Neve sulle montagne italiane, buone notizie dalle Alpi ma è ancora critica la situazione in Appennino
Le ultime nevicate sono riuscite a riportare in pari, per la prima volta da due anni, lo Snow Water Equivalent sulle Alpi. Situazione però ancora molto critica sugli Appennini. I dettagli dal rapporto di Fondazione CIMA.
Le nevicate di febbraio e marzo sono riuscite a riportare in pari, per la prima volta da due anni, lo Snow Water Equivalent (SWE, l’acqua contenuta nella neve), che registra addirittura un leggero surplus rispetto alla mediana degli ultimi 12 anni.
La situazione è però molto diversa tra Alpi e Appennini, e anche alle diverse quote: mentre nel nord della penisola il deficit è stato colmato, in particolare alle quote più elevate e con valori particolarmente positivi per il Po, nel sud e al di sotto dei 2000 metri di altitudine rimane marcato. Questi sono i dati forniti dall'ultimo monitoraggio di Fondazione CIMA, aggiornato al 1° di aprile.
Neve, buone notizie dalle montagne italiane
Per la prima volta da lungo tempo, possiamo dire di avere davvero buone notizie per quanto riguarda la neve sui monti italiani, e di conseguenza sull’acqua che conserva per i mesi più caldi, rappresentata dallo Snow Water Equivalent (SWE).
Il deficit nazionale, sottolinea l’ultimo monitoraggio di Fondazione CIMA, si è infatti azzerato. Meglio ancora, per la precisione, segna un leggero surplus (+1%), il primo in due anni di osservazioni per questo periodo dell’anno.
Situazione molto diversa su Alpi e Appennini
Vale però ancora quanto osservato nel nostro ultimo aggiornamento: la situazione presenta differenze significative sulla penisola. "I dati sullo SWE sono in forte ripresa per le Alpi, ma ancora in deficit per quanto riguarda gli Appennini. La ragione di queste differenze è, come sempre, legata a precipitazioni e temperature", spiega Francesco Avanzi, idrologo di Fondazione CIMA. "Questo mese di marzo è stato più piovoso sia al Nord sia al Centro.
Tuttavia, specialmente sugli Appennini, le temperature si sono mantenute elevate per tutta la stagione invernale: in marzo, per esempio, si sono registrati +2,5°C rispetto allo scorso decennio. Questo ha portato a una penuria di nevicate sugli Appennini, e alla fusione precoce di quella poca neve accumulatasi in quelle zone durante l’inverno".
Al contrario, nel nord della penisola, le temperature in marzo si sono mantenute più in linea con quelle dello scorso decennio. Così, le abbondanti precipitazioni di fine febbraio e di marzo hanno consentito un accumulo di neve come non ne registravamo da ormai due anni.
la situazione dei bacini idrografici
Guardando i dati dei singoli bacini idrografici, il divario appare evidente: mentre sul Tevere si registra ancora un deficit del -80% rispetto al periodo storico, per l’Adige l’anomalia è appena del -4% e per il Po, che ha addirittura triplicato la sua risorsa idrica novale da febbraio a oggi, lo SWE è al +29%.
È importante però osservare - sottolinea la Fondazione CIMA - che, anche per quanto riguarda le Alpi, la situazione non è uniforme e si osservano differenze importanti a seconda della quota. Infatti, lo SWE è positivo, sopra i 1800-2000 metri, dove lo zero termico non è ancora stato superato. Al di sotto di questa quota, però, il deficit rimane significativo. "È come se ci fossero due inverni allo stesso tempo: uno nevoso in quota, e uno avaro di neve a quote medio-basse", commenta Avanzi.
Si è ormai chiuso il periodo nel quale, dai dati storici, possiamo aspettarci la maggior parte delle nevicate. Storicamente, infatti, in Italia il picco d’accumulo della ricorsa nivale si registra a marzo, e siamo ora nel periodo di fusione – quando, cioè, la neve inizia a diventare quell’acqua che alimenta i nostri fiumi e, con loro, tutte le attività che sfruttano questa risorsa, dall’agricoltura alla produzione di energia idroelettrica.
Una buona notizia, ma adesso bisogna sperare in un periodo non troppo caldo
"Questi ultimi dati registrati sulle Alpi sono senz’altro una buona notizia, anche perché evitano una situazione di criticità per il terzo anno di fila", conclude Avanzi. "Se e quanto l’acqua ora finalmente presente nel bacino del Po sotto forma di neve potrà sostenere i mesi primaverili ed estivi, però, dipende dalle temperature.
I dati ci hanno mostrato un significativo incremento dello SWE tra l’inizio e la metà di marzo, che stava però per essere seguito da un rapido declino, interrotto solo dalle ulteriori nevicate in arrivo. In altre parole, le temperature elevate possono ancora causare, anche sulle Alpi, fusioni precoci: perché sia davvero utile nei periodi in cui l’acqua ci è più necessaria, la neve deve restare tale ancora per alcune settimane».