Giappone, 11 marzo 2011: una tragedia in tre atti
L'11 marzo 2011 il Giappone venne sconvolto da un terremoto molto potente al largo delle sue coste. Questa giornata è segnata da un triplice evento che rimarrà per sempre impresso nella storia e nella memoria del popolo giapponese.
Esattamente 12 anni fa il Giappone venne sconvolto dal terremoto più potente della sua storia e uno dei più forti nella storia umana: il Grande terremoto del Giappone orientale. Ma non finisce qui. Oggi, infatti, ricorre un triplice evento che rimarrà per sempre segnato nella storia e nella memoria del popolo giapponese, una vera tragedia in tre atti.
Primo atto: il terremoto
Alle 14:46 ora locale dell'11 marzo 2011 si verificò un potente terremoto di magnitudo (Mw) 9,1 della scala Richter, a circa 30 km di profondità, nell'Oceano Pacifico. Il sisma aveva il suo epicentro a circa 130 km a est della città di Sendai, la più grande della regione di Tohoku, parte settentrionale dell'isola di Honshu, ed e venne causato da una rottura nella zona di subduzione associata alla fossa giapponese, che separa due placche tettoniche: la placca eurasiatica e la placca pacifica, secondo uno studio pubblicato sulla rivista Science.
Questa regione ha un alto tasso di attività sismica, con il potenziale per generare tsunami. I precedenti terremoti che hanno generato tsunami nella regione includono gli eventi mortali del 1611 (circa 5.000 morti), 1896 (27.122 morti) e 1933 (3.022 morti).
Questo evento è stato seguito da diverse scosse di assestamento, tra cui una da 7,2 Mw con epicentro a circa 25 miglia (40 km) dall'epicentro del terremoto principale. Centinaia di scosse di assestamento di magnitudo Mw 6.0 o superiore e due di magnitudo Mw 7.0 o superiore si sono verificate nei giorni e nelle settimane successive all'evento principale.
Secondo atto: lo tsunami
L'improvvisa spinta orizzontale e verticale della Placca Pacifica, che sta lentamente avanzando sotto la Placca Eurasiatica, ha spostato l'acqua sovrastante e ha generato una serie di onde di tsunami altamente distruttive, con un'altezza massima d'onda di quasi 40 metri, registrate nella provincia di Iwate .
Il terremoto ha innescato allarmi tsunami in tutto il bacino del Pacifico. In poco più di 30 minuti le onde hanno raggiunto la costa giapponese. Lo tsunami ha inondato 561 km2 di terra lungo la costa pacifica del Giappone. I ricercatori hanno stabilito che un tratto di 2.000 km della costa pacifica del Giappone è stato colpito dalle onde dello tsunami.
Le onde raggiunsero le coste di 25 paesi del Pacifico. Alle Hawaii le onde hanno raggiunto tra i 3,3 e i 3,6 metri, a Shemya, nelle Isole Aleutine 1,5 metri, in California e Oregon hanno raggiunto i 2,7 metri, in Cile hanno raggiunto i 2 metri e in Antartide non sono andate oltre i 0,3 metri. E qui entra in scena il secondo atto.
L'evento ha provocato la distruzione totale di oltre 123.000 case e danni a quasi un milione, il 98% delle quali è stato causato dallo tsunami. Si stima che lo tsunami abbia lasciato più di 450.000 persone senza casa.
I costi derivanti dal terremoto e dallo tsunami sono stati stimati in 220 miliardi di dollari solo in Giappone. Secondo i dati del 2020, 15.899 persone sono morte e ci sono ancora 2.527 dispersi e 6.157 feriti a causa dell'evento. Lo tsunami ha causato danni per 31 milioni di dollari alle Hawaii e 100 milioni di dollari di danni alle strutture marittime in California. Danni sono stati segnalati anche in Polinesia francese, Isole Galapagos, Perù e Cile. Tutti questi danni rendono questo l'evento naturale più costoso della storia.
Terzo atto: il disastro naturale
A causa dei forti movimenti del terreno causati dal terremoto e soprattutto dalle onde di tsunami che si sono generate, entra in scena il terzo atto della tragedia. Diverse centrali nucleari vennero colpite: Tokai, Higashi Dori, Onagawa e Fukushima Dai-ichi e Dai-ni. A seguito del terremoto, la maggior parte dei reattori di questi impianti è stata automaticamente spenta. La più colpita fu la centrale nucleare di Fukushima Dai-ichi che perse tutta l'energia dalla rete elettrica, finendo per essere alimentata da generatori diesel per circa 40 minuti.
In quel momento onde di circa 14 metri di altezza si sono abbattute sul sito, danneggiando molti dei generatori e mettendo a repentaglio l'intero sistema di raffreddamento. Di conseguenza, tutti gli strumenti e i sistemi di controllo dei reattori da 1 a 4 andarono perduti, il che diede luogo a una serie di esplosioni causate dal rilascio di idrogeno, che provocarono un'estesa fuoriuscita di materiale radioattivo.
In pochi giorni, i nuclei di tre dei sei reattori nucleari di quella centrale si erano sciolti. Era ormai avvenuto un disastro nucleare: la contaminazione radioattiva si è diffusa su una vasta area della regione e ha costretto l'evacuazione di decine di migliaia di giapponesi in un raggio di 20 km. Per il sito, giorni dopo, è stata definita una zona di esclusione con un raggio di 2,5 km, successivamente estesa a 30 km. L'incidente è stato classificato come categoria 7, il livello più alto nella scala internazionale degli eventi radiologici e nucleari dell'Agenzia internazionale per l'energia atomica.
I livelli di radiazione sono rimasti, per lungo tempo, considerevolmente alti nella zona di evacuazione e si è pensato che l'intera area potesse essere inabitabile per decenni. Tuttavia, diversi mesi dopo l'incidente, è stato annunciato che i livelli di radiazioni in cinque città situate appena oltre la zona di evacuazione originale erano diminuiti abbastanza da consentire ai residenti di tornare alle loro case.
Giappone: un esempio di riduzione del rischio di disastri
Il Giappone è spesso considerato il paese più preparato ad affrontare gli eventi di tsunami, eppure ha dovuto affrontare numerose perdite di vite umane in questo evento. La comunità scientifica ritiene che molte vite siano state salvate in questo paese e altrove in tutto il mondo grazie ai sistemi di allerta precoce esistenti.
Questo evento è di maggiore importanza, per aver dato il tono alla Dichiarazione di Sendai, che qui è stata firmata, per la commemorazione dei cinque anni di questo evento e per la dimostrazione di una vibrante ripresa che il popolo giapponese ha dimostrato. Il Sendai Framework for Disaster Risk Reduction 2015-2030, che ha fatto seguito alla Dichiarazione, è ormai un riferimento internazionale.