La geoingegneria climatica per rinfrescare la California scatenerà ondate di caldo in Europa? Facciamo chiarezza

Un articolo scientifico pubblicato su Nature Climate change mette in guardia dei rischi della “geoingegneria climatica”. Un effetto paradosso del raffrescamento dell’oceano pacifico potrebbe portare più caldo in Europa. Sono già praticate queste tecniche?

Da non confondere con le teorie del complotto sulle scie chimiche, cosìè la geoingegneria climatica e che rischi comporta?

Secondo un recente articolo scientifico, l’uso, in futuro, di tecniche di “geoingegneria climatica” per attenuare le ondate di calore nell’ovest degli Stati Uniti potrebbe per opposto scatenare caldo estremo in Europa.

La notizia ha un suo fondamento scientifico, ed è basata su un articolo scientifico pubblicato su Nature Climate Change il 21 giugno 2024. L’articolo è opera di un team di scienziati con prima firmataria Jessica S. Wan dello Scripps Institution of Oceanography, University of California San Diego, La Jolla, CA, USA.

La questione è complessa, controversa e da non confondere o prendere come prova di teorie complottistiche su scie chimiche o sulla polvere desertica, ma merita un approfondimento.

Cos’è la geoingegneria climatica

Stanno emergendo sempre più evidenti gli effetti dei cambiamenti climatici. La soglia più prudenziale degli 1.5°C previsti dall’Accordo di Parigi sul Clima è stata infranta per la prima volta nel 2023.

Così, già da diversi anni si parla di tecnologie da affiancare al drastico calo delle emissioni serra. Per esempio si parla di tecniche l’immissione di solfati ad alta quota per riflettere la radiazione solare o come nel caso di questa notizia di “schiarimento” delle nubi.

L’articolo su Nature Climate Change

Il paper scientifico si intitola “Diminuita efficacia dello schiarimento delle nubi marine regionali in un mondo più caldo.”. Il team di ricercatori afferma nel riassunto che il “Marine Cloud Brightening (MCB)”, schiarimento delle nuvole marine, è una tecnica di geoingegneria ipotizzata per raffreddare le temperature e ridurre gli impatti dei cambiamenti climatici.

Secondo gli autori dello studio qui citato, schiarire le nubi porterebbe a un raffreddamento concentrato in aree particolari, che può indurre cambiamenti nella circolazione atmosferica e oceanica su larga scala con conseguenze inaspettate.

I ricercatori hanno analizzato con dei modelli l’efficacia dell’MCB nel Pacifico settentrionale per mitigare il caldo estremo negli Stati Uniti occidentali. Dai loro risultati, con questa tecnica si potrebbe ridurre la pericolosità del caldo estremo fra il 16 e il 55% a breve termine. Tuttavia, a lungo termine, a metà secolo, la riduzione sarebbe limitata o addirittura potrebbe aumentare lo “stressa da caldo” negli USA occidentali e anche a livello globale.

Questo effetto a sorpresa potrebbe dipendere d più fattori: dalla Circolazione Meridionale Atlantica, compresa la AMOC, dall’aumento del riscaldamento antropogenico e anche dalla geoingegneria marina sulle nubi stessa praticata a livello regionale. Il risultato, sostengono gli autori, dimostra il rischio del praticare queste tecniche specie se il clima continua a cambiare.

Le preoccupazioni degli autori: più calore in Europa?

Gli autori dello studio hanno espresso forte preoccupazione sul futuro praticare tecniche geoingegneristiche per mitigare i cambiamenti climatici. Nel comunicato stampa del Scripps Institution of Oceanography dell'Università di San Diego, la coautrice dello studio Kate Ricke ha dichiarato:

“Il nostro studio fornisce la prima prova che gli interventi climatici regionali che oggi sembrano promettenti per la gestione del rischio climatico potrebbero diventare inefficaci man mano che il clima continua a cambiare”, aggiungendo che sorprendentemente potrebbero persino aumentare il rischio.


In particolare lo schiarimento delle nubi sull’oceano Pacifico settentrionale causerebbe un forte raffreddamento locale, accelerando la circolazione oceanica globale. La risposta dell’atmosfera a scala globale potrebbe aumentare i rischi di ondate di calore in diverse zone, in particolare in Europa.

Vengono già praticate queste tecniche?

Nel comunicato si afferma che gli esperimenti praticati sono stati scarsi e senza risultati dimostrati. Nel 2020 l’Australia ha finanziato un esperimento per schiarire le nuvole marine nel tentativo di salvare la Grande Barriera Corallina, poi fermato per i dubbi e problemi sorti.

Recentemente l’Università di Washington ha avviato un esperimento ad Alameda, in California, in cui i ricercatori hanno spruzzato sale marino per schiarire le nuvole. La città ha interrotto il progetto per esaminare i rischi, e il consiglio comunale ha votato all’unanimità di fine del tutto agli esperimenti.

C’entrano scie chimiche e sabbia?

Tagliamo qua drastico il discorso. Questa notizia non ha nulla a che fare con le scie chimiche, che sono pura teoria del complotto. Altrettanto nulla ha a che vedere coi recenti massicci trasporti di polvere desertica, che come evidenziano le immagini da satellite proveniva dal Sahara.

Il tema geoingegneria climatica è finora solo ipotetico, ma comunque molto delicato, perché implica problemi ambientali, etici e filosofici e anche geopolitici. Chi, e come potrà per esempio pratica queste tecniche e con che conseguenze? Come si deciderà dove intervenire? Un articolo come questo su Nature è utile per fare chiarezza scientifica e avviare una profonda riflessione. Potrebbero questi in futuro essere temi di discussione alle COP, i Vertici ONU sul clima.

Riferimento allo studio:

Wan, J.S., Chen, CC.J., Tilmes, S. et al. Diminished efficacy of regional marine cloud brightening in a warmer world. Nat. Clim. Chang. (2024). https://doi.org/10.1038/s41558-024-02046-7