Come nascono i cicloni tropicali? Il cambiamento climatico li sta rendendo sempre più violenti?
Uno studio molto recente ha dimostrato come negli ultimi anni i cicloni tropicali siano diventati sempre più potenti, intensificandosi in maniera repentina, nello spazio di pochissime ore.
I cicloni tropicali sono dei profondissimi sistemi di bassa pressione che si originano sui caldi mari tropicali, con temperature superficiali delle acque superiori ai +27,5°C +28°C, tra la fascia sub-equatoriale e l’area del tropico, sul finire della stagione calda.
Nei mari tropicali dell’emisfero boreale si iniziano a formare fra la fine della primavera e l’inizio dell’estate, quando l’ITCZ, il “fronte di convergenza intertropicale” (dove si concentra la linea di convergenza degli Alisei), si sposta verso nord, avvicinandosi al tropico del Cancro e agevolando una intensificazione dell’attività convettiva che come vedremo fungerà da base per la formazione delle perturbazioni tropicali.
Ma come nasce un ciclone tropicale?
La formazione dei cicloni tropicali avviene solo se intervengono una serie di fattori concomitanti che ora andremo ad analizzare. Il primo fattore, indispensabile, è lo sviluppo di una “tropical wave”, ossia un fronte perturbato tropicale privo di rotazione, contraddistinto da una forte attività temporalesca centrale, che si sposta da est verso ovest, sotto la spinta del “getto tropicale” (“easterly jet”) che a quelle latitudini si muove da est a ovest.
Ma per formare una “tropical wave” ben consolidata occorre lo sviluppo di un’ondulazione dentro il flusso degli Alisei, con la formazione di zone di venti convergenti e divergenti che hanno la stessa direzione degli Alisei, ma che si propagano con minore velocità.
Nell’area di convergenza (linea di convergenza venti sul margine est dell‘onda tropicale) si origina una intensa attività convettiva che dà luogo a grossi temporali, mettendo le basi per la creazione della “tropical wave”.
In questa fase, quando l’attività convettiva si intensifica notevolmente, i venti tendono a rinforzarsi, soffiando oltre i 40-50 km/h, creando un accenno di rotazione, con venti da nord-est davanti, da est nella parte centrale e da sud-est dietro l’onda tropicale, nella zona dove si localizza la convezione derivata dalla convergenza venti nei bassi strati.
La teoria di sviluppo dei cicloni tropicali secondo Emanuel
Quella sviluppata da Emanuel è la teoria più accreditata riguardo lo sviluppo dei cicloni tropicali. La forte evaporazione dell'acqua trasferisce un’enorme quantità di calore latente dagli oceani all'aria sovrastante la superficie, dando origine a instabilità atmosferica che genera moti ascensionali e che porta a una convergenza di aria in superficie, la quale è poi messa in rotazione dalla forza di Coriolis.
Il calore accumulato in superficie e trasportato dal vento è ridistribuito verso l'alto dai moti convettivi prodotti dall'instabilità dell'atmosfera. Questo genera un approfondimento del minimo di pressione e quindi una maggiore intensità dei venti, che quindi trasporteranno più calore verso il centro del ciclone.
Tale processo intensifica i moti convettivi, intensificando la circolazione depressionaria, con un ulteriore abbassamento della pressione atmosferica. Il ciclo energetico di un uragano maturo e pienamente sviluppato può essere idealizzato come una macchina di Carnot, in cui il calore fornito dall'oceano si trasforma in energia meccanica, attraverso i moti convettivi che alimentano il ciclone stesso.
L’importanza del trasporto di vorticità dal basso verso l’alto
Nella fase embrionale, in cui attorno la neonata depressione al suolo si sviluppano intensi sistemi temporaleschi a mesoscala, le varie torri convettive di questi temporali sono caratterizzate al proprio interno da violenti moti ascensionali, noti come updraft.
Questi moti ascensionali sono talmente intensi da riuscire a trasportare l'alta vorticità dei bassi strati a livelli più alti e per questo sono chiamate vortical Hot Tower. Questa vorticità trasferita dal basso verso l’alto porta alla formazione di un Mesoscale Convective Vortex (MCV).
Da qui la condensazione aumenta e l’instabilità verticale si approfondisce ulteriormente, determinando il calo di pressione e facendo aumentare l’intensità dei venti che a loro volta favoriscono l’ulteriore evaporazione e la condensazione stessa, con un meccanismo che si autoalimenta fino a quando rimane pressoché invariata la fonte di energia che lo alimenta, cioè l’acqua calda oceanica.
Altre depressioni tropicali si sono innescate da grossi nuclei temporaleschi che si sono staccati dall’ITCZ e sono andati alla deriva verso l’area sub-equatoriale e tropicale, cominciando a roteare su sé stessi per l’effetto di Coriolis coadiuvato da locali linee di convergenza nei bassi strati o campi di vento convergenti fra loro.
Il proseguimento di questo processo, se non intervengono altri fattori esterni, come l’aumento del “wind shear”, formano il ciclone tropicale che nasce solo quando l’energia liberata dalla condensazione del vapore nelle correnti ascendenti causa un ciclo di “autoalimentazione“ continuo che costruisce le enormi bande nuvolose spiraliformi che danno vita alle piogge torrenziali.
L’aria si scalda e sale verso l‘alto, ciò incrementa la condensazione, mentre l’aria che fuoriesce dalla sommità del sistema ridiscende verso la periferia del ciclone per poi riconvergere sotto forma di forti venti che spirano verso l’interno.
Per questo motivo i cicloni tropicali sono caratterizzati nei bassi strati da un furioso flusso convergente, mentre in quota prevale un deflusso che spinge l’aria calda e umida, che salendo verso gli strati superiori si è sensibilmente raffreddata e ha perso tutta la sua umidità, liberando una gran quantità di calore latente, dal centro alla periferia della circolazione ciclonica.
Queste correnti in quota allontanano i cirri, che sembrano uscire dal ciclone, dando all’osservatore una prima indicazione sulla direzione del centro del ciclone.
Il cambiamento climatico sta rendendo gli uragani sempre più potenti?
Uno studio molto recente ha dimostrato come negli ultimi anni i cicloni tropicali siano diventati sempre più potenti, intensificandosi in maniera repentina, nello spazio di pochissime ore. Il tasso medio di intensificazione tra il 1979 e il 2000 è stato di 0,69 km/h nodi ogni 6 ore.
Questo tasso ha subito un’accelerazione nel periodo dal 2000 al 2020, con un tasso medio di 2,13 km/h ogni 6 ore. E nel periodo di 24 ore (1 giorno) tra il 1979 e il 2020, i dati hanno rivelato un aumento medio globale del tasso di circa 5,56 Km/h nelle regioni vicine alla costa.
Inoltre, le proiezioni dei modelli climatici suggeriscono che questa velocità continuerà ad aumentare su quasi tutte le coste del mondo se le attuali tendenze al riscaldamento continueranno.
Secondo gli scienziati l'aumento dell'umidità relativa e l'indebolimento del wind shear verticale sono i fattori responsabili di questa più rapida intensificazione dei cicloni tropicali.
Secondo gli autori, è probabile che il wind shear verticale si indebolisca su gran parte del globo, soprattutto in prossimità delle regioni costiere dell'emisfero settentrionale in un clima più caldo.
Per quanto riguarda l'umidità relativa, con il riscaldamento l'atmosfera è in grado di trattenere più vapore acqueo, motivo per cui alcune zone del mondo diventano più umide. E questo è un ingrediente necessario per la formazione di un ciclone tropicale.