Effetto "sting jet", le violentissime raffiche di vento prodotte dai cicloni extratropicali
Gli “sting jet” sono fortissime correnti discendenti di aria molto fredda e densa, note con il termine di “sting jet”, capaci di raggiungere i bassi strati causano violente raffiche di vento, della durata non superiore alle 3-4 ore, che spesso possono superare picchi di oltre 160-170 km/h.
Oltre ai tradizionali cicloni extratropicali che si rifanno alla teoria della famosa scuola meteorologica norvegese di Bjerknes, esistono altri tipi di cicloni extratropicali che seguono un modello un po’ diverso. Si tratta del modello “Shapiro-Keyser”.
Sviluppato alla fine degli anni 80, beneficiando dei dati resi disponibili dai satelliti meteorologici e dalle simulazioni del modello numerico, questo modello concettuale prende il nome dagli autori dello studio che per primi lo presentarono (M. A. Shapiro e D. Keyser, 1990).
Cicloni modello “Shapiro-Keyser”
Gli autori hanno scoperto che, per alcuni tipi di ciclogenesi extratropicale, i dati meteorologici sembravano non confermare il classico modello di ciclone norvegese, in cui la fase di maturità del ciclone si basa sul processo di occlusione, derivante dalla fusione del fronte freddo con quello caldo di un comune ciclone extratropicale.
Nei cicloni ciclone “Shapiro-Keyser” invece si osserva una di frattura tra il fronte freddo e quello caldo, quindi in sostanza non esiste un vero e proprio fronte occluso. Tale caratteristica fa in modo che all’interno del minimo depressionario si isoli un nucleo caldo, nei bassi strati, a seguito del processo di warm seclusion. In contrasto con il modello della scuola norvegese che mostra un nucleo freddo.
Molti cicloni extratropicali che seguono lo sviluppo del modello “Shapiro-Keyser” mostrano un rapido approfondimento della superficie bassa durante la loro fase di sviluppo e possono quindi essere caratterizzati come una ciclogenesi rapida.
I cicloni che generano le peggiori tempeste in Europa
I cicloni di tipo “Shapiro-Keyser”, almeno quelli che si formano sull’Atlantico, inoltre sono anche dotati di “sting jet”. Ossia fortissime correnti discendenti di aria molto fredda e densa, note con il termine di “sting jet”, capaci di raggiungere i bassi strati causano violente raffiche di vento, della durata non superiore alle 3-4 ore, che spesso possono superare picchi di oltre 160-170 km/h.
Tali “correnti a getto discendenti” che originatesi in quota, fra l’alta e la media troposfera, giungono con intensità paragonabile a quella osservata in quota nei bassi strati (fino al suolo), accompagnandosi alla pioggia nell’area post-frontale del ciclone extratropicale.
Generalmente queste “correnti a getto discendenti” di aria molto fredda e densa, note con il termine di “sting jet”, quando raggiungono i bassi strati causano violente raffiche di vento, della durata non superiore alle 3-4 ore, che spesso possono superare picchi di oltre 150-160 km/h.
Le raffiche di vento più violente registrate in Europa
Lo “sting jet”, come dimostrato recentemente in diversi studi, è il principale responsabile delle violente tempeste di vento che a volte accompagnano il passaggio di un profondissimo ciclone extratropicale, particolarmente profondo.
La parola “Sting”, che in inglese significa “aculeo”, sta ad indicare la tipica coda di nubi arricciate, ad uncino, che caratterizza le più intense depressioni extratropicali che spesso, soprattutto fra il tardo autunno e la stagione invernale, si osservano sull’Atlantico settentrionale, fra le coste di Terranova, le coste meridionali groenlandesi e l’Islanda, con l’occlusione che viene interamente risucchiata dallo stesso minimo depressionario. Proprio in questi cicloni extratropicali così potenti si può sviluppare lo “sting jet”.
Cosa sappiamo oggi sullo “sting jet”?
Questo particolare fenomeno, ancora oggetto di studio e dibattito fra le scuole di meteorologia dinamica, si associa a cicloni extratropicali particolarmente esplosivi, che subiscono un rapido approfondimento a causa di forti avvezioni di vorticità nella media troposfera prodotte dall’ingresso del “getto polare”, con “Jet Streaks” (massimi di velocità del “getto”) particolarmente violenti, capaci di superare la soglia dei 260-300 km/h a circa 9000 metri di altezza.
Il ruolo della “corrente a getto polare” è fondamentale per lo sviluppo dello “sting jet”. Le violentissime raffiche di vento discendenti partono proprio da un flusso secondario della “corrente a getto polare” che si dirama molto velocemente verso i bassi strati, fino a raggiungere il suolo nell’area post-frontale.
Quando si origina?
Lo “sting jet” si origina quasi sempre lungo il quadrante sud-occidentale di un profondo ciclone extratropicale, in rapido approfondimento. Nella maggior parte dei casi lo “sting jet”, all’origine delle raffiche di vento più violente se non addirittura distruttive, si localizza appena a sud-ovest del profondissimo minimo barico, subito dietro il passaggio del fronte freddo, in aria fredda post-frontale.
Come accennato il vento nasce in quota, fra l’alta e la media troposfera, in seno al flusso portante di un ramo del “getto polare” particolarmente potente. Ma una volta che questo flusso, legato al ramo del “getto polare”, comincia ad entrare all’interno della spirale depressionaria esso raffreddandosi, divenendo sempre più denso e pesante, tende a discendere verso i bassi strati, accelerando ulteriormente, fino a raggiungere il suolo con raffiche davvero violente, che possono agevolmente toccare valori di ben 150-160 km/h.