Clima: COP26 è finita, abbiamo salvato la Terra?
Conclusa in ritardo una storica conferenza delle parti. Mai come a Glasgow tante aspettative e tanta partecipazione. Approvato a fatica il Glasgow Climate Pact. Ecco la cronaca finale della COP 26. Successo o fallimento?
Dopo due settimane di serrati negoziati, discorsi di grandi leader della Terra e big delle industrie, manifestazioni e colpi di scena la 26° conferenza delle Parti sui cambiamenti climatici è ufficialmente terminata, nuovamente in notevole ritardo rispetto al programma. E' stata la COP più partecipata di sempre, quasi 40000 delegati contro i 30373 di Parigi 2015, COP 21 e i 27301 di Copenaghen della COP 15 del 2009. Vediamo quali sono i risultati, i limiti e le prospettive future. E' stata anche una delle più lunghe, anche se distante dai record i Durban 2011 e COP 25 di Madrid.
Il Patto di Glasgow per il clima
E questo il documento principale della COP, sviscera i temi di scienza e urgenza, adattamento, mitigazione e i vari temi tecnici ed economici quali il risarcimento della perdita e danni. Rispetto al documento iniziale molte cose sono cambiate. Interessante che alla parola scienza è stato aggiunto urgenza, a riprova che gli Stati concordano sulla grave situazione climatica in atto. La decisione esorta gli Stati a stare entro gli 1.5°C riducendo le emissioni globali del 45% entro il 2030 e rispetto al 2010 ed arrivare a emissioni nette zero attorno a metà secolo. Nel preambolo è citata anche la crisi della biodiversità come strettamente legata a quella climatica.
Sulla mitigazione, sono stati addolciti il riferimento al carbone e ai sussidi ai combustibili fossili. L'India in plenaria ha posto come condizione di approvazione di passare da phase out coal a phase down. Ovvero, uscire dal carbone è stato sostituito con diminuire. Ai sussidi ai combustibili è stata aggiunta la parola “inefficienti”.
Aggiunta poi una frase sul fornire supporto, ovvero finanziamenti e tecnologia, ai paesi più poveri riconoscendo la necessità di supporto verso una giusta transizione.
Alok Sharma piange in sala
Tanti gli interventi a commento degli Stati. Grande disappunto in particolare dalle piccole isole Stato, sono intervenuti rappresentanti di Fiji, Maldive, Barbados e altri paradisi tropicali. A loro dire così rischiano di sparire dalla carte geografiche. L'Unione Europea si è detta delusa, e che il futuro è uscire dai combustibili fossili, nonostante ciò Timmermans, vicepresidente commissione UE, ha esortato i paesi in via di sviluppo ad approvare un accordo storico.
Il presidente di COP 26 Sharma ha detto "Mi scuso per come si è svolto questo processo e sono profondamente dispiaciuto. Comprendo la profonda delusione." e poi si è messo a piangere. Non mancano però accuse anche ai paesi industrializzati, specie sul fronte finanziario. Vanessa Nakate, a tweettato che I paesi ricchi chiaramente non vogliono pagare per i costi che stanno infliggendo alle nazioni più povere. Nelle sue conclusioni, la segretaria UNFCCC Patricia Espinosa è detto che il risultato e il compromesso sono parte del processo di multilateralismo.
I temi tecnici
Aspetti quali mercato del carbonio, il CTCN, organo tecnico per il trasferimento tecnologico, perdita e danni, rafforzamento della capacità di adattamento e mitigazione dei paesi in via di sviluppo sono contenuti in una dozzina di documenti. Tante parole, sembrano i bla bla bla citati spesso da Greta Thunberg, ma sono aspetti importanti per implementare l’accordo di Parigi sul clima. Senza entrarne dei dettagli, l’accordo ha evitato rotture o nuovi rinvii, ma ha portato però testi piuttosti deboli rispetto alle aspettative ed esigenze e soprattutto finanziamenti ai paesi in via di sviluppo insufficienti.
Gli accordi separati
Sono questi la maggior novità di COP 26. Sono usciti vari accordi fuori dal processo ONU, fra alcuni stati su stop alla deforestazione, riduzione emissioni metano, stop ai sussidi ai combustibili fossili all’estero, transizione a mobilità sostenibile e l’ultimo, il BOGA, un accordo sullo stop al finanziamento delle esplorazioni petrolifere. Notevole il ruolo di un paese come la Costa Rica, che con la Danimarca ha promosso quest’ultimo con l’attiva ministra Andrea Meza a tessere spesso le negoziazioni. L’Italia a questo accordo si è accodata come “amica”, ma senza prendere questo importante impegno.
Bilancio finale
La domanda in titolo è volutamente provocatoria. Il pianeta non ha bisogno di essere salvato, è l’uomo e la società globale in pericolo. Il risultato di una COP è sempre molto articolato e complesso da analizzare e va oltre l’affermare successo o fallimento. Di positivo, non c'è stato un fallimento come a Copenaghen o Madrid. Tuttavia molti osservatori e climatologi sono rimasti delusi, Greta Thiunberg ribadisce di fare attenzione al greenwashing, anche di chi parla di passo avanti e la presidentessa del gruppo di consulenza dei giovani all’UNFCCC Nisreen Elsaim ha dichiarato “il testo non è abbastanza buono. Non ci manterrà nemmeno a 2.0°C. Ci porterà a 2,4 °C, il che è peggio dello scenario peggiore". Le promesse sentite in questi giorni però sono tante, ora la sfida è mantenerle e realizzarle. Nei prossimi anni avremo in fretta la risposta, a partire dalla COP 27 che è stata assegnata all’Egitto, mentre il cruciale appuntamento della COP 28 2023 con l’inventario fra impegni ed emissioni reali si terrà negli Emirati Arabi.