Omaggiare i defunti con piante e fiori: qual è l’origine di questa tradizione?
Nei paesi a tradizione cristiano-cattolica, i morti si commemorano il 2 novembre portando piante e fiori sulle tombe: una pratica in realtà antichissima e comune a popoli e culture diverse
In questo periodo dell’anno, in occasione della Festa dei Morti del 2 Novembre, è tradizione per molti, sia credenti che non credenti, portare fiori al cimitero.
L’utilizzo di piante e fiori per celebrare l’ultimo viaggio terreno di chi se n’è appena andato e per omaggiarlo periodicamente nel luogo in cui riposa per sempre, ha origini antichissime e in varie forme e significati accomuna culture e religioni diverse.
Testimonianze dalla preistoria...
Alcuni studi, fino a poco tempo fa, ipotizzavano che riti funebri accompagnati dall’utilizzo di fiori fossero praticati già dagli uomini e le donne di Neanderthal (oltre 40.000 anni fa).
Nella grotta di Shanidar (Kurdistan iracheno), che si suppone essere un antichissimo luogo di sepoltura di età neandertaliana, sono stati trovati resti ossei umani di diverse età (adulti, giovani e bambini) e uno di questi risultava circondato da polline antico.
Questa scoperta ha fatto pensare che quel corpo fosse stato riposto all’interno della grotta su un letto di fiori, tuttavia uno studio recente ha affermato che molto probabilmente quel polline era arrivato in quel punto trasportato da api che abitavano in quella grotta.
Testimonianze più solide arrivano da alcune popolazioni preistoriche appartenenti alla cultura natufiana, presenti tra il 12.500 e il 9.500 a.C. nella regione del Levante (corrispondente oggi a paesi come Israele, Palestina, Libano, Giordania, Siria e parte dell’Iraq): gli archeologi che hanno studiato la grotta di Raqefet (Israele), notando le impronte di vegetali rimaste impresse tutt’attorno agli scheletri presenti, hanno capito che questi popoli inserivano nelle tombe un sottile strato fangoso, vi riponevano sopra uno spesso manto di piante fiorite e infine vi posizionavano i corpi dei defunti.
Dall'antico Egitto...
Per gli antichi Egizi i fiori avevano un ruolo chiave nel passaggio tra la vita terrena e quella ultraterrena, in particolare la ninfea azzurra (Nymphaea caerulea): questa pianta acquatica veniva coltivata lungo le sponde del fiume Nilo grazie alla creazione di stagni artificiali e, in accordo con il movimento del fiore che emerge dall’acqua al mattino e torna sott’acqua al tramonto, era un simbolo di rinascita del defunto.
Questo e altri fiori venivano posti sul corpo del defunto, incorporati tra le bende utilizzate per fasciare il corpo e utilizzati per riempire qualsiasi spazio vuoto del sarcofago, in modo da aiutare il defunto a entrare nella dimensione ultraterrena con protezione e serenità.
Dagli antichi Greci e Romani...
L'utilizzo dei fiori nelle cerimonie funebri era una pratica diffusa anche tra Greci e Romani. Amaranto, crisantemi, garofani, lauro, mirto, rose, sedano, viburno e viole venivano scelti per creare ghirlande, decorare le tombe e fare offerte agli dèi in modo che il defunto ricevesse una buona accoglienza nell’aldilà.
Gli antichi Greci, inoltre, piantavano sulle tombe l’asfodelo, un fiore molto rustico di colore bianco, giallo o rosa, a forma di stella e citato da Omero come pianta che cresce nell’Ade, formando prati in cui si aggirano le ombre dei trapassati.
Nella Roma antica la commemorazione dei defunti avveniva in diversi momenti dell’anno, ad esempio in occasione dei Parentalia e dei Feralia, che si svolgevano dal 13 al 21 febbraio e costituivano un periodo in cui i romani visitavano le tombe dei loro cari, portando fiori, pane, vino, latte e grano come offerte.
In primavera si celebrava invece la Rosalia (festa delle rose), adornando le tombe dei propri cari con ghirlande di rose fresche, simbolo di bellezza e rinascita e per mostrare affetto e venerazione verso gli antenati.
...fino ai nostri giorni
Arrivando ai giorni nostri, l’utilizzo dei fiori nel culto dei morti è un elemento comune di culture diverse: in Messico nel “Día de Muertos” (28 ottobre - 2 novembre), festività riconosciuta patrimonio culturale dell'umanità Unesco, le strade si riempiono di altari, decorazioni e colori, in cui predomina quello arancione dei cempasúchil (tageti).
I messicani ritengono che il colore brillante e l’intenso profumo di questo fiore, attraverso la creazione di sentieri di petali di tagete, guidino le anime dei defunti verso gli altari realizzati dai loro famigliari appositamente per questa festa.
Si offrono fiori ai defunti anche in Cina, durante la festa del Qingming (in aprile), in Giappone durante il festival di Obon (in agosto), in India durante il Pitru Paksa (in settembre) e in Italia, dove proprio in questi giorni cimiteri e campi santi si riempiono di persone e fiori.
I fiori e la ciclicità della vita
Nel passaggio tra la vita e la morte e nel ricordo di chi non c’è più, i fiori sono una presenza significativa per chi rimane: simboli senza tempo a cui, fin dalla notte dei tempi, ogni civiltà, popolo e famiglia ha attribuito molteplici significati, condivisi o privati, per imparare a comprendere e accettare la ciclicità della vita.