Venere potrebbe essere un gigantesco vulcano: secondo recenti studi il pianeta nasconde un’elevata attività geotermica

Secondo un recente studio Venere potrebbe essere in realtà molto più attiva da un punto di vista vulcanico di quanto pensassimo finora, con un numero di vulcani sulla sua superficie davvero enorme!

Venere
Venere è un pianeta tanto affascinante quanto misterioso e un nuovo studio ha dimostrato un'elevata attività geotermica.

Tante volte nei nostri articoli vi abbiamo parlato di Io, la luna di Giove considerata il corpo celeste vulcanicamente più attivo di tutto il Sistema Solare, ma sicuramente Venere è il pianeta con il maggior numero di vulcani e strutture vulcaniche sulla sua superficie.

Mentre Io infatti ha oltre 400 vulcani attivi, Venere sulla sua superficie ha addirittura 85.000 strutture vulcaniche circa, fino a poco tempo fa ritenute in buona parte antichi resti del passato geologico del pianeta ma che ora sembrerebbero essere ancora vulcanicamente attive.

Il recente studio che ha dimostrato come la crosta di Venere potrebbe essere ancora attivamente convettiva è stato pubblicato sulla rivista Physics of the Earth and Planetary Interiors.

Cosa c'è sotto le fitte nubi di Venere?

Questo lavoro risulta particolarmente interessante in virtù del fatto che Venere sotto alcuni punti di vista è molto simile alla Terra: sono entrambi pianeti rocciosi del Sistema Solare interno e hanno dimensioni simili, tanto che in alcune occasioni vengono chiamati “pianeti gemelli”.

Tuttavia, mentre il nostro pianeta è ricco di vita, Venere è arido, con una temperatura e una pressione elevatissima. Probabilmente in origine i due pianeti avevano più punti in comune poi qualcosa li ha fatti evolvere in maniera così dissimile. È normale quindi chiedersi che cosa ha reso la Terra così accogliente e Venere così inospitale.

Sicuramente una delle differenze principali che hanno portato i due pianeti a differenziarsi così tanto riguarda il diverso meccanismo di dissipare calore.

Quello che sappiamo è che sul nostro pianeta abbiamo la tettonica a placche, un processo guidato dalla convezione nel mantello terrestre che genera le dorsali medio-oceaniche e i vulcani di superficie, che aiuta a disperdere il calore in eccesso prevenendo un eccesivo effetto serra.

Su Venere potremo avere un tipo di convezione diverso, meno profondo, che interessa la crosta del pianeta, più sottile rispetto al mantello.

Sulla Terra questo tipo di convezione non è possibile perché la crosta terrestre ha uno spessore compreso perlopiù tra i circa 40 km delle zone continentali e i 6 km dei bacini oceanici, spessori troppo ridotti per supportare la convezione.

Vulcano Venere
Sulla crosta di Venere potrebbe esserci un'elevata convezione.

Su Venere invece la crosta è probabilmente più spessa e resistente. Il suo spessore dovrebbe essere compreso tra i 30 km e i 90 km, a seconda della zona e del tipo di roccia che la compone. In alcune regioni quindi ci sarebbero spessori tali da consentire la convezione della crosta che però avrebbe una dinamica diversa rispetto a quella del mantello terrestre.

Il team di ricercatori per portare avanti il loro studio si sono affidati alla reologia, la scienza che studia le caratteristiche di deformazione dei corpi solidi sotto l’azione di forze esterne. In particolare questa scienza analizza lo scorrimento di fluidi e semifluidi in riferimento alle loro proprietà e condizioni (come densità, viscosità, temperatura) e i loro rapporti con l’ambiente circostante.


In questo modo hanno scoperto che, entro intervalli plausibili di flusso di calore, spessore della crosta e proprietà reologiche, la convezione della crosta venusiana è possibile.

Ovviamente una volta affinata la teoria i ricercatori hanno dovuto ricercate le prove di questa convezione, ma siccome Venere è avvolta da dense e spesse nubi che ne impediscono l’osservazione diretta si è dovuto utilizzare un radar, per la precisione quello della sonda Magellan della NASA che orbitò attorno a Venere tra il 1990 e il 1994, offrendoci una mappa quasi completa della superficie del pianeta.

La convezione della crosta del pianeta

Grazie a queste immagini è emerso come alcune strutture su Venere sembrano essersi fuse e questo sarebbe un possibile segno della convezione della crosta. Inoltre i flussi di lava provenienti da alcuni vulcani e alcune pianure vulcaniche mostrano i segni di una fusione recente, appaiono quindi geologicamente giovani.

Siccome il mantello del pianeta non sembra essere convettivo la soluzione che vede una crosta convettiva potrebbe spiegare questa attività.

Ovviamente la convezione non è possibile su tutta la crosta venusiana ma solo nei punti in cui è più spessa, come Themis, Bell, Ovda e Phoebe Regios.

I risultati di questo studio sono importantissimi anche per lo studio di altri pianeti e di alcune lune del nostro sistema planetario, oltre a poter essere applicati anche ad alcuni esopianeti con un nucleo caldo e una crosta spessa.

Riferimenti allo studio

Viatcheslav S. Solomatov, Chhavi Jain, On the possibility of convection in the Venusian crust, Physics of the Earth and Planetary Interiors, Volume 361, 2025, 107332, ISSN 0031-9201, https://doi.org/10.1016/j.pepi.2025.107332.