L'eruzione che distrusse Pompei, Ercolano e Stabia avvenne il 24 agosto?
Un recente studio ha individuato la vera data dell'eruzione del Vesuvio che seppellì sotto lava e cenere le città di Pompei, Ercolano e Stabia. L'eruzione non sarebbe avvenuta il 24-25 agosto 79 d.C., ecco perché!
L'eruzione del Vesuvio che distrusse Pompei, Ercolano, Stabia e Oplontis, tutte città dell'antica Roma situate nell'area dell'attuale città metropolitana di Napoli, è tra le più studiate di sempre nella storia della vulcanologia. In letteratura viene indicato da molto tempo che questo catastrofico evento avvenne tra il 24 ed il 25 agosto del 79 d.C. Quella è infatti la data che sarebbe indicata nella famosa lettera di Plinio il Giovane rivolta a Tacito. Il condizionale è d'obbligo, perché la lettera originale è andata perduta, e disponiamo solo di una copia realizzata nel medioevo.
Da secoli c'è molto dibattito intorno alla reale data dell'eruzione, per alcuni ritrovamenti che hanno gettato dubbi sul fatto che l'evento distruttivo sia avvenuto in estate. Tra questi, il ritrovamento di frutta autunnale, tracce di vendemmia già realizzata, ma anche delle iscrizioni che suggeriscono una data di due mesi posteriore, in autunno.
Un nuovo studio ridefinisce la data dell'eruzione del Vesuvio
A quasi 2000 anni da quell’episodio che distrusse gran parte del territorio e delle città circostanti, un team internazionale di ricercatori è arrivato alla conclusione che la vera data è un'altra.
Lo studio “ The 79 CE eruption of Vesuvius: a lesson from the past and the need of a multidisciplinary approach for developments in volcanology”, recentemente pubblicato sulla prestigiosa rivista ‘Earth-Science Reviews’, ha analizzato nuovamente l’evento per offrire un piano esaustivo dello stato dell’arte sulle conoscenze dell’eruzione più famosa della storia, a partire dalla vera data in cui accadde.
L’integrazione tra studio sul campo, analisi in laboratorio e la rilettura delle fonti storiche, ha consentito di seguire temporalmente tutte le fasi dell’eruzione, dalla camera magmatica fino alla deposizione della cenere in aree lontanissime dal Vesuvio, trovandone traccia fino in Grecia.
Quando avvenne l'eruzione del Vesuvio del 79 d.C.?
“Il nostro lavoro esamina con un approccio ampio e multidisciplinare diversi aspetti dell’eruzione del 79 d.C, integrando dati storici, stratigrafici, sedimentologici, petrologici, geofisici, paleoclimatici e di modellazione dei processi magmatici ed eruttivi di uno degli eventi più famosi e devastanti che hanno interessato l’area vulcanica napoletana”, spiega Mauro A. Di Vito, vulcanologo dell’INGV e coordinatore dello studio.
“L’articolo parte dalla ridefinizione della data dell’eruzione, che sarebbe avvenuta nell’autunno del 79 d.C. e non il 24 agosto come si è ipotizzato in passato, e prosegue con l’analisi vulcanologica di siti in prossimità del vulcano per poi spostarsi progressivamente fino a migliaia di chilometri di distanza, dove sono state ritrovate tracce dell’eruzione sotto forma di ceneri fini”.
“Fin dal XIII secolo, la data del 24 agosto è stata oggetto di dibattito fra storici, archeologi e geologi perché incongruente con numerose evidenze", spiega Biagio Giaccio, ricercatore dell’Igag-Cnr e coautore dell’articolo. “Come, ad esempio, i ritrovamenti a Pompei di frutta tipicamente autunnale o le tuniche pesanti indossate dagli abitanti che mal si conciliavano con la data del 24- 25 agosto”, aggiunge Giaccio.
La prova definitiva dell’inesattezza della data sarebbe però emersa solo pochi anni fa. “Un’iscrizione in carboncino sul muro di un edificio di Pompei che tradotta cita ‘Il sedicesimo giorno prima delle calende di novembre, si abbandonava al cibo in modo smodato’, indicando che l’eruzione avvenne certamente dopo il 17 ottobre”, continua Giaccio.
"La data più accreditata è quella del 24-25 Ottobre"
La ricerca è stata integrata dalla valutazione quantitativa dell’impatto delle singole fasi dell’eruzione sulle aree e sui siti archeologici vicini al vulcano. “Lo spirito del nostro lavoro è stato quello di comprendere come un evento del passato possa rappresentare una finestra sul futuro, aprendo nuove prospettive per lo studio di eventi simili che potranno verificarsi un domani”, spiega Domenico Doronzo, vulcanologo dell’INGV e coautore della ricerca.
Lo studio, recentemente pubblicato sulla prestigiosa rivista ‘Earth-Science Reviews’, è stato condotto dall’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia (INGV) in collaborazione con l’Istituto di Geologia Ambientale e Geoingegneria del Consiglio Nazionale delle Ricerche (IGAG-CNR), il Centro Interdipartimentale per lo Studio degli Effetti del Cambiamento Climatico (CIRSEC) e il Dipartimento di Scienze della Terra dell’Università di Pisa, il Laboratoire Magmas et Volcans di Clermont-Ferrand (LMV) in Francia e la School of Engineering and Physical Sciences (EPS) della Heriot-Watt University di Edimburgo nel Regno Unito.