25 aprile 1945: che tempo faceva?
Aprile 1945 fu uno dei più caldi degli ultimi due secoli in Italia. La meteorologia ebbe un ruolo chiave nella II Guerra Mondiale. Anche le emissioni serra ne risentirono. Ecco alcune curiosità. Di meteo storia.
Il 25 aprile è festa nazionale, anniversario della liberazione d’Italia e giorno fondamentale nella storia del paese. Quel giorno le forze armate alleate e i movimenti partigiani della resistenza posero fine all’occupazione nazista e al governo fascista della Repubblica di Salò.
Pochi sanno che le giornate della liberazione furono calde anche dal punto di vista meteorologico, e quello del 1945 fu uno dei mesi di aprile più caldi mai registrati. Più in generale, la meteorologia e le condizioni climatiche hanno giocato ruoli determinanti nella seconda guerra mondiale. Ecco alcune curiosità.
Liberazione con anticiclone africano
Cosa rara in quegli anni, gran parte del mese di aprile 1945 fu mite e i giorni prossimi alla liberazione in particolare furono caratterizzati dalla presenza di un anticiclone in parte a matrice africana.
Abbiamo consultato le reanalisi ERA ECMWF, da cui si nota fra il 19 e 20 aprile 1945 un anticiclone con massimo in superficie fra Francia e Regno Unito, con una vasta cupola di origine subtropicale in quota. A 850 hPa, circa 1500 m, l’isoterma 10°C si trova oltre le Alpi e le temperature massime al nord erano decisamente tiepide, 26-28°C. L’Osservatorio Geofisico di Modena per esempio registrò una temperatura massima di 26.6°C e il mese di aprile 1945 rimase il più caldo in assoluto fino al 2011.
Fra il 21 e 22 aprile 1945 transitò un fronte freddo a nord delle Alpi, il 23 a 850 hPa l’isoterma +5°C si abbassò sul centro Italia, ma dalle reanalisi non si notano precipitazioni di rilievo.
Il 25 aprile era presente un campo di pressione alta pressione suolo, con le corrente in quota che iniziavano a disporsi da SW, ma a curvatura anticiclonica. Condizioni dunque favorevoli al bel tempo, con temperature diurne sui 18-20°C. I filmati storici del resto mostrano l’ingresso dei partigiani e degli alleati nelle città con il sole.
La guerra meteorologica al Polo Nord
Fra il 1940 e il 1945 si svolsero una serie di operazioni aereo navali a fine meteorologico nelle zone artiche, che videro contrapposte la Germania nazista e le forze alleate, principalmente americane e inglesi.
Scopo di queste operazioni era impiantare stazioni meteorologiche in Groenlandia e sui ghiacci artici, per avere più dati per affinare le previsioni meteo militari sull’Europa.
Coinvolte nelle operazioni anche navi meteorologiche, fra queste la nave meteorologica tedesca Lauenburg, che fu individuata e affondata nei pressi dell'isola di Jan Mayen, a nord dell’Islanda. L’attacco fu operato da ben 4 navi della Royal Navy inglese, l'incrociatore Nigeria e i cacciatorpediniere Tartar, Jupiter e Bedouin, che la abbordarono il 7 giugno 1941 e, prima di affondarla definitivamente, salirono a bordo per prendere documentazione strategica.
Il D-Day, la previsione più importante della storia
È noto perfino dai libri di storia quanto fu determinante la previsione meteo per lo sbarco in Normandia, il 6 giugno 1944. Da giorni, in quel periodo, imperversavano burrasche sul Canale della Manica.
Il Capitano James Stagg, capo del servizio meteo alleato, riuscì a convincere il Generale Eisenhower a rimandare lo sbarco al 6 giugno, appunto, perché individuò in quella fascia oraria una tregua nella tempesta e concomitante marea favorevole. I Nazisti furono colti di sorpresa anche perché i loro meteorologi prevedevano il persistere della tempesta.
Le emissioni serra
Infine uno sguardo a quanto il conflitto mondiale influenzò le emissioni serra. Allora erano molto più basse di oggi, ma già nel 1940 le emissioni da combustibili fossili ammontavano a 4.7 GtCO2 e, nonostante il conflitto, salirono fino a 5 GtCO2 nel 1944. Una spiegazione può essere proprio il boom, in quegli anni, dell’industria bellica. Nel 1945 però le emissioni crollarono a 4.2 GtCO2, un calo del 15%. Da allora, sono aumentate rapidamente e solo le crisi energetiche ed economiche causarono temporanee flessioni.
Altrettanto sta avvenendo oggi per il Coronavirus; storia insegna che dopo questi eventi si è avuto un aumento anche più rapido delle emissioni. Sta a noi, ora, indirizzare in modo diverso e sostenibile l’auspicata ripresa economica.