Un fiume atmosferico, convergenza e forzature orografiche: il mix perfetto dell'alluvione catastrofica di Valencia
L’evento alluvionale che ha colpito l’area attorno la città di Valencia rimarrà impresso nella storia climatologica spagnola, e non solo. Il numero di vittime, elevatissimo, purtroppo è destinato a salire ulteriormente.
L’evento alluvionale che ha colpito l’area attorno la città di Valencia rimarrà impresso nella storia climatologica spagnola, e non solo. Il numero di vittime, elevatissimo, purtroppo è destinato a salire ulteriormente.
Pensate che in meno di 8 ore sulle aree montuose a sud-ovest di Valencia sono caduti oltre 430 mm di pioggia, circa 430 litri per metro quadrato. Praticamente l’intero quantitativo pluviometrico che cade durante un intero anno. Questo è il dato che fa davvero impressione, tenendo in considerazione pure che altre stazioni meteorologiche hanno raggiunto valori di 600 mm in 24 ore.
La zona maggiormente colpita è quella di Paiporta, una città di circa 25mila abitanti nell’area metropolitana di Valencia, a sud-ovest della città. Oltre 40 delle 97 persone trovate morte finora vivevano proprio a Paiporta, che al momento è isolata, senza acqua e senza elettricità.
Tra mercoledì e giovedì i media spagnoli hanno raccontato cosa è successo e cosa è rimasto del comune più colpito dal disastro, attraverso le testimonianze delle persone che ci vivono.
Un evento fuori la normale portata climatologica del Mediterraneo
Il tutto è stato causato da precipitazioni decisamente fuori gli standard climatologici dell’area mediterranea (non soltanto spagnola), con accumuli giornalieri localmente maggiori agli accumuli annuali della zona. Vedi le località a sud-ovest di Valencia.
L’evento di portata storica è stato prodotto da un poderoso forcing convettivo che si è sviluppato nel tratto di mare poco a sud di Valencia, per rafforzarsi sui monti dietro la città.
La presenza di una depressione strutturata in quota, ormai da giorni andata in “cut/off”, con il proprio centro di massa centrato a ridosso del Golfo di Cadice, ha creato le condizioni ideali per avere una forte instabilità atmosferica.
Il fiume atmosferico ha inasprito le precipitazioni
Se a ciò gli aggiungiamo pure la risalita di un “fiume atmosferico” dall’Atlantico sub-tropicale, che passando sopra il Marocco si è riversato sul Mare delle Baleari, raggiungendo la costa orientale spagnola, ne esce un quadro sinottico ideale per un evento alluvionale.
Buona parte delle alluvioni avvenute in Europa e nell’area del Mediterraneo sono state associate alla presenza di questi canali di vapore acqueo, provenienti dai tropici. Tale “fiume atmosferico” ha nutrito il temporale, che in poco meno di 8 ore ha riversato oltre 430 mm di pioggia a Chiva, circa 30 km da Valencia.
Il temporale, difatti, è nato all’interno del flusso caldo e molto umido presente sul bordo orientale di questa depressione chiusa in quota, nutrendosi dell’umidità convogliata nell’area da un “fiume atmosferico” proveniente dalle latitudini subtropicali. Senza quell’alimentazione umida il temporale non avrebbe potuto scaricare tutta quell’acqua, in spazi temporali molto ristretti.
Lo sviluppo della convezione esplosiva: il forcing orografico
Anche in questo caso la particolare orografia del territorio della Comunità Valenciana ha giocato un ruolo chiave nello sviluppo di questo imponente sistema temporalesco a mesoscala, responsabile dell’evento alluvionale. La città di Valencia, durante la giornata di martedì 29 ottobre 2014, è stata investita da un teso flusso di venti al suolo da E/NE (flusso sinottico), che hanno spinto aria molto umida verso la costa spagnola.
L’aria umida proveniente dal mare incontrando i monti ad ovest di Valencia è stata costretta a salire repentinamente verso l’alto, tanto da spingere le particelle d’aria a sfondare uno strato d’inversione termica nei bassi strati, creato dall’avvezione calda sahariana attiva sul lato orientale del “cut/off” centrato sul Golfo di Cadice, fino a spingerle sopra lo strato d’aria molto instabile, di libera convezione, presente al di sopra dell’inversione termica.
