26 aprile 1986, il disastro di Chernobyl
Il 26 di aprile del 1986, il reattore numero 4 della centrale atomica ucraina di Chernobyl, esplodeva causando il più grave incidente nucleare della storia
Il 26 aprile del 1986 si verificava in Ucraina ( a quel tempo appartenente all’URSS), il più grave incidente mai avvenuto in una centrale nucleare: il disastro di Chernobyl. Le conseguenze di quel disastro furono enormi, con la contaminazione radioattiva di vaste aree d’Europa e la morte di migliaia di persone in seguito all'esposizione.
L’incidente al reattore numero 4 della centrale atomica avvenne all’1.24 del 26 aprile. Tuttavia, la gravità di quanto avvenuto venne sottostimata per giorni. Mentre le autorità sovietiche rimandavano l’annuncio al mondo del gravissimo incidente, gli abitanti dei centri più vicini al reattore venivano esposti ad elevati livelli di radiazione. Gli abitanti di Pripjat’, a soli 3 km dal reattore, vennero evacuati solo due giorni dopo.
Le vittime ufficiali del l’incidente furono 31, ma il vero bilancio, se si contano i tantissimi decessi avvenuti negli anni successivi a causa di tumori e malformazioni, ammonterebbe a migliaia di morti.
Migliaia di persone lavorarono per mettere in sicurezza la centrale
Fra le vittime del disastro di Chernobyl bisogna ricordare i tanti lavoratori che vennero inviati sulla zona dell’incidente a lavorare per evitare che le conseguenze fossero ancora peggiori.
Centinaia di migliaia furono le persone che lavorarono come “liquidatori” per decontaminare l’area e per salvare il mondo dal rischio di una ulteriore esplosione che avrebbe avuto conseguenze catastrofiche.
Terribile il destino dei tanti operai che vennero mandati a costruire l’enorme struttura di cemento armato (“il sarcofago”) che per molti anni ha evitato la fuoriuscita di radiazioni. Tremendo anche il compito dei minatori, che furono inviati a costruire un tunnel fin sotto il reattore, attraverso il quale venne scongiurato il rischio di una seconda esplosione. Li chiamarono “bio-robot”. Molti di questi uomini morirono o si ammalarono negli anni successivi.
La nube radioattiva su buona parte dell'Europa: anche in Italia
La nube radioattiva a seguito dell’incidente di Chernobyl fece scattare l’allarme in quasi tutta l’Europa: fu una primavera, quella del 1986, di angoscia. I venti spinsero la nube radioattiva anche sull’Italia, dove venne proibito il consumo di verdure e latte, mentre si consigliava a bambini ed anziani di restare in luoghi chiusi.
Il disastro di Chernobyl aprì gli occhi dell’opinione pubblica mondiale sui rischi della produzione di energia elettrica attraverso la fissione nucleare. In Italia i contraccolpi politici furono fortissimi, perché soltanto un anno dopo dall’incidente un referendum mostrò la contrarietà di milioni di italiani verso l’utilizzo dell'energia nucleare per la generazione di elettricità. Sull’onda di quei referendum, i governi in carica fra il 1988 e il 1990 misero definitivamente fine all'esperienza nucleare italiana (fino a quel punto abbastanza modesta in realtà), con la chiusura delle tre centrali funzionanti e l’abbandono del progetto unificato nucleare.
Dopo Chernobyl, l'Italia disse no all'uso dell'energia nucleare
Recentemente, nel 2011, un nuovo referendum ha bloccato sul nascere i progetti di una nuova stagione nucleare in Italia, sull’onda stavolta di quanto avvenuto presso la centrale nucleare di Fukushima, in Giappone, dopo il terremoto dell’11 marzo 2011.
Le conseguenze ambientali dell’incidente di Chernobyl sono ancora oggi evidenti in Ucraina, con livelli di contaminazione altissima intorno alla centrale, in un raggio di chilometri. Studi recenti hanno messo in risalto come ci siano evidenti mutazioni nella flora e nella fauna locale, e come anche i microrganismi siano stati colpiti dalle radiazioni.