Quando all'improvviso frana la montagna: 4 drammatiche storie del passato dalle Alpi
Una frana minaccia in queste ore il villaggio di Brienz/Brinzauls, in Svizzera, ed il paese è stato evacuato per il rischio imminente di crollo. Vediamo ora i precedenti casi di frane catastrofiche sulle Alpi, dal Vajont alla Valtellina, fino agli eventi più lontani nel passato.
In queste ore c'è grande apprensione in Svizzera per una frana che incombe sul piccolo villaggio di Brienz/Brinzauls. La montagna su cui sorge questo villaggio, nel canton Grigioni, sta per crollare coinvolgendo anche il centro abitato. Tutti gli abitanti sono stati evacuati venerdì scorso, 12 maggio, ed il paese è adesso completamente abbandonato, quindi nel caso in cui la frana si muova non ci saranno conseguenze per le persone. Anche gli animali sono stati portati via.
Negli ultimi giorni la frana si è mossa sempre più rapidamente, ed i geologi prevedono che il movimento franoso acceleri sempre più fino al distacco, che è previsto a giorni, o comunque entro poche settimane.
La frana è molto grande, e potrebbe mobilitare circa 2 milioni di metri cubi di roccia, un volume davvero considerevole. Questo movimento franoso è noto da tempo, ed esisteva già quando venne costruito il piccolo centro di Brienz. Le zone montuose non sono certo nuove a questo tipo di fenomeni, che possono essere "dormienti" per migliaia di anni e poi iniziare a muoversi improvvisamente per l'erosione delle rocce, dei terreni, o per il mutare delle condizioni climatiche.
Dal passato ci arrivano altri esempi di movimenti franosi sulle Alpi, ognuno con una storia diversa. Li vedremo qui rapidamente in questo articolo.
La catastrofe del Vajont, il 9 ottobre 1963
La sera del 9 ottobre del 1963, sulle Alpi orientali nell'area della Valle del Piave, una enorme frana con un volume di circa 270 milioni di metri cubi (135 volte più grande di quella che minaccia Brienz) si staccò dal Monte Toc. La gigantesca frana, con un fronte di tre chilometri, precipitò nel lago artificiale del Vajont, che era stato appena realizzato grazie alla costruzione di una diga da record (la diga del Vajont, molto contestata).
La frana, finendo nell'invaso artificiale, generò un'enorme onda alta fino a 250 metri che devastò i centri abitati situati a monte. Il paese di Longarone, situato proprio allo sbocco della valle del Vajont, venne cancellato dalla furia delle acque, ma anche altri centri della valle del Piave vennero devastati, tutti situati nella provincia di Belluno, come Castellavazzo e Codissago.
L'onda sollevata dalla frana raggiunse anche i piccoli paesini di montagna di Erto e Casso, situati sulla sponda opposta al Monte Toc, causando gravi danni. Il bilancio totale fu di almeno duemila morti, e quella del Vajont resta una delle peggiori catastrofi della storia recente d'Italia.
Non fu però una catastrofe inaspettata: da tempo erano stati individuati segni che facevano pensare alla presenza di una frana sopra il lago, una frana preistorica che venne "risvegliata" dalla creazione del lago artificiale.
Tutto questo era stato scoperto dal geologo Edoardo Semenza, che rimase però inascoltato dai geologi coinvolti nella realizzazione della diga. Un'altra persona che si adoperò molto nella denuncia dei rischi di realizzazione di quella diga fu la giornalista Tina Merlin, altra persona che rimase completamente inascoltata e che subì anche accuse di procurato allarme.
Valtellina, luglio 1987
Fra il 18 ed il 28 luglio del 1987 la Valtellina (regione geografica alpina situata in Lombardia, nel bacino idrico del fiume Adda a monte del lago di Como), venne colpita da frane e inondazioni che provocarono 53 morti, migliaia di sfollati e la distruzione di interi centri abitati, strade e ponti.
Ci furono precipitazioni record, con centinaia di millimetri di pioggia caduti al suolo, ed un importante scioglimenti dei nevai di alta quota per il repentino aumento delle temperature. Presso il piccolo centro di Tartano, nella bassa Valtellina, un albergo costruito ai piedi di un versante venne spazzato via da una grande colata di fango e detriti, un tipo di frana noto ai geologi come mud-flow, molto pericoloso perché capace di raggiungere grandi velocità.
Nel disastro morirono 19 persone. Più a valle, nella Valtellina ma anche nell’alto bacino del Lago di Como, nell’alta Val Brembana, in Val Camonica, e nella valle dell’Adda, molte infrastrutture vennero rase al suolo dalle esondazioni.
Un nuovo evento ancora più catastrofico si stava però preparando. La mattina del 28 luglio, in una Valtellina già in ginocchio per le alluvioni dei giorni precedenti, una frana gigantesca, con un volume di oltre 30 milioni di metri cubi, si staccò dal monte Zandila abbattendosi sulla Val Pola, vicino Bormio.
Il paese di Sant’Antonio Morignone e le contrade di Morignone e Piazza vennero completamente distrutte. Questi centri abitati erano stati evacuati e non subirono vittime. La frazione di Aquilone però, che non era stata evacuata perché ritenuta al sicuro, venne devastata dallo spostamento d’aria fortissimo: morirono 22 persone. Ci furono purtroppo altre 7 vittime, tutti operai che lavoravano al ripristino della strada statale ingombra di detriti per gli smottamenti dei giorni precedenti.
L’enorme massa di detriti franata nella Val Pola creò inoltre uno sbarramento naturale lungo il fiume Adda. Si formò un lago naturale il cui livello cresceva di ora in ora, e che se esondato avrebbe potuto causare un nuovo effetto Vajont riversandosi verso la bassa Valtellina. In poco tempo venne realizzata un’opera di drenaggio con tubi sotterranei e si evitò il peggio.
La Buzza di Biasca, nel canton Ticino (1513)
Il 30 settembre 1513, nel Canton Ticino, Svizzera, il fianco ovest del monte Crenone collassò generando una gigantesca frana, stimata in 500 milioni di metri cubi (quasi il doppio di quella del Vajont!). La zona coinvolta fu quella della Buzza di Biasca, toponimo che indica la regione tra Biasca e Malvaglia. La gigantesca frana seppellì dei centri abitati, ma sbarrò anche il corso del fiume Brenno, creando un lago naturale che raggiunse nei mesi successivi dimensioni chilometriche. Quando un anno e mezzo dopo la diga naturale cedette, tutte le località situate a valle vennero spazzate via. i danni furono enormi e il numero di vittime molto elevato.
La rovina del Goglio, 1666
La rovina del Goglio fu un evento franoso catastrofico accaduto il 1º novembre del 1666, che coinvolse i paesi di Valgoglio nella frazione Novazza e Gromo dell'alta Val Seriana, in provincia di Bergamo. Ci furono circa 70 vittime e gravi devastazioni. Anche in questo caso una grossa frana, sbarrando un corso d'acqua della zona, creò un effetto tappo che, una volta liberatosi, scatenò una grossa piena che travolse ogni cosa lungo il suo percorso verso valle.