Tale spinta ascensionale, intensa, ha prodotto i primi cumulonembi sui monti dietro Valencia, già in mattinata, sul versante sopravento, con i primi intensi rovesci. La presenza già sopra i 700 hPa (circa poco più di 3000 metri) di un flusso meridionale, sopra la ventilazione da Est da “gradiente” attiva al suolo, ha poi fatto assumere a queste prime celle temporalesche un orientamento di tipo lineare, fino ad allineare i vari “trenini convettivi” in formazione al vento geostrofico presente in media troposfera.
L’intenso wind shear nei bassi strati
La presenza di un intenso “wind shear direzionale”, nei primi 3 km, con venti da Est al suolo, pronti a piegare gradualmente verso Sud-Est e Sud man mano che si saliva fino a 700 hPa, ha contribuito ad esaltare la convezione in loco, rendendola esplosiva, con moti ascensionali in grado di sfondare il limite della tropopausa dinamica.
Tale situazione dinamica ha agevolato lo sviluppo di un sistema temporalesco a mesoscala, di tipo lineare, con le varie celle in continua rigenerazione paralleli al vento in media-alta troposfera.
Nel pomeriggio, probabilmente a causa dei “cold pool” originati dai temporali in azione a monte in mattinata, una nuova e più intensa linea temporalesca si è sviluppata poco più ad est, vicino al mare, organizzata rapidamente in una “cold U/V shaped storm”, rimasta pressochè stazionaria per ore, con il vertice (lì dove erano presenti i nuclei temporaleschi più violenti) centrato pochi chilometri a sud di Valencia.
Un temporale stazionario per ore, con supercelle tornadiche al suo vertice
La stazionarietà del sistema convettivo, davvero imponente, ha persino bloccato il sostenuto flusso orientale da “gradiente” che fino alla mattinata riusciva ad entrare sul Golfo di Valencia, tanto da creare un significativo moto ondoso, organizzato in “swell” (onda lunga), che ha investito tutto il litorale valenciano.
Le raffiche di vento più fredde in uscita da questo sistema stazionario, interagendo in mare con il flusso sinottico da Est e E/NE (l’aria fredda da monte incuneandosi sotto l’aria calda e molto umida spinta dal levante ha costretto quest’ultima a salire bruscamente verso l’alto, generando nuove cumulogenesi pronte a evolversi in future celle), hanno innescato forti moti convettivi in mare, generando continue celle temporalesche, alcune delle quali hanno assunto caratteristiche di supercelle tornadiche.
Una di queste supercelle è stata in grado di generare persino un tornado nella zona di Alginet, che ha toccato terra, causando notevoli danni materiali. Inoltre, nell’area dove è stato avvistato il tornado, sono state registrate raffiche di vento violentissime, associate alla presenza del mesociclone, capaci di sradicare alberi d’alto fusto, palme e i tetti di alcuni edifici.
Tali testimonianze non fanno altro che conferma la presenza di elementi supercellulari lungo il vertice di questa U/V shaped storm, con cumulonembi imponenti, caratterizzati da basi molto basse lungo la linea di costa (quelli ideali per creare situazioni tornadiche).
Il momento della massima intensità del fenomeno estremo
Proprio in questa fase, durante lo sviluppo lungo il suo vertice di questa supercella tornadica, il sistema temporalesco ha raggiunto la sua massima intensità, tanto che in quel frangente l'updraft (la corrente ascensionale) che alimentava la struttura (con un intenso low level jet orientale alla sua destra) si è propagata oltre la tropopausa dinamica, nella bassa stratosfera, creando sopra le imponenti torri convettive uno spettacolare overshooting top, tale da costringere i venti nell'alta troposfera a divergere attorno ad esso, creando così la forma perfetta di una V.
Questo mix di elementi ha reso il sistema convettivo stazionario, fino al suo definitivo collasso in serata, probabilmente favorito anche dall’attenuazione del flusso sinottico da Est presente in mare.