iniettando al suo interno aria decisamente più calda che va a metterlo in crisi, spaccandolo in più parti, dette “lobi” del vortice polare.
Se il “forcing” è abbastanza intenso, supportato da una o più estese “onde di Rossby”, il vortice polare può frammentarsi in più circolazioni depressionarie che tendono ad estendersi verso sud, specie nel periodo invernale, andando così ad influenzare profondamente le condizioni meteorologiche nel continente europeo, asiatico o americano, in base all’espansione verso le basse latitudini dei vari “lobi” che ne fanno parte.
Correlazioni con gli indici AO e NAO
Evolvendo verso le basse latitudini questi vortici depressionari, colmi di aria fredda a tutte le quote, originano le intense ondate di freddo che trasportano le gelide masse d’aria, presenti sopra la Calotta Artica, verso l’Europa, l’Asia centro-settentrionale e il nord-America, con profonde avvezioni fredde che possono dare origini ad importanti episodi di gelo nella stagione invernale. Per valutare l’intensità del vortice polare si può fare uso di un parametro importante come l’AO, l’Oscillazione Artica (in inglese Arctic Oscillation).
Quest’ultima è correlata con l’indice NAO, l’Oscillazione Nord Atlantica (in inglese North Atlantic Oscillation), indicante le oscillazioni di pressione tra l’Islanda, sede di una profonda area depressionaria, e le Azzorre, dove invece staziona per gran parte dell’anno l’importante anticiclone dinamico sub-tropicale.
Situazioni che portano alla rottura del vortice polare
Con il termine “Stratwarming” ci si riferisce ad un anomalo riscaldamento della stratosfera terrestre, indotto da vari fattori, ancora da definire. Fra questi vi potrebbero rientrare l’attività solare e l’intensità delle onde planetarie che attraversano l’intero emisfero. Lo “Stratwarming” si presenta quasi sempre nel periodo invernale, in più sembra interessare in misura maggiore l’emisfero settentrionale, in misura minore quello meridionale, dove il fenomeno è ben più raro.
Questo anomalo riscaldamento della bassa stratosfera, una volta attivo, tende gradualmente ad espandersi verso l’alta troposfera, con un importante aumento termico che ha delle conseguenze importanti sull’evoluzione meteorologica al suolo.
Lo “Stratwarming” è in grado di produrre una rottura o separazione (detto “split”) in due o più “lobi” del cosiddetto vortice polare. Spezzandosi in più “lobi”, che tendono a muoversi verso le latitudini più meridionali (in genere quelli principali si collocano tra l’Artico canadese, la Scandinavia e la Siberia orientale), apportando condizioni di maltempo, nevicate e un consistente calo termico fra Europa, nord-America e Asia centro-settentrionale, sul Polo Nord si forma un’area di alta pressione, con massimi barici che possono superare pure i 1040-1050 hPa.
Le più grandi ondate di gelo in Europa
Le più grandi ondate di gelo che hanno investito il continente europeo nel 1929, 1963 e 1985, sono tutte associate ad un importante evento di “Stratwarming”. In genere, non appena gli effetti dello “Stratwarming” iniziano a dissiparsi, il vortice polare può ricomporsi dopo 15 giorni lungo le latitudini artiche.