Grano più caro: prima la crisi climatica, ora la guerra (e non solo)
Prima la crisi climatica, poi la guerra in Ucraina e le speculazioni sui mercati: si impenna il prezzo dei cereali, con conseguenze importanti sul prezzo della pasta. Cosa succede?
La guerra in Ucraina non ha fatto balzare in alto solo i prezzi di gas e petrolio. Da fine febbraio c'è un nuovo forte aumento del prezzo del grano, di cui Ucraina e Russia sono grandi produttori ed esportatori. Lo scorso 4 marzo, secondo una nota della Coldiretti (Confederazione Nazionale Coltivatori Diretti, la maggiore associazione di rappresentanza e assistenza dell'agricoltura italiana), il prezzo del grano era balzato in una sola settimana, dall'inizio dell'invasione militare russa, del 38,6%. Ad aumentare del 17% anche il prezzo del mais e del 6% quello della soia, destinati all’alimentazione degli animali negli allevamenti.
L'analisi della Coldiretti, effettuata sulla base delle quotazioni alla borsa merci di Chicago, punto di riferimento mondiale del commercio dei prodotti agricoli, aggiunge che a pesare su questo caro prezzi è la chiusura dei porti sul Mar Nero, con il blocco delle spedizioni. Russia e Ucraina pesano con forza sul mercato mondiale, visto che insieme rappresentano il 29% dell’export di grano e il 19% di quello di mais. Del resto l'Ucraina è da tempo conosciuta come "il granaio d'Europa".
Il caro grano dopo la calda estate del 2021
Tra i motivi di questo balzo del prezzo dei cereali c'è la guerra ma anche la forte speculazione in atto sui mercati. Non bisogna dimenticare poi che già nei mesi scorsi c'era stata una crisi del grano, legata all'eccezionale ondata di caldo dell'estate 2021 in Canada e alle alluvioni catastrofiche nell'Europa centrale. Ne avevamo parlato nel mese di agosto 2021 in un articolo che riproponiamo qui sotto. L'attuale impennata arriva quindi dopo un periodo in cui la crisi climatica aveva già fatto aumentare i prezzi.
A generare gli aumenti nei mesi scorsi, tra i diversi motivi, c'era stato il calo del raccolto in Canada e negli Stati Uniti colpiti nell'estate 2021 da una persistente siccità, accanto alla contrazione delle scorte globali per effetto di una domanda ormai stabilmente posizionata su livelli superiori all'offerta. Fra giugno e luglio 2021, lo ricordiamo, parti del Canada e degli USA erano stati colpiti da una ondata di caldo storica: in alcune zone del Canada, uno dei massimi produttori di grano al mondo, erano stati raggiunti i 50°C.
L'impatto sul prezzo della pasta in Italia
In Italia c'è allarme per il settore della pasta, in un paese di lunga tradizione nel consumo di questo alimento, e dove esistono moltissime aziende di lunga tradizione che danno lavoro a decine di migliaia di persone. Secondo un articolo pubblicato da "Il Sole 24 Ore", "non è la guerra in Ucraina a mettere in crisi i pastifici ma l’effetto combinato dei cambiamenti climatici, della speculazione internazionale e della corsa all’accumulo di beni essenziali da parte di alcuni Stati".
La dipendenza dalle importazioni
Così come accade per l'energia, l'Italia "si accorge" in questi giorni di essere fortemente dipendente dalle importazioni di cereali. "L'Italia - spiega Coldiretti - è un Paese deficitario e importa addirittura il 64% del proprio fabbisogno di grano per la produzione di pane e biscotti e il 53% del mais di cui ha bisogno per l'alimentazione del bestiame".
Un problema anche per gli allevatori
"L’aumento di mais e soia sta mettendo in ginocchio gli allevatori italiani - aggiunge la Coldiretti - che devono affrontare aumenti vertiginosi dei costi per l’alimentazione del bestiame (+40%) e dell’energia (+70%) a fronte di compensi fermi su valori insostenibili". Secondo il presidente della Coldiretti, Ettore Pradini,
“la pandemia prima e la guerra poi hanno dimostrato che la globalizzazione spinta ha fallito e servono rimedi immediati e un rilancio degli strumenti europei e nazionali che assicurino la sovranità alimentare come cardine strategico per la sicurezza" e servono "interventi urgenti e scelte strutturali per rendere l’Europa e l’Italia autosufficienti dal punto di vista degli approvvigionamenti di cibo”.
Problema molto grave per Nord Africa e Medio Oriente
Ancor più grave la situazione per i paesi che fanno maggior affidamento sulle importazioni da Russia e Ucraina, che sono quelli del Nord Africa e del Medio Oriente. Qui la crisi dei prezzi potrebbe scatenare problemi ben più gravi con una estesa emergenza umanitaria.