La missione Artemis I torna sulla Terra dopo aver sorvolato la Luna
Il 16 novembre scorso ha avuto ufficialmente inizio la missione Artemis 1 che si è conclusa proprio ieri, con l’ammaraggio nel Pacifico della capsula Orion.
Poco meno di un mese fa, il 16 novembre scorso, ha avuto ufficialmente inizio la missione Artemis 1. Lo scopo di questa e delle prossime missioni del programma Artemis è quello di riportarci sulla Luna dopo ben 50 anni dall’ultimo allunaggio avvenuto proprio l’11 dicembre 1972.
Numerosi test sono stati svolti con successo
Nell’ultimo mese la capsula Orion, stavolta senza equipaggio, ha eseguito con successo una serie di manovre e di test per mettere alla prova i sistemi della capsula stessa in vista della prossima missione che invece avrà a bordo due astronauti.
Tra le varie manovre eseguite correttamente ci sono stati anche ben 2 flyby, ovvero 2 passaggi ravvicinati in cui Orion ha sorvolato la superficie lunare a poco meno di 130 km di quota.
Infine proprio ieri, dopo aver percorso oltre due milioni di chilometri assieme al Modulo di Servizio Europeo (ESM), ovvero il modulo di sevizio utilizzato per fornire la propulsione e l’energia al modulo dell’equipaggio di Orion, è avvenuto l’ultimo importantissimo test, quello sul suo rientro sulla Terra.
Cos'è il Modulo di Servizio Europeo?
Innanzitutto specifichiamo che il Modulo di Servizio Europeo oltre a fornire la propulsione per i trasferimenti orbitali gestisce anche il controllo di assetto, fornisce acqua e ossigeno necessari all’equipaggio, può trasportare materiali e strumenti scientifici, inoltre genera e immagazzina energia elettrica e controlla la temperatura dei componenti del velivolo. Il modulo di servizio è fondamentale perché supporta il modulo dell’equipaggio dal lancio fino alla fase finale di rientro della capsula.
La manovra di rientro
In questa occasione si è testata una speciale manovra di rientro detta “Skip entry trajectory for lunar return mission” in cui la capsula entra nell’atmosfera terrestre ad una velocità di circa 11 km/s e riesce in orbita poco dopo. Questo “rimbalzo” fa si che la capsula perda molta della sua energia, in modo da poter fare un secondo e definitivo rientro a velocità inferiore e in maniera molto più controllata.
Questa manovra ha numerosi vantaggi: innanzitutto aumenta la gamma di ingressi possibili, fa sì che gli astronauti vengano sottoposti a forze e sollecitazioni meno intense.
Inoltre sollecita di meno anche gli scudi termici della capsula che durante il rientro devono reggere temperature di quasi 2800 °C.
Dopo il suo definitivo rientro in atmosfera, a circa 8 km di quota si sono correttamente aperti i primi 3 paracadute e pochi secondi dopo altri 2 che hanno portato la velocità della capsula da 500 km/h a circa 210 km/h. Infine, a circa 3 km di quota si sono aperti gli ultimi 3 paracadute che hanno rallentato Orion fino alla velocità di circa 30 km/h.
La capsula ha eseguito un perfetto splashdown rispettando precisamente sia il punto di ammaraggio, nell’Oceano Pacifico vicino all’isola di Guadalupe, che l’orario, ieri alle 18:40 ora italiana.