6 Maggio 1976: il devastante terremoto del Friuli
Sono passati 44 anni dalla violentissima scossa sismica che devastò il Friuli nel maggio del 1976. Fu il primo atto di un’immensa tragedia, di lutti e distruzione, seguita da una grande rinascita che in questa fase storica è un invito alla speranza.
Io c’ero ed erano gli anni della mia adolescenza. Il tempo scorre, la vita riprende e cresce un’apparente distanza con i fatti sconvolgenti vissuti in prima persona. Ma al primo contatto con qualche frammento delle memorie archiviate, improvvisamente riemergono precise e forti le sensazioni e le emozioni di quel vissuto.
Curiosamente, sono particolarmente vividi i ricordi immediatamente precedenti al dramma, come a voler custodire un senso di normalità bruscamente sbriciolato dalla rovina delle vite, delle case e di un tessuto sociale scaraventato nella storia in un solo, eterno minuto. Questa non è una breve cronaca dei fatti del tempo o una relazione tecnica. Solo qualche impressione personale sull'inizio della storia, su quel momento che si trasformò in un profondo ed improvviso solco tra passato e futuro.
Una giornata calda come d’estate
Di questi tempi non saremmo troppo meravigliati delle condizioni climatiche di quei giorni. Stiamo parlando dei primi di maggio del 1976, un’altra “era” climatica. Quindi, i 30 gradi di quella strana giornata sorpresero tutti e divennero metafora del "clima da terremoto".
Negli anni a seguire, e in qualche caso ancora oggi, molti friulani che hanno sperimentato il terrificante risveglio dell’Orcolat - così è chiamato il terremoto da queste parti - associano il caldo al timore del sisma. Naturalmente le due cose non sono minimamente in relazione ma la connessione tra caldo e sisma si è consolidata comunque nell'immaginario e sopravvive nel tempo.
Friuli terra inquieta
I terremoti sono parte importante della storia del Friuli Venezia Giulia e delle limitrofe Carinzia e Slovenia. Potenzialmente possono raggiungere magnitudo massime comprese tra 6 e 7 gradi identificando la regione come una delle aree più sismiche di tutta l’Italia.
Precedenti terremoti devastanti si sono verificati nel 1348 e nel 1511, hanno causato migliaia di morti e immensa distruzione dei manufatti. Quello del 27 marzo 1511 distrusse anche il castello di Udine, città in gran parte risparmiata dalla furia dei terremoti del 1976. Oltre a questi particolarmente violenti se ne sono verificati molti altri di magnitudine inferiore ma di rilievo.
Incredibile coincidenza!
Stavo per finire la terza media nel maggio 1976 e proprio il 6 andammo in visita con la scuola presso il centro sismologico della Grotta Gigante, vicino Trieste. Gli esperti ci mostrarono gli strumenti e ci spiegarono il perché della sismicità di questa terra. Una frase mi rimase impressa: “In Friuli non si registrano scosse sismiche forti da molti decenni…”. Con questa confortante notizia rientrammo a Udine verso sera con il pensiero del terremoto molto lontano da noi!
Punto di rottura raggiunto
L’Italia è uno dei luoghi più sismici d’Europa, zona di contrasto tra la placca euroasiatica e la micro placca adriatica, un tempo remoto già parte della grande placca africana. Il movimento relativo tra le placche è causa di deformazioni e fratture della crosta terrestre in grado di generare forti terremoti tra la Sicilia, la dorsale appenninica, le Alpi e le Alpi Dinariche.
In Friuli terremoti come quello del 1976 hanno tempi di ritorno di oltre 400 anni. Purtroppo l'enorme energia accumulata nei decenni e nei secoli stava per sorprendere brutalmente gli esperti e i non esperti. Il punto di rottura fu superato nella tarda sera di quel caldissimo 6 maggio.
6 maggio 1976 ore 21
Lasciata la corriera ed i compagni di scuola raggiunsi casa a piedi, avvolto da un’atmosfera più tipica di luglio che di maggio. Notai che la natura era stranamente silenziosa, come in attesa di qualcosa. Gli uccelli non cantavano, alcuni cani, invece, iniziavano a guaire.Finita la cena una prima scossa fece ballare il condominio di sei piani in cui vivevo. Il tintinnio delle bottiglie e dei bicchieri creò un po’ di allarme ma neppure troppo. Ammetto che mi fece venire in mente le parole del sismologo della Grotta Gigante. Giusto un pensiero fugace.
Pochi attimi dopo provai per la prima volta nella mia vita la rabbia cieca dell’Orcolat: un terrificante e potente boato poi tutto prese ad oscillare e a saltare con una violenza inaudita, lampi erano visibili in lontananza per i cavi dell'alta tensione che si toccavano. Urla disperate, rumore di vetri che s’infrangevano e intonaci che si polverizzavano. Un minuto eterno con la magnitudo schizzata a 6.4. In quell'inferno riuscivo a riflettere sulla paura di morire a 14 anni e l’irrazionale ammirazione per un fenomeno naturale così sovrastante. Poi si fermò tutto, silenzio attonito, buio, fuga affannata della gente che ancora non capiva il dramma accaduto.
Finì con quasi 1000 morti e una vasta area di piccoli e medi centri urbani collassata tra le Alpi e la fascia collinare. E quando le genti friulane si rialzarono in piedi l’Orcolat terminò il suo lavoro di demolizione con altre quattro violente scosse tra l’11 ed il 15 settembre, un po’ come accaduto nel 2016 nell'Italia centrale durante gli eventi noti come sequenza sismica Amatrice-Norcia-Visso.
Non si può dimenticare
Qui in dieci anni fu completata la ricostruzione grazie alla volontà e alla forza dei friulani, ad un’incredibile solidarietà nazionale ed internazionale. Quel terremoto che fu anche laboratorio per la nascita della Protezione Civile nazionale.
Ma quanti altri territori colpiti da terremoti più o meno recenti, alcuni addirittura precedenti come il Belice, stanno ancora soffrendo nell’indifferenza generale? Avendolo vissuto non posso accettarlo.