Quando il terremoto scatena le fiamme: 100 anni dal terribile incendio che distrusse Tokyo
Un fortissimo terremoto devastò il Giappone cento anni fa, il 1° settembre del 1923, ma furono le fiamme a causare il maggior numero di vittime. Un nuovo studio approfondisce il grande incendio del Kantō, dal quale possiamo trarre importanti insegnamenti.
La mattina del 1° settembre 1923, esattamente cento anni fa, il Giappone venne colpito da uno dei disastri naturali più mortali e distruttivi della sua storia. Un fortissimo terremoto, di magnitudo 7,9, colpì la pianura del Kantō, nell'isola di Honshū, causando enormi devastazioni. La città di Tokyo venne gravemente colpita, con ampie devastazioni.
L'evento viene ricordato come il Grande terremoto del Kantō del 1923, ed è uno dei più devastanti disastri naturali della storia, recente ma le cause dell'elevatissimo numero di vittime sono spesso rimaste in secondo piano.
In realtà, una percentuale elevatissima di morti non fu causata dai crolli, ma dagli incendi che divamparono subito dopo. Furono le fiamme le responsabili della maggior parte delle devastazioni, ed oggi uno studio vuole riportare l'attenzione su questo. Ci sono infatti diverse lezioni che possiamo imparare da quella enorme tragedia.
Il Grande Incendio del Kantō
Come indicano gli autori dello studio "Kantō Daikasai: The Great Kantō Fire Following the 1923 Earthquake", pubblicato sul Bulletin of the Seismological Society of America, quando si studia questo evento il fuoco viene sempre messo in secondo piano, anche se furono proprio gli incendi i responsabili della stragrande maggioranza delle vittime e delle distruzioni. I ricercatori hanno scoperto che meno del 5% degli articoli e della letteratura presente sul terremoto di Kantō parla dell’incendio in dettaglio.
Si stima però che furono gli incendi a causare la morte di circa il 90% delle 105.000 persone che morirono a Tokyo e dintorni, nei giorni successivi al terremoto di magnitudo 7,9 del 1° settembre 1923.
Cosa scatenò questi enormi incendi?
Il terremoto del Kantō si verificò due minuti prima di mezzogiorno del 1° settembre, quando molte persone stavano accendendo le tradizionali pentole di cottura kamado e le griglie shichirin e hibachi, per cucinare il pranzo, secondo quanto informa 'ScienceDaily'.
In una città costruita in gran parte con legno leggero e con case di carta, la caduta delle pentole e delle griglie alimentate da fiamma viva creò in poco tempo moltissimi focolai, che divamparono poi rapidamente per la prevalenza dell'uso del legno nelle strutture. I forti venti aiutarono nell'espansione delle fiamme, e la rottura delle condotte idriche a seguito del sisma ostacolò le azioni di spegnimento e i soccorsi antincendio.
I focolai presto si fusero in grandissimi fronti di fuoco che crearono un micro clima locale, con elevatissime temperature che alimentarono ulteriormente gli incendi al punto da creare vortici di fuoco. Il peggiore di questi enormi roghi si verificò in un'area dove molte persone si erano rifugiate, causando almeno 40.000 morti.
Gli allarmi inascoltati e la lezione da imparare
Il dramma non arrivò inaspettato. L'incendio seguito al terremoto era stato previsto nel 1905 da Imamura Akitsune, un assistente professore di sismologia all'Università Imperiale di Tokyo. Il docente aveva teorizzato un gap sismico nella regione (in sostanza, da molto tempo non si verificava nell'area un terremoto, nonostante in passato se ne fossero verificati altri con un tempo di ritorno minore), ed aveva suggerito la vicinanza di un grande terremoto.
Akitsune aveva avvertito del fatto che i cittadini di Tokyo non avrebbero avuto nessun posto dove ripararsi dagli incendi innescati da un terremoto, ed aveva suggerito misure come l’abolizione delle lanterne a cherosene e la creazione di aree che permettessero di spezzare la continuità degli edifici di legno, troppo vicini tra loro. Non venne ascoltato, e venne anzi deriso.
Dopo il disastro del 1923 nella città di Tokyo ed in altre parti del Giappone si è cominciato a costruire con un criterio "anti-incendio", limitando ad esempio la presenza del legno molto più diffusa prima. La pianificazione urbanistica dell'ultimo secolo, dopo il disastro del 1° settembre 1923, prevede inoltre la creazione di aree di evacuazione e di blocchi di edifici isolati, evitando una continuità edilizia che - in caso di incendio - rende più facile la rapida propagazione delle fiamme.