Le nuove osservazioni di Webb mostrano dischi planetari vecchi di 30 milioni di anni, sfidando ciò che già sapevamo

Le stelle molto più piccole del Sole possono formare molti più pianeti. Infatti, i loro dischi protoplanetari in cui avviene la formazione dei pianeti durano più a lungo che nelle stelle simili al Sole, aumentando così la probabilità per i pianeti di formarsi.

disco protoplanetario
Rappresentazione artistica del ricco disco protoplanetario di 30 milioni di anni attorno alla stella WISE J044634.16–262756.1B. Crediti: NASA/CXC/M.Weiss

La formazione dei pianeti è una sorta di corsa contro il tempo. I pianeti extrasolari, sia gassosi sia rocciosi, hanno mediamente 10 milioni di anni di tempo per formarsi a partire dalla nascita della stella che li ospita. Trascorsi questi 10 milioni di anni la loro formazione non è più possibile.

Recenti osservazioni mostrano inaspettatamente che nel caso di stelle di piccola massa, cioè stelle molto più piccole del Sole, ai pianeti è concesso un “bonus”, nel senso che a loro sono concessi fino a 30 milioni di anni per formarsi.

Perché esiste questa particolarità che avvantaggia la formazione di pianeti extrasolari attorno a stelle poco massicce mentre la stessa regola non vale per le stelle più massicce?

Per capirlo iniziamo a vedere dove avviene la formazione dei pianeti.

Dove si formano i pianeti

Le giovanissime stelle sono caratterizzate dalla presenza di un disco (come mostrato nelle figure più sotto), piuttosto appiattito e costituito di polveri e gas. Si tratta del residuo di polveri e gas del frammento di nube molecolare dal quale è nata la stella, a seguito del collasso gravitazionale.

Per un certo periodo di tempo, successivo alla nascita della stella, il gas e le polveri di questo disco continuano a precipitare sulla stella, accrescendone così la massa. Per questo motivo il disco viene chiamato “disco di accrescimento”.

E’ proprio all’interno del disco di accrescimento che dal gas e dalle polveri avviene la formazione dei pianeti. Sotto questo aspetto, il disco viene anche chiamato “disco protoplanetario”.

Tuttavia, la vita del disco, se confrontata ai miliardi di anni della vita di una stella, è brevissima, generalmente non superiore ai 10 milioni di anni. Ma perché i dischi protoplanetari hanno vita così breve?

Una corsa contro il tempo

La radiazione energetica emessa dalla stella, ma anche il vento stellare di particelle elettriche soffiato dalla stessa stella, ha l’effetto di far evaporare il gas presente nel disco e di disperdere via anche le polveri.

Pertanto, con il passare del tempo, a causa di questo irraggiamento da parte della stessa stella, il disco diventa sempre più povero di gas e polveri, cioè sempre più povero degli ingredienti base per la formazione dei pianeti.

PDS 70
Immagine ottenuta dal telescopio ALMA della stella PDS 70 e del residuo del suo disco protoplanetario. Si intravvede tra stella e disco (a sinistra) il pianeta che si è formandosi dai gas e dalle polveri del disco ha prodotto il gap, cioè la zona vuota tra disco e stella. Credit: ALMA (ESO/NAOJ/NRAO)/Benisty et al.

Si osserva che i dischi vengono mediamente dispersi entro 10 milioni di anni dalla nascita della stella.

La novità, che in qualche modo cambia questo scenario, sono le recenti osservazioni che hanno permesso di scoprire una stella di 30 milioni di anni con un disco ancora ricco di gas e polveri disponibili in quantità sufficienti per formare pianeti.

Perché certi dischi protoplanetari vivono più a lungo

La stella in questione si chiama WISE J044634.16–262756.1B osservabile in direzione della costellazione della Colomba. Il ricco disco di questa stella è stato scoperto da un team di astronomi dell’Università dell’Arizona. Questi hanno pubblicato i risultati della loro ricerca sulla rivista Astrophysical Journal Letters a prima firma dell’astronomo Feng Long.

Questo “bonus” di altri 20 milioni di anni, oltre ai 10 come tutte le altre stelle, sembra sia merito della piccola massa della stella.

Si ritiene che l’irraggiamento del disco protostellare da parte di stelle di piccola massa, e quindi di temperatura superficiale molto inferiore a quella del Sole, non riesca efficacemente a far evaporare il gas del disco.

TW Hydrae
Immagine del disco protostellate della stella TW Hydrae con eevidenziata la posizione in cui su sta formando un pianeta. Credit: ALMA

Inoltre, osservazioni fatte con il telescopio spaziale James Webb hanno rivelato che nel corso dei 30 milioni di anni la composizione chimica del disco è rimasta pressoché invariata, garantendo così le stesse buone condizioni per la formazione dei pianeti.

Da questo studio risulta pertanto che le stelle di piccola massa concedono un tempo almeno tre volte maggiore ai propri pianeti di formarsi.

Questa circostanza ha profonde conseguenze anche sull’architettura del sistema planetario, quindi sulla distribuzione delle distanze dei pianeti dalla stella centrale, che per le stelle piccole differiscono da quelle di grande massa. Infatti, è noto il processo della migrazione dei pianeti, che col passare del tempo si vanno spostando dalla posizione in cui si sono formati.

Affinché la migrazione avvenga è necessaria la presenza di gas. Pertanto, i dischi delle stelle di piccola massa garantiscono per un tempo più lungo che questa migrazione possa avvenire e completarsi.