Sono passati 22 anni dallo tsunami a Stromboli: ecco cosa ci ha insegnato il maremoto del 30 dicembre 2002

Il 30 dicembre del 2002 una forte esplosione del vulcano Stromboli, presso le Isole Eolie, generò un maremoto con onde di tsunami di oltre dieci metri. Ci furono danni sulla costa dell'isola. La crisi vulcanica del 2002-2003 ha però portato a un grande miglioramento del sistema di allerta.

stromboli
Una vista dall'aereo dell'isola di Stromboli, con il vulcano omonimo.

Il 30 dicembre del 2002, esattamente ventidue anni fa, la fascia costiera dell'Isola di Stromboli, nell'arcipelago delle Eolie, venne colpita da un maremoto con onde di tsunami che raggiunsero l'altezza di 12 metri. Lo tsunami venne causato da una serie di grosse frane avvenute lungo il ripido versante della Sciara del Fuoco, sul fianco nord-occidentale del vulcano di Stromboli, causate da una violenta eruzione.

Il volume delle frane venne stimato in 25-30 milioni di metri cubi di materiale. Il movimento franoso seguì di poche ore un episodio eruttivo particolarmente violento, che era iniziato il 28 dicembre. Secondo i testimoni, prima del maremoto il mare si ritirò di 30-40 metri.

Un settore del vulcano Stromboli franò in mare il 30 dicembre 2002, innescando un'onda di tsunami che investì la costa dell'isola e causando anche diversi danni nel porto di Panarea. Il maremoto raggiunse un'altezza di 12 metri.

L'evento venne studiato fin da subito da ricercatori delle Università di Roma "La Sapienza", dell'Università di Bologna, dell'INGV-Sezione di Catania e dell'Istituto di Geologia Ambientale e Geoingegneria del CNR.

Nei mesi successivi e per tutto il 2003, l'Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia (INGV) monitorò e studiò il vulcano, in una fase di forte attività del vulcano. Quella fase ha fatto fare enormi balzi in avanti nella gestione delle crisi vulcaniche in Italia, come ha indicato l'INGV sul suo sito nel 20esimo anniversario.

Il maremoto del 30 dicembre 2002 a Stromboli, in Italia

A seguito dell'evento del 30 dicembre 2002, si tornò a parlare della pericolosità rappresentata dagli tsunami sulle coste del Mediterraneo ed in Italia. I maremoti nel Mediterraneo non sono soltanto causati da forti terremoti (difficile che si verifichino eventi così violenti come quelli al largo di Indonesia o Giappone), ma anche da frane sottomarine e fenomeni vulcanici.

Queste frane sottomarine, che hanno un forte potenziale tsunamigenico (cioè, possono causare onde di maremoto), possono essere causate dall'attività vulcanica di vulcani sottomarini (come il Marsili, situato sui fondali del mar Tirreno), o dall'attività esterna, come nel caso dello Stromboli.

Il sistema di allerta a Stromboli

Dopo l'evento del 2002 a Stromboli è stato allestito un sistema di allertamento in caso di nuovi eventi. Il sistema di allerta è entrato in funzione per la prima volta nel 2022, a seguito di una forte esplosione che ha generato uno tsunami di 1,5 metri, più piccolo rispetto a vent'anni prima ma comunque molto pericoloso.

In questi ultimi vent'anni, sottolinea l'INGV, ci sono stati diversi parossismi e i vulcanologi hanno imparato molto sul comportamento di questo vulcano, sviluppando nuove tecnologie per lo studio del vulcanismo esplosivo e formando nuove professionalità, trasferendo anche all’estero le conoscenze e le metodologie per lo studio del vulcanismo esplosivo basaltico.

Il pericolo tsunami nel Mediterraneo

Uno degli studi più approfonditi ed accurati sul pericolo tsunami nel Mediterraneo risale al 2012, pubblicato sul Journal of Geophysical Research. I ricercatori europei hanno stabilito che le coste del Mediterraneo più esposte al rischio tsunami sono quelle del Mediterraneo orientale, dalla Grecia alla Turchia, includendo il Vicino Oriente e le coste del Nord Africa orientale, fino all’Italia. Nel caso dell'Italia sono maggiormente esposte le coste calabresi e siciliane.

Sono esposte al rischio anche le coste del Portogallo, e sebbene con minor probabilità, anche quelle della Spagna meridionale. Uno tsunami è possibile lungo tutte le coste mediterranee, ma in alcune aree - come nel Mediterraneo orientale - la probabilità è maggiore.

Una fonte di dati preziosa sul pericolo di tsunami nel Mediterraneo arriva dal progetto europeo TSUMAPS-NEAM, finanziato dall'UE. Lo studio raccoglie studi e informazioni, e rende pubblica una interessante mappa navigabile, con la probabilità che un evento con onde superiori a 1 metro avvenga in un certo intervallo di tempo futuro.

Gli tsunami del passato nel Mediterraneo e sulle coste dell'Italia

Tra gli tsunami del passato nel Mediterraneo si può ricordare quello di Creta del 21 luglio 365 d.C o quello associato all'eruzione del Vesuvio del 79 d.C. che distrusse Pompei ed Ercolano. Nel 1783 uno tsunami colpì le coste della Calabria e della Sicilia.

Il maremoto più disastroso degli ultimi duecento anni sulle coste italiane è quello del 28 dicembre 1908, avvenuto a seguito del terremoto nello Stretto di Messina (magnitudo 7.1). Ricordiamo anche il terremoto e lo tsunami che devastò Lisbona nel 1755. Uno dei maremoti più distruttivi avvenuti nel Mediterraneo si verificò nel 1303, nel mar Egeo.

Rischio tsunami in Italia, passi avanti nella mitigazione

Nel frattempo ci sono stati passi avanti anche nella mitigazione del rischio tsunami in Italia. Lo scorso venerdì 25 ottobre, il comune di Minturno, situato nella provincia di Latina (Lazio), ha ricevuto il prestigioso riconoscimento di “Tsunami Ready”. È il primo in Italia a riceverlo dalla Commissione Oceanografica Intergovernativa dell’Unesco (IOC-UNESCO).

Per approfondire:

Il Centro italiano Allerta Tsunami pubblica sul suo sito notizie ed informazioni per tenere informata la popolazione - https://cat.ingv.it/it/